Biologia

Topi con due padri, la tecnica è spiegata su ‘Nature’

Gli esperti osservano che la scoperta potrebbe facilitare sia le ricerche sulla fertilità, sia la salvaguardia degli animali minacciati di estinzione.

La messa a punto si deve al biologo Katsuhiko Hayashi dell’Università giapponese di Osaka
(Keystone)

È stata promossa dalla comunità scientifica internazionale la tecnica grazie alla quale sono nati topi con due padri. Annunciata il 9 marzo scorso a Londra, nel convegno internazionale sull’editing del genoma umano, la tecnica è ora pubblicata sulla rivista "Nature" dallo stesso ricercatore che l’ha messa a punto, il biologo Katsuhiko Hayashi dell’Università giapponese di Osaka. La tecnica ha permesso di cambiare l’identità alle cellule staminali prelevate dai topi maschi, del cui patrimonio genetico fa parte il cromosoma Y, e di trasformarle in ovociti, perciò in cellule femminili con un doppio cromosoma X. Le cellule uovo sono state quindi fertilizzate e circa l’1% degli embrioni così ottenuti ha generato individui sani. Commentando il risultato nello stesso numero della rivista, gli esperti osservano che una delle conseguenze principali potrebbe facilitare sia le ricerche sulla fertilità, sia la salvaguardia degli animali minacciati di estinzione.

Spermatozoi e ovuli hanno origine da cellule staminali germinali. Finora la scommessa è stata riuscire a far differenziare queste cellule immature perché la difficoltà è riuscire a far sì che i cromosomi sessuali funzionino in modo corretto. Tentativi in questa direzione fatti in passato avevano ottenuto ovociti con una fertilità bassa, ma la tecnica messa a punto dal gruppo di Katsuhiko Hayashi ha dimostrato che si possono ottenere ovuli più sani e fertili partendo da cellule staminali pluripotenti.

Il punto di partenza è stato prelevare cellule della pelle dalla coda di topi maschi e farle regredire nello sviluppo con un cocktail di geni, fino a ottenere cellule staminali pluripotenti indotte. Queste cellule sono state quindi poste in un terreno di coltura in grado di cancellare il cromosoma maschile Y. Le stesse cellule sono poi state nuovamente coltivate, questa volta con fattori capaci di stimolare la duplicazione del cromosoma X, e trasformate così in cellule femminili con un doppio cromosoma X. L’ultimo passaggio è consistito nel trasformare queste cellule femminili ancora immature, spingendole a differenziarsi in cellule staminali germinali e poi a svilupparsi in ovociti. Quando gli ovuli così ottenuti sono stati fertilizzati e impiantati nell’utero. Dei 630 trasferiti in utero, soltanto sette (pari all’1%) hanno continuato a svilupparsi fino alla nascita di piccoli sani.

Gli stessi autori della ricerca osservano di avere intrapreso una strada che è appena agli inizi e ritengono che è necessario ancora molto lavoro per trasformare le cellule maschili in femminili, garantendo la salvaguardia dell’integrità del genoma.

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