Estero

Obama guida la riscossa contro Trump

Senza mezzi termini, l'ex presidente statunitense ha definito il suo successore 'una minaccia per la nostra democrazia'

9 settembre 2018
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“Quanto può essere difficile dire che i nazisti sono cattivi?” Non capita spesso che l’ex presidente Usa ponga una domanda del genere a quello in carica (il quale aveva incolpato “tutte le parti” dopo l’attacco neonazista a Charlottesville del 2017). Ed è solo una delle poco lusinghiere osservazioni rivolte a Donald Trump da Barack Obama, durante un discorso agli studenti dell’Università dell’Illinois che lo ha premiato per l’’eticità’ del suo governo. Obama è infatti tornato a fare nome e cognome del presidente definendolo “una minaccia per la nostra democrazia”.

Aveva smesso di nominarlo al momento di lasciare la Casa Bianca, quasi che le chiavi gliele avesse lasciate sotto lo zerbino invece di consegnargliele; anche se in casi clamorosi - come il ritiro dagli accordi sul clima e con l’Iran - aveva fatto sentire la sua voce. Per Obama però Trump “è il sintomo, non la causa” di un risentimento fomentato per anni da quei Repubblicani che “non sono dei conservatori, sono diventati dei radicali”: “La politica della divisione, del risentimento, della paranoia ha sfortunatamente trovato una casa nel Partito repubblicano”.

Avviando un tour elettorale di due mesi per aiutare i Democratici a riconquistare almeno la Camera, Obama ha dunque scelto un discorso di ampio respiro, per attaccare il presidente a grandi pennellate, invece di lasciarsene dettare la consueta playlist di temi del giorno e ‘politica politicante’ (al netto di un paio di stoccate sugli attacchi alla Fbi e al suo procuratore generale). “Fare appello alla tribù, mettere un gruppo contro l’altro, dire alla gente che ordine e sicurezza sarebbero ripristinati se non fosse per quelli che non ci somigliano, o non pregano come noi, è una vecchia strategia”.

L’antidoto, secondo Obama, sta nella partecipazione democratica, che si tratti di votare o di organizzare movimenti e attività dal basso, perché “quando si crea un vuoto nella nostra democrazia, quando non votiamo, quando diamo per scontati i nostri basilari diritti e libertà prende piede la politica della paura, del risentimento e della ritirata” (retrenchment: letteralmente, il tornare in trincea).

Una stoccata Obama l’ha data anche alle teorie del complotto propalate dalla alt-right, la ‘destra alternativa’ – il network politico-mediatico che sostiene Trump con maggior foga, e che ancora mette in dubbio il certificato di nascita del suo predecessore  – e alla pretesa di rubargli il merito per la solida ripresa economica.

Il presidente ha subito fatto sapere: “l’ho guardato, ma mi sono addormentato. L’ho trovato molto bravo, molto bravo per farti addormentare”. Ma la spinta di Obama – leader ancora efficace, anche quando gli tocca fare da ‘surrogato’ in attesa che i Dem ne trovino uno nuovo  – può risultare importante per rafforzare il partito a Washington, rendendo peraltro più palpabile lo spettro di un impeachment. Insomma: fra Obama, le talpe nell’amministrazione e (soprattutto) le indagini sul Russiagate, per Trump ci si può aspettare un autunno parecchio ventoso.

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