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‘Invelle’, un film d'animazione originale e militante

Il primo lungometraggio di Simone Massi colpisce per la tecnica e il forte messaggio politico

15 febbraio 2025
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‘Invelle’, primo lungometraggio d’animazione di Simone Massi, è un film particolare. Dopo una carriera nel formato breve con importanti riconoscimenti – e qui citiamo due Nastri d’Argento e un Premio Flaiano – Massi ha deciso di affrontare il formato lungo mantenendo intatta la sua cifra stilistica più riconoscibile, mettendola al servizio di un racconto di ampio respiro che abbraccia, senza facili rassicurazioni, sessant’anni di storia italiana.

Iniziamo dalla tecnica di animazione, indubbiamente la prima cosa che si nota potendone vedere le tracce già nel ‘vanity plate’ con i loghi dei produttori. Massi ha realizzato ogni fotogramma attraverso un processo di incisione su pastelli a olio, creando un’estetica fortemente caratterizzata dal bianco e nero, con rare e non casuali incursioni del colore (principalmente il rosso, ed è difficile non pensare al cappotto rosso di ‘Schindler’s List’). Altra caratteristica del suo stile, la fluidità con cui le scene si trasformano l’una nell’altra, senza soluzione di continuità, generando un effetto ipnotico che va al di là del semplice virtuosismo tecnico. Dal punto di vista produttivo, parliamo di un lavoro artigianale notevole, testimoniato dai 40’000 fotogrammi realizzati interamente a mano.

Questa tecnica, con il suo tratto nervoso e l’instabilità dell’immagine, è ottima in un cortometraggio, dove la tensione visiva non è un problema perché tanto “dura poco”. In un lungometraggio, invece, il rischio di affaticare il pubblico c’è, soprattutto se aggiungiamo una narrazione non lineare come è appunto il caso di ‘Invelle’, ma una volta superato il disorientamento dei primi minuti il film cessa di essere sopportabile per diventare appassionante. Sì, l’immagine vibra, il punto di vista di muove in continuazione, può essere fastidioso ma se si inizia a vibrare all’unisono con quelle immagini si entra in una narrazione dalla grande forza espressiva.

Si è accennato alla narrazione non lineare. ‘Invelle’ si articola attraverso tre momenti della storia italiana – il 1918, il 1943 e il 1978 – seguendo le vicende di tre generazioni incarnate da Zelinda, Assunta e Icaro. Attraverso questi personaggi, Massi ricostruisce la storia d’Italia partendo dal punto di vista della civiltà contadina marchigiana, non esattamente al centro dei grandi eventi della storia. Non è certo il primo lavoro che mette in dialogo, o in contrapposizione, la Storia con la maiuscola con le storie, in minuscolo, di persone ai margini. Possiamo anzi considerarlo un vero e proprio genere.

Per restare al cinema d’animazione, possiamo citare il recente ‘Manodopera - Interdit Aux Chiens et Aux Italiens’ di Alain Ughetto. ‘Invelle’ se ne distanzia, tuttavia, per una maggiore radicalità formale e per una più marcata dimensione politica. Il film di Massi ha un punto di vista decisamente “di parte”, che vede nella civiltà contadina non solo un soggetto oppresso dalla storia “ufficiale”, ma anche un potenziale rivoluzionario inespresso. Gli episodi storici scelti – la fine della Grande Guerra, l’Armistizio con la fuga del re e il rapimento Moro – portano a tracciare un parallelismo tra la progressiva disgregazione del mondo contadino e mancato rinnovamento sociale e politico del paese. È un film militante, come purtroppo se ne vedono pochi, ultimamente.

Una ultima annotazione sul sonoro che ha un ruolo centrale nella costruzione del film. Innanzitutto le voci: a ‘Invelle’ hanno lavorato interpreti quali Toni Servillo, Luigi Lo Cascio e Ascanio Celestini che hanno contribuito a dare forza e complessità ai personaggi. E poi il sound design di Stefano Sasso che ha amplificato la dimensione evocativa delle immagini.

Perché vederlo: per vedere un film originale, ben costruito e con un messaggio forte.

Perché non vederlo: perché le immagini devono stare ferme, e così le nostre idee sulla società.