Estero

Il coronavirus era a Milano il 26 gennaio, lo dice uno studio

Stando ai dati della task-force sanitaria della Regione Lombardia, almeno 160 persone avevano già contratto il virus

In Italia la fase 2 scatterà il 4 maggio (Keystone)
29 aprile 2020
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Il Covid-19 circolava a Milano già il 26 gennaio, quasi un mese prima della scoperta del Paziente 1 a Codogno (Lodi), il 21 febbraio.

Secondo il Corriere della Sera il 26 gennaio almeno 160 persone avevano già contratto il virus tra Milano e provincia (su circa 1'200 in tutta la Lombardia).

È un'analisi della task-force sanitaria della Regione Lombardia che dà conto di quello che il quotidiano definisce "mese oscuro": quello in cui la catena di contagio s'era già innescata e in cui all'inizio i suoi sintomi vennero scambiati per la coda dell'influenza e la malattia si diffondeva senza essere intercettata. L'analisi è contenuta in un grafico che analizza la "distribuzione della curva di inizio dei sintomi per i casi positivi". I tamponi per la ricerca del coronavirus iniziano a registrare casi "positivi" dal 21 febbraio, quando in Italia si realizza che l'epidemia è arrivata. Se si guarda dunque al progressivo aumento dei contagiati, la curva comincia a salire appunto dal 21 febbraio e s'impenna fino ai 74'348 infettati in Lombardia al 28 aprile.

Mano a mano che i pazienti "positivi" sono stati scoperti e certificati con i tamponi, è stato chiesto loro quando avessero avuto primi sintomi e il fatto che i tecnici della Regione Lombardia collochino proprio in quel singolo giorno l'inizio dei sintomi per un numero di pazienti molto alto rispetto alle tre settimane successive è probabilmente frutto di un "arrotondamento".

"Per tutti i pazienti certificati Covid-positivi a fine febbraio e che, nella loro memoria, collocavano l'inizio dei sintomi molto indietro nel tempo, sarebbe stata identificata quella data come termine massimo oltre il quale non era possibile retrocedere i primi sintomi", conclude il quotidiano.

Un'apertura a ondate per testare il sistema

Un'apertura a ondate permette di testare il sistema, ma andranno sempre monitorati andamento dell'epidemia, tenuta del sistema ospedaliero, disponibilità dei dispositivi protettivi. Lo sottolinea Vittorio Colao, capo della task force per la Fase 2 in Italia, intervistato dal Corriere in vista dell'appuntamento chiave del 4 maggio.

Quanto all'app di tracciamento, è importante lanciarla entro fine maggio e averla quanti più possibile, altrimenti servirà a poco. La crisi? È l'occasione per rilanciare tutto il sistema Italia. E nessuna intenzione da parte sua di fare politica.

Colao ha aggiunto che l'economia ripartirà, ma bisogna aiutare le imprese sul fronte liquidità, ammodernare le strutture produttive e distributive, e meno gravami amministrativi o complicazioni, e il momento per farlo è adesso. Servirà, spiega il capo della task force per la Fase 2, un intervento dello Stato, la Cassa Depositi e Prestiti può essere lo strumento giusto.

Ma il rischio recessione globale c'è, aggiunge, dipenderà dalla scoperta di una terapia e di un vaccino e dalla governance mondiale: serve un coordinamento internazionale.

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