Il festival del film di Berlino si è aperto con il “soprannaturale” film di Tom Tykwer, un film ambizioso ma non del tutto riuscito
L’aspettavano tutti al varco, la nuova direttrice del 75° Internationale Filmfestspiele Berlin e lei, la signora Tricia Tuttle, non ha esitato a dirsi più che convinta di ‘Das Licht’ (The Light) di Tom Tykwer, 162 minuti per un film che lo stesso catalogo del festival definisce “übersinnliches”, soprannaturale. Lo ha scelto come film di apertura e fuori concorso e proprio il fatto del fuori concorso ci aveva lasciato perplessi. A ragione.
A fronte dei temi importanti che il film presenta, c’è una discontinuità di regia e, soprattutto, c’è una povertà attoriale che lo rende indigesto. È ugualmente un film importante, anche per quei momenti di felice regia che valgono lo spettacolo. Tom Tykwer aveva dichiarato sul suo film: “Dopo un lungo periodo, trascorso con il serial ‘Babylon Berlin’ ambientato nei ruggenti anni Venti, posso finalmente tornare a concentrarmi sul nostro presente”. Eccoci allora nella sua Berlino di oggi, un oggi non ancora invaso dalle polemiche politiche esplose in vista delle elezioni tedesche di domenica 23 febbraio ma che riflette i temi cari a molti politici. Iniziando da quello dei rifugiati siriani cavalcato da Alice Weidel, la leader di Alternative für Deutschland (AfD). E non sembra un caso che il film nel finale porti il problema dei siriani in primo piano.
Tykwer ci porta a conoscere una tipica famiglia tedesca in un mondo che, come loro, ha iniziato a vacillare. Il capofamiglia Tim (Lars Eidinger) si occupa di un grosso studio pubblicitario, Milena (Nicolette Krebitz) è sua moglie e da molto non condividono sentimenti: del resto lei non si preoccupa del resto della famiglia, impegnata com’è con progetti di sviluppo in Kenya, che l’ha portata a crescere la famiglia con un bambino, Dio (Elyas Eldridge), avuto da una relazione in quel paese. Un bambino innamorato dei Queen, che ha un ruolo principale nel film anche per l’intelligente costruzione del personaggio. La famiglia è poi composta dai gemelli diciassettenni della coppia, la fragile Frieda (Elke Biesendorfer) e il solitario Jon (Julius Gause) campione di realtà virtuale. Vivono in un grande appartamento di un vecchio palazzo borghese, tra i più belli restati a Berlino dopo la distruzione della Seconda guerra mondiale, nel quale riescono a tenere separate le loro vite anche quando si muovono negli spazi comuni della loro grande casa. Dopo la morte improvvisa della donna delle pulizie, una siriana, la sostituiscono con l’enigmatica governante Farrah (Tala Al-Deen), anche lei proveniente dalla Siria, e il loro mondo viene finalmente messo alla prova. I sentimenti, a lungo nascosti da un falso e borghese senso di indipendenza, rispetto e falsa libertà, vengono drammaticamente alla luce. Il tema è pesante e trascina il film in un abisso politico da cui non riesce a risollevarsi. Dando fiato a chi i siriani vuole cacciare. Non importa il forzato e miracoloso salvataggio della famiglia da parte di Dio, la facile ironia non diverte, e il film lascia l’amaro nel cuore. E fuori nevica.
Fuori Concorso, al Forum , abbiamo visto l’interessante ‘Sirens Call’ lungometraggio d'esordio di Miri Ian Gossing e Lina Sieckmann patrocinato da Wim Wenders. Il film tra fiction e documentario ci porta a compiere un'immersione profonda nella sottocultura merfolk, dedicata alle mitologiche sirene e dei tritoni, una cultura celebrata particolarmente a Portland, Oregon, dove anche il prossimo giugno si terrà una loro festa. Il film si pone sulle tracce della sirena Una (Gina Rønning), facendosi scoprire, insieme alla follia economica e civile degli Stati Uniti trumpiani, anche l’ultima frontiera di un mondo incapace di farsi colonizzare dal veleno consumista, per ricercare quella che resta la poesia dell’essere non standardizzato. Non è un cammino facile quello che compie la protagonista è una sfida a se stessa, prima di quella che la vede impegnata con il mondo che la circonda e che siamo noi, fieri della nostra normalità. “Sono in parte umana, lo riconosco, ma non sono completa” dice di lei e noi impallidiamo, chi è completamente umano?
A Berlino il festival è cominciato.