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Tutti in fila al corteo dei no-Måneskin

Dopo l’apertura per i Rolling Stones, vincono pure gli MTV European Awards. È un duro colpo per i negazionisti della band italiana

Budapest, 14 novembre 2021, in reggicalze e lingerie nera sul palco degli MTV European Music Awards (EMAs) - foto: Keystone
16 novembre 2021
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“Clamorosi sviluppi nella vicenda che vede coinvolti da una parte il rock and roll e dall’altra le forze anti rock and roll, i cosiddetti matusa; dopo i recenti attacchi di questi ultimi, il rock ha risposto con un indecoroso rumore molesto”. È la voce di Enrico Mentana che apre ‘Il rock and roll’, composizione degli Elio e le Storie Tese pubblicata quando Damiano David, nato a Roma l’8 gennaio del 1999, aveva zero anni. È quel rock and roll “facile da suonare” che “non ha mai scontentato nessuno” e che ha appena ricollocato i quattro Måneskin sul tetto d’Europa. Nella tarda serata di domenica scorsa, i già vincitori di Sanremo ed Eurovision Song Contest hanno vinto pure gli MTV Europe Music Awards (più stringatamente detti EMAs), ogni anno dal 1994 in una diversa città europea a premiare cantant* (e canzon*) più popolari d’Europa. I Måneskin sono ora nell’albo d’oro delle rock band insieme ad Aerosmith, U2, Oasis, Red Hot Chili Peppers, Limp Bizkit, Coldplay, Linkin Park, Green Day e altri ex giovani rockettari che ancora godono del rispetto di tutti.


Stacco di coscia (Budapest, 14 novembre 2021) - foto: Keystone

La vittoria agli EMAs è l’ennesimo duro colpo ai negazionisti dei Måneskin e a chi nel 2018 li battezzò “Tutto ’sto macello per qualche cover e uno in tacchi a spillo che balla attaccato a un palo”, slogan da no-Måneskin in piazza con la t-shirt dei Nirvana e a casa, nascosto nell’armadio, il vinile di ‘Let’s Talk About Love’ di Céline Dion. Il dottor Covidelli direbbe che è un complotto di Big Pharma, altri si chiedono “Chissà quanto avranno pagato”, slogan dei negazionisti nato dall’avere i Måneskin aperto il concerto dei Rolling Stones lo scorso 6 novembre a Las Vegas. La cosa non è importante, perché in America ti chiamano solo se sei capace di andare a tempo e i Rolling Stones di certo non ci hanno rimesso la faccia ospitando gli italiani sul palco più di quanto la faccia sia loro già caduta per i troppi acidi, semmai il contrario. E saranno pure, gli Stones, “una mediocre band da pub”, come li ha definiti Roger Daltrey degli Who la scorsa settimana (idea non solo di Roger Daltrey), ma avere i complimenti da Mick Jagger non è la stessa cosa che averli da – citiamo a caso – Pippo Franco, per quanto il comico dal grosso naso ci abbia allietato onestamente l’infanzia col suo divertente motivetto sull’urgenza della minzione* negli anni della pubertà.

“Cosa ne penso del mio didietro? Non saprei, non è che lo vedo spesso”

La storia dei Måneskin ha una certa affinità con quella degli ABBA, e non solo per la vittoria del 1974 all’Eurovision Song Contest e per il singolo ‘Mamma Mia’, ma anche perché contrariamente ai Måneskin, il successo per gli svedesi, fino al loro sbarco in Australia nel 1977, non arrivò con la stessa rapidità degli omologhi italiani. “Non ce ne fregava un canguro secco di loro, eppure ci siamo ritrovati a scriverne, perché la gente era impazzita. Come ai tempi dei Beatles”. Qui non è Mentana che parla ma un guru della critica musicale australiana (che non ha mai pronunciato la parola ‘canguro’, era solo per regionalizzare, ndr) in un vecchio documentario. Nel 1977, Agnetha, Benny, Björn e Anni-Frid (detta Frida) bloccarono il traffico a Melbourne senza nemmeno cantare, e al concerto di Sydney li accolse un pubblico di età compresa tra i neonati e i bisnonni sotto una pioggia torrenziale.

Ciò che più accomuna i due quartetti, quello italiano e quello svedese, è invece che per decenni, per molta critica musicale, gli ABBA sono stati solo lo stacco di coscia di Frida e il sedere di Agnetha (“Cosa ne penso del mio didietro? Non saprei, non è che lo vedo spesso”, replica la cantante all’infelice domanda durante la conferenza stampa di Sydney) e i caschetti biondi dei due ometti, fior di compositori dei quali l’ascolto ‘traccia per traccia’ ne mostra oggi l’assoluto valore. D’altra parte, quello di sminuire tutto ciò che ha grande successo popolare è attitudine che accomuna i popoli. A Gianni Morandi venne addossata la colpa degli scontri nel 1971 al Vigorelli perché stava sullo stesso palco dei Led Zeppelin. In una bella intervista a Walter Veltroni su Repubblica, il cantante di Monghidoro ricorda di quando se ne doveva scappare dai tetti dei teatri da chi accusava lui, uomo di sinistra con padre ancor più di sinistra, di cantare per i borghesi (“Tu sei un compagno, ma canti per i ricchi”). Stessa sorte è toccata a Laura Pausini, che ha la colpa di avere vinto un Grammy e un mezzo Oscar che nemmeno Bocelli. E a Claudio Baglioni, cui fu dato del fascista per aver cantato troppo amore (detto dal creatore delle veline e di una trasmissione con gli applausi a comando, ‘fascista’ è, alla fine, un complimento).

“Maledetto rock and roll, tu spacchi gli alberghi e orini sul mondo”

I Sex Pistols appena atterrati in aereo con addosso ogni tipo di sballo e la polizia impossibilitata a perquisirli in quanto “non ci lavavamo da mesi” (Johnny Rotten in ‘The Filth and the Fury’, imperdibile documentario sull’igiene intima del punk); Rod Stewart e l’idiosincrasia con le camere d’albergo, devastate negli anni 70, e le relative guardie di sicurezza, una delle quali presa a pugni nel 2020 per non averlo fatto entrare a un evento di beneficenza, in una casistica di pugni in faccia che vanta anche episodi capovolti (Jackson Browne che a Los Angeles vuole entrare a una festa e tenta di convincere il buttafuori di essere davvero Jackson Browne, e il buttafuori lo stende con un diretto alla mascella). Ci sono, ahinoi, i morti per overdose, i soffocati dall’alcol, gli annegati in piscina, i salvati per i capelli e i vivi per puro caso, come Keith Richards (ipse dixit).

In ambito di eccessi del rock, gli scandalizzati dalla linguetta di Victoria dei Måneskin e dagli ultimi reggicalze di Damiano in Ungheria, schiaffo agli omofobi locali, forse non sanno che il prossimo 20 gennaio Ozzy Osbourne festeggerà i quarant’anni dalla decapitazione del pipistrello sul palco del concerto di Des Moines nell’Iowa. “Ho capito subito che c’era qualcosa di strano”, dichiara il frontman dei Black Sabbath, poi solista, nella sua autobiografia. Quella notte del 1982, scambiato per un peluche il volatile ancora vivo lanciatogli sul palco da un fan, il Padrino dell’heavy metal gli staccò la testa coi denti. Più tardi, nel 2019, il sogno americano avrebbe prodotto il simpatico ‘Plush Beat’, un pipistrello finto con la testolina asportabile fissata al corpo col velcro, in vendita su store.ozzy.com a 40 dollari, in modo che tutti possano provare l’ebbrezza decisamente rock di mangiare un pipistrello senza rischi d’infezione. Viene da chiedersi che direbbero gli animalisti se oggi Povia staccasse la testa di un piccione a morsi. E se Cristina D’Avena decapitasse Puffetta durante l’esecuzione di ‘Noi puffi siam così’?

‘L’eterna lotta tra il bene e il male’

Le vicende italiane più vicine agli EMAs – serata in cui Ed Sheeran si è preso i premi più importanti (‘Best Artist’ e ‘Best Song’ per ‘Bad Habits’) e la band sudcoreana BTS il maggior numero di riconoscimenti – ci raccontano dei Cugini di Campagna che tra il serio e il faceto (il faceto, i Cugini di Campagna ci fanno, sempre) accusano i Måneskin di plagio per avere indossato a Las Vegas la maglia a stelle e i pantaloni a strisce. Così, i fan di Elton John pubblicano foto del pianista col costume di scena del 1976 e altrettanto fanno i fan di tutti quelli che dalla Dichiarazione d’indipendenza in avanti hanno pensato bene di vestirsi come lo Zio Tom.


Elton John

Chiudiamo come abbiamo aperto, con gli Elio e le Storie Tese, perché se nel campo della canzone d’autore tutte le strade portano a Fabrizio De André, quelle della dissacrazione portano a Belisari e compagni. Gli odiatori dei cantanti hanno un antesignano nella voce di donna estratta dalla segreteria telefonica analogica del Rocco Tanica dei primi Novanta, poi divenuta voce solista di ‘L’eterna lotta tra il bene e il male’ (1998), stella minore della produzione degli Elii, piccola celebrazione dell’odio viscerale verso gli artisti: “M’hai rovinato un figlio con le tue sporche e luride canzoni”, ma soprattutto “Vi sto perseguitando tramite una fattucchiera”, tuona con l’accento del sud Italia tipico del trapiantato al nord la madre di famiglia e hater ante litteram forse preoccupata dalle parolacce di ‘Abitudinario’ o dai “trenta centimetri di dimensione artistica” di ‘John Holmes’. Questo per dire che oggi, l’unica minaccia reale dei Måneskin è digitare la å danese, che sulla tastiera è sempre una gran perdita di tempo.

*Dicesi minzione l’insieme degli atti fisiologici, volontari e involontari, che determinano l’espulsione dell’urina contenuta nella vescica (fonte: l’Enciclopedia digitale). Il tema è trattato dall’artista romano Pippo Franco, candidato a sindaco di Roma nel centrodestra senza successo, in ‘Mi scappa la pipì papà’ (1979) di Franco-Tibaldi, arrangiamento di Gianni Mazza (45 giri che comunque, pur nella stessa denigrazione di ‘Fuori di testa’, vendette un botto di copie).

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