Cinema

‘Guerra, guerrae, guerrarum’

Il fil-rouge della nona edizione del Film Festival Diritti Umani Lugano: i conflitti quali contesti di annullamento dell’umanità. Dal 19 al 23 ottobre

Da ‘Eskape’ di Adeline Neary Hay, regista franco-cambogiana
29 settembre 2022
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Il vento cambia direzione in fretta e altrettanto rapidamente può farsi violento e teso, spazzando tutto ciò che trova sulla sua strada. E quello che spira di questi tempi non è di quelli leggeri, anzi, a ben sentire (e vedere) è sferzante e mefitico. In un clima metaforico di tal sorta, niente si può dare per scontato e acquisito perpetuamente: lo sa bene chi giorno dopo giorno prova sulla sua pelle discriminazioni, violenze, soprusi; lo sa bene chi difende e lotta quotidianamente per i diritti umani. Tornando al metro di paragone, se per influire sul fenomeno meteorologico ci sia ben poco da fare, per ciò che concerne quello politico e sociale, oltre a chi dei diritti umani ha fatto il proprio mestiere e la propria missione, indispensabili sono alcuni baluardi, in particolare culturali, che con il loro lavoro mantengono la questione all’ordine del giorno, proponendo narrazioni che mostrano realtà drammatiche, e dando spunti riflessivi su cui confrontarsi e dibattere. Quand’anche essere scintille di resistenza.

Il lungo preambolo ci è utile per introdurre la presentazione alla stampa della nona edizione del Film Festival Diritti Umani Lugano (Ffdul) che si è tenuta questa mattina a Lugano, con Roberto Pomari (presidente), Antonio Prata (direttore) e Morena Ferrari Gamba (delegata Fondazione Diritti Umani Lugano). Prima di entrare nel vivo dell’edizione dando alcune segnalazioni, spicciamo subito le informazioni di servizio: la manifestazione si svolgerà dal 19 al 23 ottobre prossimi al Cinema Corso e al Cinema Iride, storiche sedi.

Questa edizione conta 26 proiezioni di film da diverse parti del mondo in cinque giorni, di cui sei cortometraggi; nove sono le prime svizzere e quindici quelle nella Svizzera italiana; film che saranno accompagnati da occasioni di approfondimento con i forum cui saranno presenti ospiti di qui e altrove, fra i quali le registe Neary Adeline Hay e Rachel M’Bon, il rapper Inoki, lo storico Marcello Flores, il ricercatore Matteo De Bellis, Mariano Lugli di Medici senza frontiere, l’attivista climatica Marie-Claire Graf.

Fra le abituali proposte anche la programmazione (aperta al pubblico) dedicata alle scuole, che vede sei proiezioni rivolte ai ragazzi con relativi approfondimenti. Fra le novità il progetto che lega studenti del Cisa di Locarno a quelli della Escuela de Formación Audiovisual Abidin Kaid Saleh situata nei campi rifugiati saharawi in Algeria.

Il programma è nutrito e le sue intenzioni, come sempre, sono quelle di farci aprire gli occhi per essere consapevoli di ciò che ci succede attorno, che è la grande potenza del cinema. "Attraverso i film selezionati proponiamo un cinema d’impegno che attraverso le sue peculiarità e i diversi approcci narrativi, presenta un impressionante catalogo di prevaricazioni e di discriminazioni che suona come un sinistro promemoria sull’incapacità di Stati, istituzioni e innumerevoli altre entità – inclusi noi stessi, come individui – di tutelare il rispetto di quei diritti che le Nazioni Unite sancirono nel 1948, all’indomani della Seconda guerra mondiale. Oggi, sembra che si stia ritornando alla casella di partenza di un gioco diabolico, con l’umanità ritornata ostaggio di minacce che si credevano affidate alla storia, come guerre, invasioni, totalitarismi e olocausti nucleari", ha scritto Roberto Pomari.

Tante sfaccettature

Il filo rosso, se si vuole, di questa edizione è la guerra: il conflitto in Ucraina non poteva non condizionare la programmazione, come ha spiegato il direttore Prata. "I titoli della selezione che raccontano il conflitto, vanno oltre i confini dell’Ucraina e raccontano anche i Paesi vicini, ciò che accade nei Paesi di influenza del governo russo ci aiuta forse a comprendere meglio le cause e la realtà di questa guerra", illustra Prata nel comunicato stampa. In questo contesto, due proiezioni renderanno omaggio al giovane regista e antropologo ucraino Mantas Kvedaravičius, vittima del conflitto la scorsa primavera: verranno infatti proposti i suoi ‘Mariupolis’ del 2016 (21 ottobre, alle 17.30, Corso) e ‘Mariupol 2’ del 2022, terminato grazie ai suoi collaboratori (proiezione giovedì 20, alle 20.30, al Corso).


Mantas Kvedaravičius, regista e antropologo ucraino deceduto in guerra. Verrà omaggiato con due proiezioni

I film in cartellone cercano "di andare a fondo e di avvicinare il più possibile la quotidianità delle vittime di guerre e di violazioni di diritti umani, in un mondo in cui disuguaglianze e violenze sono sempre più diffuse e spesso dimenticate. Vittime dei cambiamenti climatici, di discriminazioni di genere o razziali, di regimi religiosi e militari, di conflitti aperti". Il Festival dà quindi spazio a diverse dimensioni impegnandosi così a mettere sotto la lente realtà poco note: come la deriva autoritaria di alcuni Stati dell’ex Unione Sovietica che porta, ad esempio, alle violenze e ai soprusi della polizia bielorussa e della Riot Unit nei confronti dei manifestanti civili (in ‘Minsk’ di Boris Guts, mercoledì 19 ottobre, alle 17.30, al Cinema Corso). Di stretta attualità anche il dilemma di chi abita sul confine tra Ucraina e Russia, durante l’inizio della guerra del Donbass nel luglio del 2014, se rimanere nella propria terra o andarsene (in ‘Klondike’ di Maryna Er Gorbach, domenica 23, alle 17.30 al Corso). Di là della guerra, l’edizione 2022 non dimentica temi urgenti come il problema dei cambiamenti climatici e della siccità (in ‘Utama’ di Alejandro Loayza Grisi, 23 ottobre, alle 11, sempre al Corso) o come la questione dei rifugiati (in ‘Europa’ di Haider Rashid, giovedì 20, alle 17.30, Corso). Infine, torniamo all’inizio: aprirà questa edizione il nuovo film ‘Khers Nist’ (mercoledì 19, alle 20.30, Cinema Corso) del regista iraniano Jafar Panahi, Premio speciale della giuria all’ultima Mostra internazionale di Cinema di Venezia.


‘Utama’ pellicola ambientata in Bolivia del regista Alejandro Loayza Grisi

L’Autore 2022

Il premio Diritti Umani per l’Autore 2022 verrà consegnato alla regista franco-cambogiana Neary Adeline Hay, di cui verranno proiettati i suoi due ultimi film ‘Angkar’ (2018) ed ‘Eskape’ (2021) che raccontano il genocidio in Cambogia attraverso la memoria delle esperienze dei suoi genitori e la relazione della regista con loro (rispettivamente: 22 ottobre, alle 15.30, all’Iride e 21 ottobre, alle 20.30 al Corso). "L’opera di questa autrice si dimostra un coraggioso e intenso atto di trasmissione, in particolare nel rapporto tra lei e i suoi genitori fino a sviscerare una storia ben più grande. Attraverso i suoi film emerge tutta l’importanza che il nostro festival riconosce al cinema. In particolare, con i suoi film ‘Angkar’ ed ‘Eskape’, esprime la fragilità di una vicenda familiare intima, affidandoci, con estrema delicatezza, il doveroso testimone di una memoria storica da tenere in vita e a cui non possiamo sottrarci", ha motivato il direttore.

Da domani, venerdì 30 settembre, i biglietti saranno disponibili in prevendita su www.biglietteria.ch; mentre gli abbonamenti per l’intera edizione sono già in vendita, per questa e ulteriori informazioni, nonché per il programma completo consultare www.festivaldirittiumani.ch.

La mostra

Finestre sull’altrove

Fuori dalle sale cinema, entrando a Villa Ciani, i partecipanti al festival avranno quale ulteriore spunto riflessivo su diritti e disuguaglianze la mostra dell’architetto e disegnatore Matteo Pericoli ‘Finestre sull’altrove. 60 vedute per 60 rifugiati’, che sarà visitabile dal 18 al 23 ottobre, dalle 11 alle 18. L’allestimento è organizzato dal Film Festival Diritti Umani Lugano con Amnesty International Svizzera e con la Facoltà di comunicazione, cultura e società dell’Università della Svizzera italiana.

L’autore, che sarà presente a Lugano fra il 17 e il 18 ottobre, parte dalle fotografie delle finestre delle abitazioni dei protagonisti: ogni veduta è accompagnata da un testo che riporta le parole e quindi il racconto dei rifugiati. Lo stesso Pericoli definisce: "Il viaggio interiore di un rifugiato probabilmente non ha mai fine. I segni lasciati dall’impulso iniziale a fuggire non svaniscono mai completamente".

(Avvertenza: la declinazione del titolo è maldestra e sbagliatissima. Chiediamo scusa ai latinisti).

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