Spettacoli

Al Lac un ‘Sogno’ di bambino

Con un curioso epilogo e i meritati applausi, si è chiusa ieri la prima della commedia di Shakespeare allestita al Lac per la regia di Andrea Chiodi

10 settembre 2021
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Andata in scena nel 1599, “Sogno d’una notte di mezza estate” è tra le più amate e rappresentate commedie di William Shakespeare, il quale la riprese immediatamente dopo i quattro anni di chiusura di tutti i teatri inglesi a causa della peste che decimò la popolazione britannica. Impossibile evitare l’accostamento: anche il Lac ha riaperto il suo teatro proprio con quest’opera, dopo i guai che ancora ci portiamo appresso a causa del Covid. Vanno qui subito notate la compostezza e la correttezza del pubblico luganese, accorso munito di mascherina nella misura del 90%!

Gli storici dicono che due furono le fonti principali su cui si calamitò l’attenzione del Bardo: le Metamorfosi del suo prediletto Ovidio e L’Asino d’Oro di Apuleio. Nonostante la complessità della trama (tre storie d’amore che si intrecciano tra realtà, magia e dimensione onirica), da secoli il pubblico riconosce la grandezza del drammaturgo inglese, che in tempi recenti ha ispirato anche i cineasti: ricordiamo ‘A Midsummer Night’s Sex Comedy’ di Woody Allen (1982) e il più recente adattamento di Michael Hoffman, che schierava un tris d’assi: Rupert Everett, Michelle Pfeiffer e Kevin Kline (ma c’era pure Heather Parisi!).

Nel loro adattamento visto al Lac, il regista Andrea Chiodi e la drammaturga Angela Dematté scelgono di leggere la pièce attraverso il gioco, la fantasia e la capacità di trasfigurarsi (“Facciamo che io ero…”) di un bambino. Sarà infatti una bambina/fata a introdurre parecchie scene con canzoncine infantili che tutti ricordiamo: “Giro girotondo casca il mondo; Stella stellina la notte si avvicina”. Potendo contare sulla fantasia dei bimbi, regista e dramaturg “snobbano” un po’ quel succo magico/elisir d’amore capace di far innamorare due potenziali spasimanti, che nel testo originale ricopre altresì una certa importanza, dando il la a una serie di equivoci. Nella sua nuova traduzione, inoltre, la Dematté non rinuncia alle rime – baciate o meno – che sempre affascinano i più piccoli. Quasi una sfida, se pensiamo che la pièce originale presenta tre linguaggi diversi per caratterizzare altrettanti universi distinti: il mondo delle fate con le sue formule magiche e le filastrocche; quello degli amanti con versi d’amore e liriche talvolta imbarazzanti (“Ci sono – pur sempre, ndr – ragioni che la ragione non conosce”!) e quello degli “artigiani” che si improvvisano attori tentando di mettere in piedi un improbabile spettacolo, declinato piuttosto sulla parodia d’una lingua aurea.

Il palco è dominato dalle tinte nere: dal tendaggio costituito da centinaia di fili (“pareti leggerissime, trasparenti e solide al contempo”, spiega lo scenografo Guido Buganza), alla piccola giostra e allo scivolo, unici elementi concreti per funzionalmente riassumere la città di Atene, le sue agorà e il bosco incantato/fatato. È lì che il folto gruppo d’attori – addirittura 14! – letteralmente si scatena per oltre due ore e mezza, ballando, correndo, facendo a botte e portandosi pure uno sulle spalle dell’altro. Un grande impegno anche fisico, svolto con disinvoltura e offrendo, già in questa première, un invidiabile affiatamento. Bravo e forse facilitato dal fatto che ricopre il ruolo di Nicola Bottom (il regista della ciurma di artigiani di cui sopra, uno dei personaggi comici più azzeccati da Shakespeare), Alfonso De Vreese è stato l’attore più apprezzato dal pubblico, guadagnandosi un paio d’applausi a scena aperta. Va tuttavia elogiata la prova di tutti gli interpreti, chiamati pure in gran parte a sostenere un doppio ruolo.

Curioso l’epilogo: al classico “Se vana e sciocca sembrò la storia, ne andrà dissolta ogni memoria. Se ci accordate vostra clemenza, gentile pubblico, faremo ammenda” (preceduto da “Ho fatto un sogno…”), si accompagna il canto della fata/bambina che intona – ma siamo lì… – “I believe in Angels” degli Abba: ho un sogno, una canzone da cantare; per aiutarmi a far fronte a qualsiasi cosa, se vedi la meraviglia di una fiaba puoi prendere il futuro anche se fallisci!

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