Estero

Russiagate, incriminato l'ex capo della campagna elettorale di Trump

30 ottobre 2017
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Avvocato, lobbista per leader stranieri controversi e clienti russi, nonché consulente politico di vari presidenti, da Gerald Ford a Donald Trump: è il background di Paul Manafort, 68 anni, capo della campagna elettorale del tycoon da giugno ad agosto 2016, incriminato oggi insieme al suo fedele ex socio Rick Gates dal procuratore speciale Robert Mueller nel Russiagate con ben 12 capi di accusa, tra cui la cospirazione contro gli Usa.

Nato nel 1949 in Connecticut, nonno di origini italiane, ottimi studi alla Georgetown University, Manafort fondò la sua società di lobbying nel 1980 con alcuni soci, tra cui Roger Stone, per ora solo sfiorato dal Russiagate. Prima di approdare alla corte di Trump, aveva collaborato con Gerard Ford, Ronald Reagan, George H.W. Bush. Fra i suoi clienti anche leader stranieri senza scrupoli, dal dittatore delle Filippine Ferdinand Marcos al dittatore dell’ex repubblica democratica del Congo Mobutu Sese Seko, dal leader della guerriglia angolana Jonas Savimbi a Viktor Ianukovich, il presidente ucraino filorusso deposto dalla rivoluzione del Maidan.

Manafort aveva raggiunto la campagna di Trump nel marzo 2016 per coordinare gli sforzi sui delegati in vista della convention repubblicana. Trump lo aveva già ingaggiato in precedenza per i suoi alberghi, su questioni fiscali e gioco d’azzardo. Dopo il licenziamento nel giugno successivo di Corey Lewandoski, Manafort fu promosso a capo della campagna, con il controllo delle operazioni quotidiane, di un budget da 20 milioni di dollari, delle scelte più importanti, della pubblicità e della strategia mediatica. Insomma, una figura importantissima e potentissima.

In questa veste partecipò nello stesso mese anche al controverso incontro alla Trump Tower tra Donald Trump junior e un’avvocatessa russa legata al governo di Mosca che aveva promesso informazioni compromettenti su Hillary Clinton, rivale del tycoon nella corsa alla Casa Bianca. Ma Manafort fu costretto a dimettersi il 19 agosto, dopo le rivelazioni sulla sua lunga attività di lobbying a favore di Ianukovich e del suo Partito delle Regioni, per la quale avrebbe ricevuto oltre 12 milioni di dollari in nero.

In precedenza aveva lavorato per l’oligarca russo Oleg Deripaska, considerato vicino a Putin, anche per promuovere gli interessi di Mosca nel mondo politico, economico e mediatico in Usa e in Europa. Il tutto senza mai essersi registrato, salvo retroattivamente, come agente straniero, sulla base di quanto prevede la legge americana per chi fa lobbying per Paesi stranieri. Anche Rick Gates, 46 anni, è un lobbista e un consulente politico, diventato socio di Manafort a metà degli anni Duemila e suo vice nella campagna di Trump. Quando Manafort fu costretto a lasciare, Gates continuò ad occuparsi della raccolta dei fondi per Trump.

Rischia 80 anni di carcere

Rischiano decine di anni di galera e multe da milioni di dollari Paul Manafort, l’ex capo della campagna di Trump, e il suo ex socio Rick Gates, se saranno condannati per tutti i capi di imputazione contestati dal procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller. Manafort, secondo i media, rischia fino a 80 anni di prigione, Gates 70.

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