Spettacoli

Un gioco al massacro diventato cult

Martedì 29 e mercoledì 30 marzo al Lac, diretti da Antonio Latella, Sonia Bergamasco e Vinicio Marchioni in ‘Chi ha paura di Virginia Woolf?’

Dal genio di Edward Albee
(Brunella Giolivo)

"Chi ha paura di Virginia Woolf?". Questa frase scritta con il sapone su uno specchio venne notata, e da qualche parte sicuramente annotata, una sera da un giovane drammaturgo in un caffè nel seminterrato che dava sulla Decima Strada, a New York. Unendo il motivetto infantile ‘chi ha paura del lupo cattivo’ con la combattente e visionaria figura della poetessa Virginia Woolf, testimoniava simbolicamente, in un’America anni’50, l’avvento del femminismo e dell’emancipazione delle donne. Dieci anni dopo, nel 1962, quel genio di Edward Albee, ora divenuto drammaturgo di discreto successo, farà debuttare a Broadway uno spettacolo che porterà proprio questo titolo, e che rimane a oggi un cult mondiale. La vicenda del dramma è presto detta: una coppia di mezza età – George, professore di storia, e Martha, figlia del preside dell’Università – riceve dopo un party a casa propria un’altra coppia, più giovane: Nick, professore di biologia, e Honey. Il salotto dei padroni di casa (non a caso i Washington) sarà il ring di un gioco al massacro a suon di drink che durerà tutta la notte e che metterà in risalto il marcio che sta dietro al perbenismo dei normali rapporti di coppia (e ribalterà quell’american dream svelandone solitudine, angoscia e violenza).

Anche Antonio Latella, regista fresco di Ubu con il suo ‘Hamlet’ del 2021, destrutturato e liberato dal gender, si è cimentato in questo grande classico dell’off Broadway, tornando all’amore per la drammaturgia americana dopo ‘La Valle dell’Eden’ di Steinbeck nel 2019. A termine della tournée italiana iniziata a Torino, dopo più di 50 repliche, sarà in scena al Lac di Lugano martedì e mercoledì prossimi con Sonia Bergamasco nel ruolo di Martha e Vinicio Marchioni in quello di George. Li abbiamo raggiunti per farci raccontare da loro l’incredibile esperienza di questa messa in scena, del lavoro con Latella, e della restituzione sul palco ogni sera di quella violenza in potenza racchiusa in mondi apparentemente normali.

L’universo di Edward Albee

"È stato così bello fare questo spettacolo, una scarica di energia e creatività così forte che raramente ho provato". Racconta entusiasta la Bergamasco, che sin dalla proposta di Latella ha sentito "di poter fare un lavoro nuovo. Anche perché questa Martha apparentemente è distante dalla mia fisicità, dal mio mondo". Un’occasione quindi "unica per sperimentare un territorio nuovo e finalmente lavorare con Antonio, con il quale ci conosciamo da sempre ma lavoriamo insieme per la prima volta. Ho incontrato un grande artista, un uomo nel pieno della sua maturità espressiva. In una regia così forte, lui mi ha lasciato uno spazio enorme di movimento e creazione. E questo è una misura della forza di un artista". Un artista che, sempre secondo l’attrice, ha affrontato l’universo di Edward Albee "con il linguaggio. Abbiamo scavato nella sua vita e nelle sue opere, ci siamo immersi nel suo linguaggio anche attraverso il grande lavoro di ricerca fatto da Linda Dalisi, la drammaturga di Antonio che ci ha seguiti per tutte le prove. Abbiamo anche estratto dall’opera di Virginia Woolf il nutrimento per il mondo che stavamo creando attraverso la pièce. È stato un periodo di una bellezza rara, in una dimensione tutta particolare, a Spoleto". Dalle prove al debutto, c’è stata di mezzo la pausa forzata dell’emergenza sanitaria. "Un tempo utilissimo – racconta Sonia – nel quale si sono sedimentati e cristallizzati quegli elementi di troppo, quell’elettricità che non era utile. Ci siamo ritrovati con la storia dentro di noi".

Ma cosa significa portare in scena un personaggio come Martha? "Martha è tante donne. Una femminilità scatenata, estrema, dolorosa, sofferta, ma anche piena d’infanzia. È irrisolta, ma testarda e orgogliosa. Ha tantissime frecce nel suo arco. Io le do spazio, mi sono avvicinata a lei e le voglio bene anche nel suo mondo doloroso. Per un’attrice poi, è la possibilità di uno scatenamento di energie e creatività totale, un’occasione unica. Martha in questa versione suona il pianoforte e canta, che è letteralmente conficcato al centro della scena. La posizione non è casuale, Albee era amante della musica, e io sono una pianista".

Anche per l’attore che interpreta George, Vinicio Marchione (‘Romanzo Criminale’, ‘20 Sigarette’, ‘Governance’ tra gli altri), mettere in scena il testo di Albee è stata un’esperienza particolarmente forte. "Io son rimasto sconvolto dal testo. Ti scuote, è un ingranaggio meraviglioso. E il pubblico lo sente, non solo grazie alla regia di Latella o al nostro lavoro, ma grazie al testo. I dialoghi, le battute fulminanti, la mole di parole! E poi c’è una violenza sotterranea: è incredibile quante se ne dicono questi due. In gioco c’è la coppia, l’universo maschile e quello femminile, la sfera sessuale, l’essere genitori, l’età, le ambizioni, i sogni, i fallimenti: c’è tutto". L’entusiasmo per il lavoro è per Vinicio lo stesso della Bergamasco: "In questo gioco al massacro, noi ci siamo concentrati sul gioco. Che poi è quello che fa George durante tutto lo spettacolo, proporre giochi nella nottata. È lui che detta i tempi, prende tutto quello che Martha mette in campo. Tutto quello che emerge nella coppia lui lo trasforma per ribaltare i piani continuamente. Insomma, lo dice pure in una delle battute finali: ‘Sono io a condurre lo spettacolo’. Un ruolo così non capita tutti i giorni, e io spero di averlo approcciato nei migliore dei modi".

‘Chi ha paura di Virginia Woolf?’ è stato scritto negli anni Sessanta, e se è un cult ancora oggi è perché non smette mai di parlarci. Come sottolinea anche Vinicio Marchione: "L’ipocrisia messa in scena da Albee per raccontare un mondo benpensante, una morale cattolica, è valida ancora oggi, nei Paesi occidentali. Dopo sessanta anni siamo diventati tutti una colonia americana, più o meno. Con usi, costumi e mode. E poi diciamocelo, sentir parlare una donna alcolizzata e ninfomane scuote ancora oggi. Albee è stato straordinario, ha scritto di ognuno di noi".

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