musica

È morto il compositore giapponese Ryuichi Sakamoto

Considerato uno dei primi sperimentatori fra note orientali e occidentali e premio Oscar nel 1987, è deceduto a 71 anni a causa di un cancro

Ryuichi Sakamoto
(Keystone)

“Sono una persona timida, non esibizionista e non sono abituato, né amo, mostrare la mia vita quotidiana”: diceva di sé il grande compositore giapponese Ryuichi Sakamoto, scomparso martedì scorso, a 71 anni. Una vita passata a sperimentare con la musica mescolando suggestioni etniche e suoni elettronici dell’Occidente in un sound eclettico unico e particolarissimo che è stato tante volte il sigillo di film, capace di evocarne le atmosfere a distanza di anni solo accennando poche note.

La centralità del cinema

Il musicista, nato a Nakano nel 1952, era stato un componente degli Yellow Magic Orchestra, gruppo che mescolava la musica elettronica giapponese e il j-pop, ma da solista ha legato al cinema molta parte della sua carriera e proprio il cinema nel 2017 lo aveva ricambiato con un documentario su di lui, oltre a invitarlo in tanti festival come a Locarno nel 2020 o a Venezia dove era stato giurato nel 2013.

I film sono stati una parte fondamentale della sua energia creativa: dalle colonne sonore come ‘L’ultimo imperatore’ (scritta con David Byrne e Cong Su, premiata con un Oscar e un Grammy), ‘Il tè nel deserto’, due grandi lavori di Bernardo Bertolucci, e poi ‘Furyo’ (Merry Christmas, Mr.Lawrence), diretto dal giapponese Nagisa Oshima, ‘Revenant - Redivivo’ di Alejandro González Iñárritu nel 2015.

“Il cinema è da sempre una grande fonte di ispirazione per me. Tutta la mia musica la concepisco come fosse una colonna sonora senza film” aveva detto. Recitare, invece, “è una cosa che non ho cercato. Ho accettato di farlo solo perché me l’hanno chiesto registi che ammiro moltissimo, come Nagisa Oshima o Bernardo Bertolucci, in ‘L’ultimo imperatore’. Ecco, se me lo chiedesse un altro cineasta che amo molto potrei accettare un altro ruolo”.

Attivista antinucleare

Figlio di Kazuki Sakamoto, editore della Kawade Shobo Shinsha, Sakamoto aveva studiato scrittura musicale all’età di 10 anni rimanendo affascinato dai Beatles e da Debussy. Nel 1978, Sakamoto formò gli Ymo con Haruomi Hosono e Yukihiro Takahashi che con la loro musica techno-pop, che faceva pieno uso di sintetizzatori, era in sintonia con i tempi della fine degli anni 70. Ha lavorato con molti artisti, specie con Alva Noto con cui ha stretto un sodalizio longevo e ricco di cinque album. Nel 2017 aveva pubblicato il suo album solista intitolato ‘Async’, mentre a gennaio di quest’anno è uscito il suo ultimo lavoro 12. Fortissimo il suo legame con la Natura e così lo tsunami e i disastri a catena di Fukushima lo segnarono profondamente, diventando un punto di svolta nella sua vita e nell’arte facendolo diventare un attivista. Nel 2011 è stato tra i firmatari di un appello di oltre 300 personalità contro l’atomo a uso civile, poco prima del minuto di silenzio in memoria delle vittime e della triplice catastrofe dell’11 marzo 2011.

Negli ultimi anni, i suoi sforzi si erano concentrati su quella campagna anti-atomo a uso civile, diventando tra i principali testimonial del movimento “Sayonara Genpatsu” (addio alle centrali nucleari), col Nobel per la Letteratura Kenzaburo Oe (scomparso lo scorso marzo). Nel 2014 per il terzo anniversario della catastrofe di Fukushima, Sakamoto partecipò alla grande manifestazione di protesta di Tokyo, all’Hibiya Park. Con un tablet in mano incantò tutti lanciando le note di un brano “emotivo” composto, sulla scia alle disastrose immagini trasmesse dai media, circa un mese dopo il sisma/tsunami di magnitudo 9 sulla scala Richter del 2011, in omaggio alle persone colpite da una “autentica catastrofe”.

“Fukushima ha avuto un grande impatto su di me. Ero già consapevole dei problemi ambientali e per questo da anni cercavo di ridurre il più possibile le mie emissioni di CO2 – aveva spiegato –, ma quel disastro mi ha fatto capire che non avevo ascoltato abbastanza la voce della natura. Una consapevolezza che è molto presente nel mio album ‘Async’”. E fu proprio durante le riprese del documentario sulla sua vita (mostrato fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia nel 2017), che il grande musicista scoprì di avere un cancro alla gola, l’inizio di una lotta contro la malattia che nel gennaio 2021 aveva colpito il colon nonostante anni di trattamenti. “Avere un tumore – aveva confessato – mi ha fatto confrontare più direttamente con la morte”.

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