Spettacoli

Il Cabaret della Svizzera italiana, erano i giorni della satira

Stasera su La1 alle 21.25, grazie a Victor J. Tognola, l’epopea del Cabaret della Svizzera italiana

Da sinistra: Lazzarotto, Lenzi, Piccolo e Zanetti ai tempi di ’Insubriacati’, 2004
(Ti-Press)
3 giugno 2022
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"La cosa era nell’aria, ma nessuno credeva che si sarebbe messa la parola fine. E invece Renato Agostinetti ha detto basta e, dopo 30 anni di grandi successi, ha deposto la penna: non scriverà più i testi del Cabaret della Svizzera italiana". Così nel 2006 ‘laRegione’, quella della formica (che un tempo finiva con ‘Ticino’) annunciava la fine di un momento tutto svizzero-italiano di comicità e satira, anche politica, anche di nomi e di cognomi. "Non siamo professionisti, ognuno di noi ha un lavoro primario cui deve dedicarsi", diceva Agostinetti. "Non siamo più nemmeno tanto giovani e quindi un giorno o l’altro dovevamo dare l’addio alle scene. Abbiamo preferito farlo adesso sull’onda del grande successo di ‘Konfederatti’". Felice, al tempo, che "finire in bellezza" li avrebbe gratificati, lasciando un bel ricordo di loro, nel 2018, in occasione dei suoi ottant’anni, a ‘laRegione’ senza più il ‘Ticino’ Agostinetti tornava su quell’esperienza di dopolavorista travolto da una cosa più grande di lui, di loro, nata nel 1976, cresciuta anche grazie al grigionese Guglielmo Riva e chiusa trent’anni dopo a colpi di uno spettacolo ogni due anni, frammenti dei quali sono oggi sul Tubo, liberi, divertenti e irrispettosi come un tempo.

Sedici anni dopo l’addio, a ricomporre – ma non tutti nella stessa stanza – quella compagnia dall’impronosticabile successo popolare ci ha pensato un altro pezzo di storia, Victor J. Tognola, che nel suo documentario ‘Il Cabaret della Svizzera italiana 1977-2006’ ne narra le vicende con i diretti interessati e, soprattutto, con ampio uso di quello che in America si chiama ‘footage’, ma va bene anche ‘materiale d’archivio’, Rsi e non.


I Pipistrelli

Altri tempi

«Oggi una satira del genere non sarebbe più possibile, perché nemmeno i giornali la pubblicherebbero», ci dice Tognola appoggiandola piano, alla vigilia della messa in onda del suo documentario, "in rampa di lancio – recita il comunicato ufficiale – non da Cape Canaveral né da Bajkonur (cosmodromo russo, ndr) bensì da La 1 alle 21.25", questa sera. «Capisco Renato, che a un certo punto ha deciso di smettere. Gli si dava della ‘penna leggera’, e invece quando si trattava di dire certe cose, le diceva eccome». Altri tempi, per il Cabaret della Svizzera italiana e anche per Tognola: «Mi vanto dell’aver lavorato alla gloriosa Radio Monte Ceneri, dove anche il più str**** dei capi era un fuoriclasse. Non solo era bravo nel suo mestiere, ma ci lasciava la libertà. Io non ho diretto l’orchestra solo perché non l’ho chiesto». Tanto per capirci.

«L’archivio è immenso», ci dice il regista. «Del Cabaret ci sono ben sedici spettacoli, che sono molti per dei dilettanti che la mattina dopo si alzavano per andare a fare un altro lavoro». Quella in onda questa sera è la versione da 52 minuti, la più breve, ma ce n’è una più lunga che si vedrà più in là nel tempo ma che darà una risposta alla leggenda metropolitana secondo la quale "girava una cassetta" dove i ‘Pipistrelli’ (il nucleo ‘cantante’ del Cabaret, ndr) "erano tutti biott". Ma che leggenda non è: «Esiste, è una vecchia Vhs di una prova a Cevio, registrata in una piscina. L’ho inclusa nella versione più lunga, perché si capisse lo spirito che si respirava in quei giorni». I 52 minuti di questa sera, condotti da Tognola ‘alla maniera del Cabaret’, sono comunque un gratificante dietro le quinte che ha la sua forza evocativa in una sorta di calcistica ‘moviola’, con i protagonisti faccia a faccia con i se stessi di un tempo che fu a produrre, oltre che l’effetto-nostalgia, anche un terzo spettacolo, risultante da tale confronto. È "un terzo nuovo sketch, un non ti scordar di me".


Non ti scordar di me

‘Sono mancati i continuatori’

Nei 52 minuti de ‘Il Cabaret della Svizzera italiana 1977-2006’ sfilano, tra gli altri, Chico Gregori, Ezio Piccolo, Stefan Ograbek, Angelo Zanetti, Franco Lazzarotto, Stefano de Fanti, Roberto Lenzi; le attrici Franca Canevascini e Giovanna Pellandini, gli attori Paolo Ferrazzini, Gilberto Fusi, Candido del Don, i musicisti Giotto Piemontesi e Zeno Gianola. E il deus ex machina Agostinetti, non di meno: «Il suo grande merito – chiude Tognola – era la facilità di scrivere in rima. Era insegnante, figlio di un consigliere nazionale, aveva vissuto molto al di là del Gottardo. Aveva visto il cabaret a Berna, quello di Milano, dove rimase folgorato dai Gufi, naturalmente. E poi aveva grandi doti diplomatiche, ha saputo tenere insieme le individualità, cosa non facile. Nemmeno per me è stato facile riunirli tutti». Un ultimo pensiero: «È un peccato che la cosa si sia fermata. So che fanno ancora qualcosa in giro ad Arbedo, la potenzialità ci sarebbe. Ma Agostinetti dice bene, sono mancati i continuatori, e il collante era lui».

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