L'intervista

Nell'universo di Häkan Hardenberger

Il New York Times lo ha definito ‘il miglior suonatore di tromba della galassia’. Lunedì 18 settembre a Locarno per le ‘Settimane Musicali’

‘Avevo otto anni quando ho imbracciato la tromba e da allora non ho mai smesso’
(Marco Borggreve)
17 settembre 2023
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Fiato alle trombe (una in realtà, ma d’eccellenza) alle ‘Settimane’ di Ascona. Dopo anni di assenza, lunedì 18 settembre torna alla Chiesa di San Francesco quello che il New York Times ha definito “il miglior suonatore di tromba della galassia”: Häkan Hardenberger, musicista poliforme a suo agio tanto sul versante classico quanto moderno e al confine con il jazz, promotore di nuove partiture scritte da autori come Birtwistle, Gruber, Henze e Ligeti. E se stavolta gli toccano tre brani di riferimento per un trombettista (la Suite di Florent Schmitt, il Concertino di Jolivet e il primo Concerto di Šostakóvič con l’Orchestra della Svizzera Italiana diretta da Fabien Gabel), quest’estate ha tenuto a battesimo, al Festival di Verbier, il nuovo Trumpet Concerto di Wynton Marsalis, in una brillante lettura di cui il jazzista americano si è dichiarato semplicemente entusiasta.

Hardenberger, la sua carriera è straripante di impegni. Suona, dirige, insegna al Conservatorio di Malmö, pubblica decine di registrazioni, si fa dedicare brani per il suo strumento. Eppure se si guarda indietro, cosa ricorda?

Avevo otto anni quando ho imbracciato la tromba e da allora non ho mai smesso. In famiglia non c’era nessun musicista e tutto è nato un po’ per caso. Sotto Natale, dovendo pensare a un regalo, papà mi portò davanti a un negozio di musica, dove in vetrina campeggiava una magnifica tromba. Fu amore a prima vista, forse anche perché lui si ricordava di essere andato a un concerto di Louis Armstrong. Insomma, è nato tutto così.

Quando ha pensato che questa sarebbe diventata una professione?

Quasi subito. Dopo qualche mese mi sono detto, oh Dio, è proprio quello che voglio fare nella vita!

Una delle sue particolarità è l’essere flessibile, passando da uno stile all’altro senza alcuna percepibile difficoltà…

Beh, non è proprio così. Il barocco lo suono, mi piace molto ma lo faccio raramente perché la tromba naturale (senza pistoni) è diversa e ormai non la prendo quasi mai in mano. Del periodo classico il repertorio ha per lo più un solo capolavoro, il Concerto di Haydn e la cosa finisce lì. Diciamo che il mio punto forte è sempre stato il Novecento e la musica d’oggi. Ho sempre incoraggiato i compositori a scrivere del nuovo e sono riuscito a raggranellare oltre quaranta brani. Un lavoro affascinante, oltretutto, perché si tratta di autori viventi. Seguire passo dopo passo il loro lavoro e percepire il modo in cui riversano le emozioni in partitura è stimolante. Di questo posso essere fiero.

Tre quarti del programma di Ascona è occupato dalla sua tromba…

Sì, una volta tanto lo spazio non teme il confronto con il pianoforte o il violino: Schmitt e Jolivet sono due magnifici esempi che appartengono entrambi alla sfera francese. Quanto a Šostakóvič, il suo è un perfetto bilanciamento fra tromba concertante e solistica. Nel complesso la scrittura è ben equilibrata, il pezzo funziona bene.

E il jazz quanto spazio occupa nella sua attività?

Sul piano professionale quasi nessuno. Non mi sento un jazzista vero, perché nel filone afroamericano ci sono cose diverse, in primo luogo l’improvvisazione. Semmai utilizzo i colori della tromba jazz, questo sì. E poi mi lascio ispirare dai grandi jazzisti che ho sempre adorato, come Clifford Brown e Miles Davis, ma in genere cerco soprattutto di essere me stesso.

A Verbier però, la soddisfazione di Marsalis era tangibile. Cosa vi siete detti?

Nulla di speciale, lui era stato molto contento. Il suo è un pezzo-dizionario orecchiabile e divertente, che prende in esame svariate scritture jazzistiche. Al di là di tutto è stato bello passare del tempo con lui, anche perché ci sono cose che ci accomunano: siamo nati nello stesso anno, il 1961, e persino il nostro primo disco di debutto è uscito negli stessi mesi.

Al di fuori della tromba, c’è qualcosa che la attrae?

Cerco disperatamente di fare anche una vita normale, ma non sempre ci riesco. Studio cinque o sei ore al giorno (due se ne vanno per la preparazione del fiato) e poi faccio sport, cammino, nuoto. L’unica vera passione extra è stare in famiglia e cucinare piatti prelibati, cosa che mi diverte tantissimo.

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