Metalli preziosi

L'oro brilla vicino ai massimi storici

Gli investitori iniziano a mettere in conto l’arrivo della recessione negli Stati Uniti

Gold

L’oro è tornato a brillare, sopra i 2.000 dollari l’oncia. Un livello, vicinissimo ai massimi storici, che il più prezioso dei metalli ha toccato solo tre volte nella sua storia. Ad agosto 2020, in piena pandemia, quando segnò il record di 2.067 dollari. Nel marzo del 2022, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. E ancora, di recente, dopo il fallimento della Silicon Valley Bank, seguito a stretto giro dal caso Credit Suisse, risolto in tutta fretta con l’intervento salvifico di Ubs.

Un doppio focolaio, che ha fatto traballare i mercati sui timori di una vasta crisi del sistema finanziario, poi scongiurata, almeno per adesso. Come spesso accade, il riemergere di potenziali rischi sistemici innesca la fuga verso i tradizionali porti sicuri, come l’oro e i titoli del Tesoro Usa. «Ma attenzione — avverte Carlo Alberto De Casa, analista di Kinesis Money —. La vicenda delle banche da sola non spiega il recente balzo», che ha portato il metallo giallo a guadagnare 12 punti percentuali in poche settimane.

Le chiavi di lettura

Per capire cosa stia accadendo nel mercato dei metalli preziosi occorre guardare, ancora una volta, alla politica monetaria americana. «Fino a inizio marzo, gli operatori si aspettavano un tasso Fed al 5,75% se non al 6%, entro fine anno. Le attese si sono ridimensionate parecchio», dice De Casa. Ora il mercato sconta una probabilità del 60% di un ulteriore aumento dei tassi da 25 punti base, il 3 maggio, nella forbice tra il 5% e il 5,25%. Ma questo eventuale ritocco potrebbe essere il punto di arrivo della vigorosa stretta monetaria avviata un anno fa: già in occasione della riunione di settembre, infatti, gli operatori si attendono un tasso inferiore a quello attuale (60% di probabilità), che sembra destinato a calare, poi, ulteriormente. Cosa significano questi numeri e che c’entrano con l’oro? Gli investitori iniziano a mettere in conto l’arrivo della recessione negli Stati Uniti, ipotesi emersa chiaramente anche dai verbali dell’ultimo meeting della Federal Reserve. Se questo fosse vero, costringerebbe la banca centrale americana ad anticipare l’inversione di marcia della politica monetaria.

Una buona notizia per l’oro, che non stacca né cedole né dividendi: un taglio dei tassi ridurrebbe il costo opportunità di detenere la materia prima, rendendo le alternative disponibili un po’ meno attraenti. Intanto a sostenere l’oro ci sono i maxi acquisti delle banche centrali, in cerca di un’alternativa al biglietto verde per diversificare le proprie riserve valutarie. Nel 2022, le autorità monetarie – che valgono un quarto della domanda di oro – ne hanno acquistato 1.136 tonnellate a livello aggregato: secondo il World Gold Council è il 13esimo anno consecutivo di acquisti netti e il livello più alto dal 1950. Il trend è proseguito nei primi due mesi del 2023, con altre 126 tonnellate. Lo scorso anno, anche la domanda di oro da investimento — che pesa un altro 25% — è cresciuta, di circa il 10%, trascinata da monete e lingotti.

A marzo, pure i prodotti finanziari che replicano l’andamento della materia prima, come etf ed etc, sono tornati a dare un contributo positivo, per la prima volta da 10 mesi a questa parte. La domanda industriale, invece, vale molto meno, circa il 10%: l’impatto di un’economia in rallentamento sarebbe tutto sommato contenuto, a differenza dell’argento.

Il traguardo

Dove potrebbe arrivare il prezzo dell’oro nelle prossime settimane? Un aiuto può venire dall’analisi tecnica, che cerca di prevedere l’andamento futuro delle quotazioni attraverso lo studio dei grafici. «Sopra i 2.000 dollari, il prezzo tende a essere più volatile, perché su quel livello sono posizionati molti sistemi di trading automatico, in acquisto e in vendita — premette De Casa —. Il livello chiave da monitorare sono i 2.070 dollari, record storico. Se dovesse oltrepassare quella soglia in modo convinto, si aprirebbe la strada per un rialzo a 2.150/2.200 dollari. Qui ci muoveremmo, però, in un territorio inesplorato», dice l’analista.

D’altra parte, se la traiettoria dei tassi dovesse mutare di nuovo, all’improvviso, la fase rialzista potrebbe spegnersi repentinamente. E in questo caso, una volta sceso sotto i 2.000 dollari, il movimento potrebbe proseguire fino a 1.920 dollari, il precedente massimo del 2011 e poi, eventualmente, ancora giù, verso i 1.800 dollari. «Io comunque mi aspetto che l’oro possa salire ancora, in modo ordinato», dice De Casa. Quali sono gli strumenti più efficaci per prendere posizione sulla materia prima? «Gli Etf a replica fisica sull’oro riescono in media a riflettere in modo efficiente l’investimento diretto nel metallo prezioso, senza erosione dovuta ai costi correnti — dice Monica Zerbinati, analista dell’ufficio studi Fida —. L’investimento azionario nel capitale delle società attive a vario titolo nella filiera genera invece oscillazioni più ampie. Ma anche ritorni nettamente superiori, che su orizzonti di lungo termine sembrerebbero giustificare il maggior rischio sopportato».

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