Spettacoli

'Blinded by the light', la luce in fondo al Boss

Rispettosa della musica di Springsteen, bella commedia per famiglie quella di Gurinder Chada, che è la regista di 'Sognando Beckham' (e si vede)

Javed, 'Born in the U.K.' (Warner Bros. Ent. All Rights Reserved)
30 agosto 2019
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Scrive il Boss nella sua autobiografia che nella casa di Randolph Street a Frehold, nel New Jersey dei primi anni 60, Douglas Frederick Springsteen diceva al figlioletto che le canzoni d’amore alla radio erano un complotto governativo per convincere la gente a sposarsi e pagare le tasse. Nel 1987, dall’altra parte del globo, per Javed Kahn, teenager inglese figlio di immigrati pachistani in piena era Thatcher, il primo bacio ha le parole di ‘Prove it all night’, e la sua prima volta quelle di ‘Hungry Hearts’, scritte dal piccolo Bruce quando sarà grandicello.

Nella Luton dell’87, un posto poco fuori Londra che non è una città, ma “una parolaccia”, Javed scrive racconti e poesie; il padre operaio lo vuole innanzitutto pachistano (“Credevo di essere un inglese”, gli risponde il figlio), non lo vuole tassista, ma nemmeno scrittore; un po’ nerd, un po’ vessato dalle rigidità familiari e dai razzisti locali, in una notte di pieno sconforto adolescenziale, Javed tira fuori due cassette “da difendere a costo della vita” dategli dal compagno di scuola: partendo da ‘Born in the U.S.A.’ e ‘Darkness on the Edge of Town”, l’aspirante scrittore dà una svolta alla sua vita (come direbbe Walter White in ‘Breaking Bad’, “Mi sono svegliato”); più tardi, spronato dai sogni di ‘Promised land’, dal primo amore Eliza e da Miss Clay, professoressa di inglese, troverà la sua strada nella scrittura.

Blinded by the light’ – traccia uno dal primo album di Springsteen ‘Greetings from Asbury Park’ – è una gradevole commedia per famiglie diretta da Gurinder Chada (‘Sognando Beckham’), basata sulle memorie di Sarfraz Manzoor, uno che di Springsteen si è visto 150 concerti e ha raccolto la sua bossdipendenza (parafrasando Asbury) nel libro ‘Greetings from Bury Park: race, religion and rock and roll’. A parità di regista, fatta eccezione per le condizioni economiche dei protagonisti – in ‘Sognando Beckham’, la indo-britannica Jess (Keira Knightley) non se la passava male, e invece Javed (Viveik Kaira) sta in fondo alla scala sociale –, ‘Blinded by the light’ ricalca il film precedente, colpo di scena incluso (un matrimonio, in entrambi i casi).

Boss Actually

Non un musical in senso stretto, più un ‘Love Actually’ rock-pacifista e antirazziale, gli ingredienti del successo ci sono tutti: la colonna sonora cantata dall’originale e non dalla copia (come in ‘Bohemian Rhapsody’ e non in ‘Rocket Man’); il ranocchio Javed che diviene principe; Eliza (Nell Williams), dolce e rivoluzionaria coi nastri colorati nei capelli alla Cindy Lauper; Matt (Dean-Charles Chapman), l’amico d’infanzia musicista per il quale “il futuro sono i synth”, e il sogno pakistano che ha i tratti di quello americano, disillusioni incluse.

Pur non essendolo, ‘Blinded by the light’ è, in fin dei conti, tanto la biografia di Javed (dunque di Manzoor) che quella del Boss, uniti dal desiderio comune di “Fare soldi, baciare ragazze e andare via da questo schifo di posto”; la Luton del 1987 è la vecchia Frehold dove il rocker crebbe tra irlandesi, italiani, neri e redneck (a Luton è il National Front a vessare il ‘paki’); i Kahn non se la passano meglio degli Springsteen quando la Vauxhall licenzia papà Malik (il bravo Kulvinder Ghir, dall’alto tasso comico) e tutto ricade sulle spalle di mamma Noor, così come in casa Springsteen tutto ricadde su mamma Adelina, quando il marito iniziò a perdere le staffe; e poi il rapporto padrefiglio, riassunto in un finale che chiama la lacrimuccia come tutte le storie in cui padre e figlio si perdono perché si somigliano, e a volte si ritrovano.

Gli integralisti del Boss inorridiscano pure per ‘Thunder road’ in stile Bollywood danzata in un mercatino locale, o per ‘Dancing in the dark’ a parole animate come nei moderni lyric video; non riusciranno a farcele andare di traverso in un film in cui conta, e non poco, anche la musica che nel 1987 ‘girava intorno’ (dai Level 42 di ‘Lessons in love’ in poi). Da ‘Blinded by the light’ si esce con un paio d’ore anticipo rispetto ai concerti del Boss, ma con la stessa convinzione – se non proprio quella di essere “nati per correre” – di essersi fatti del bene.

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