Italia

Elly Schlein, è ticinese la più votata in Emilia-Romagna

Intervista all'ex eurodeputata Pd, eletta settimana scorsa al Consiglio regionale in una lista a sinistra del Partito Democratico

3 febbraio 2020
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La candidata più votata alle Regionali in Emilia-Romagna è una ticinese, e tanto altro. Si chiama Elena Ethel Schlein – per tutti Elly –, è nata nel 1985 a Lugano ed è cresciuta qui fino al momento di andare all’università (Giurisprudenza a Bologna). Di mamma italiana e papà americano, Schlein ha ottenuto 22’098 preferenze, più di qualunque altro candidato al legislativo regionale dal 1970.
Il tutto senza il ‘traino’ di partiti maggiori come Lega e Partito Democratico, ma con una piccola lista di sinistra: ‘Emilia-Romagna Coraggiosa, ecologista, progressista’, che ha sostenuto la riconferma di Stefano Bonaccini alla presidenza.

Schlein, oggi le campagne elettorali si vincono davvero sui social come si sente sempre ripetere?

In verità, ho girato la regione più di Salvini, ascoltando quello che avevano da dirmi i cittadini invece di fare comizilampo e selfie. È stato quell’impegno sul territorio, il sostegno dei volontari e il passaparola che secondo me hanno fatto la differenza. Poi certo, ho usato anche i social: ha girato molto il video nel quale domandavo a Salvini perché parla sempre di ‘emergenza’ migranti, ma non vuole rinegoziare gli Accordi di Dublino – il regolamento che ha bloccato in Italia migliaia di richiedenti asilo – per non dar fastidio al suo amico Orbán.


Naturalmente Salvini non ha risposto. In compenso, la destra ha già iniziato a prenderla di mira. È dell’altro giorno un articolo del ‘Primato nazionale’, la testata dei neofascisti di CasaPound, nel quale si peritano di sottolineare le origini ebraiche di suo padre e presunti legami col magnate ‘liberal’ George Soros: il consueto bric-à-brac dell’antisemitismo 2.0.

Lo trovo vergognoso, oltre che incostituzionale. Come è vergognoso che non sia anche la destra ad opporsi con la stessa nostra forza a certi episodi. Dovremmo ricordarci tutti che in Italia abbiamo una Costituzione antifascista: quanto ai miei presunti legami con Soros, non lo conosco nemmeno e già in passato mi è capitato di dover sporgere querela per tutelarmi.

Qual è il principale segnale che le è venuto dal territorio in questi mesi di campagna?

Ho visto una grande preoccupazione per il futuro. L’Emilia-Romagna è una regione che funziona, la disoccupazione scende, ma il lavoro diventa più povero e precario, con il proliferare di part-time involontari e altre forme di sfruttamento che colpiscono soprattutto le donne e i giovani.

Che fare?

Abbiamo chiesto di rinnovare il Patto per il lavoro del 2015, che la regione aveva varato in contro tendenza rispetto a quel Jobs Act col quale Matteo Renzi indebolì le tutele e saltò i corpi intermedi. Vogliamo anche superare la logica del massimo ribasso negli appalti pubblici, che poi le aziende ‘scaricano’ sulle condizioni dei lavoratori.


Un giochino che ha visto coinvolte anche molte cooperative, tanto da minare la fiducia dei cittadini in questa forma di organizzazione del lavoro, così eminentemente ‘emiliano-romagnola’ e legata allo sviluppo economico e sociale del territorio.

Infatti, occorre affrontare il problema di quelle cooperative spurie che poi intaccano anche la fiducia in quelle più responsabili. È un tema che richiede leggi a livello nazionale, ma è chiaro che l’Emilia-Romagna deve fare massima pressione per regolarizzare la situazione. Un altro problema grave che investe anche l’Emilia-Romagna è quello del caporalato.

L’altro tema portante della sua campagna è stato l’ecologismo. Cosa si può fare a livello locale?

Ad esempio, adottare un patto per il clima che ci permetta di azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050. Occorre rendere efficienti dal punto di vista energetico tutti gli edifici pubblici, ma anche riforestare piantando 4 milioni e mezzo di alberi e combattere in modo preventivo contro il dissesto idrogeologico. Una proposta che lo stesso Bonaccini ha fatto sua è quella del trasporto pubblico gratuito per i giovani. Quei trasporti andranno molto rafforzati soprattutto nelle zone periferiche.

E i soldi per queste misure dove si trovano?

Fra le altre cose, reinvestendo nei trasporti pubblici parte dei proventi autostradali, riorientando gli investimenti dalla gomma alla rotaia e quei sussidi ambientalmente dannosi che oggi ammontano ancora a 19 miliardi di euro all’anno. È questione di priorità.

Il fatto che a essere la più votata non sia una candidata del Pd ci dice qualcosa sullo stato di salute del centrosinistra più ‘istituzionale’?

Secondo me, sì. È risultata convincente una proposta nuova, che tiene insieme l’impegno ambientale e quello sociale e li comunica con un linguaggio contemporaneo.


Però c’è anche la debolezza di un partito nazionale smarrito, indebolito dalle scissioni e ‘mazziato’ dalla destra. Non vi pentite un po’ di essere stati fra coloro che fecero cadere il governo Renzi?

Assolutamente no, la riforma costituzionale sottoposta a referendum era accentratrice e scritta malissimo. Quanto al resto, se la politica di Renzi su lavoro e scuola fosse proseguita, le fratture sociali si sarebbero fatte ancora più profonde. E sono proprio quelle fratture che hanno indebolito il centrosinistra. Noi in queste elezioni abbiamo avuto il ruolo di recuperare i delusi.

Lei aveva ‘occupato’ il Pd chiedendone la riforma, ne è uscita per confluire in ‘Possibile’ di Pippo Civati, è stata come volontaria alla campagna elettorale di Barack Obama e ha appena concluso un mandato al Parlamento europeo (rifiutando l’offerta di ricandidatura da parte del Pd). Del Ticino si interessa ancora?

I casi della vita mi hanno portato a fare politica altrove, ma in Ticino torno spessissimo, anche perché lì ho la famiglia e molti amici. Ho sostenuto per quanto possibile la scelta di combinare le forze socialiste con quelle ecologiste, che ha portato alla vittoria di personalità forti come Greta Gysin e Marina Carobbio. Si tratta di un contesto molto diverso da quello italiano, ma è chiaro che certe sfide – dall’ambiente ai cambiamenti tecnologici, demografici e del mondo del lavoro – sono da affrontare tutti insieme, in chiave europea e globale. Una cosa che le giovani generazioni sembrano capire, come dimostra il recente successo rossoverde.

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