Scienze

Ecco come è iniziata la strada verso il Nobel di Queloz e Mayor

Nell'intervista pubblicata da laRegione a poche settimane dalla divulgazione della scoperta, le emozioni di uno dei due astrofisici premiati oggi

La pagina 2 dell'edizione del 3 novembre 1995
8 ottobre 2019
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Venerdì 3 novembre 1995: a poche settimane dalla pubblicazione della scoperta su Nature, laRegione aveva raggiunto Didier Queloz per la prima interevista a un giornale della Svizzera italiana. Non sapeva ancora che quella scoperta, allora freschissima, gli avrebbe valso il Nobel. Ecco cosa ci aveva detto:

«Proprio ieri (mercoledì per chi legge, ndr.) il comitato dei giudici di "Nature" ha accettato il nostro articolo con le relative correzioni. Due o tre settimane e i risultati verranno pubblicati sulla rivista scientifica». Didier Queloz ha 29 anni e nonostante la tenera età (scientificamente parlando) vanta un primato invidiabile: è il primo astronomo al mondo ad aver scoperto il primo pianeta extrasolare orbitante intorno a una stella simile al nostro astro diurno. «Il primo sistema planetario era stato scoperto agli inizi degli anni Novanta dall'americano Wolszczan – ricorda Queloz – ma intorno a una pulsar, intorno cioè a quello che è rimasto di una stella assai più massiccia del Sole che ha cessato di vivere esplodendo in su­pernova».

Una pulsar, niente a che vedere insomma con la viva e vegeta 51 Pegaso, la stella del­l’omonima costellazione, distante da noi una quarantina di anni luce, accanto alla quale ‘ronza’ il pianeta appena individuato. Stella e pianeta si trova­no all'intemo della Via Lattea, la galassia che ci ospita. È una scoperta tutta svizzera e a quattro mani (o meglio a quattro e più occhi). Parte dei risultati sono stati comunicati durante un convegno svoltosi un mese fa a Firenze dagli stessi scopri­tori, Didier Queloz e il professor Michel Mayor, 53 anni, entrambi dell'Osservatorio astronomi­co di Ginevra.

«Immaginavamo il clamore che questa scoperta avrebbe suscitato negli ambienti scientifici, non lo immaginavamo nell’opi­nione pubblica. A distanza di settimane i giornali continuano a parlarne», dice a “laRegione Ticino” un meravigliato Queloz, che da un paio di settimane ha terminato il dottorato in astrofisica, cominciato cinque anni fa sotto la guida di Mayor.

Forse perché il nuovo pia­neta potrebbe accogliere es­seri viventi. Ecco allora tutto questo interesse.
«Secondo i nostri calcoli, il pianeta avrebbe una temperatu­ra di 1'000 gradi. Ora a 1'000 gradi è difficile immaginare la presenza di forme di vita come le intendiamo noi, a quella temperatura nessuna molecola resiste». 

Che cosa si sa finora dì que­ sto pianeta?
«Che ha una massa simile a quella di Giove, il 'gigante’ del nostro sistema planetario (Giove ha una massa quasi 318 volte quella della Terra ndr.). Che ha un periodo di rivoluzione di poco superiore ai quattro giorni, 4,2 giorni per la  precisione, (controi 365 che la Terra impiega per fare un giro completo intorno al Sole) e che quindi è assai vicino alla 51 Pegaso. Quest'ultima è una stella di quinta grandezza, osservabile pertanto anche a oc­chio nudo, con all'incirca la stessa composizione chimica del Sole. Rispetto alla nostra stella, che ha cinque miliardi di anni, è più vecchia di tre miliardi. Al momento intorno a 51 Peg è l'u­nico pianeta che abbiamo scoper­to. Continueremo ad ogni modo nelle nostre osservazioni e chis­sà...». 

Quale potrebbe essere la sua composizione chimica?
Nessuna idea. Potrebbe essere un pianeta solido o gassoso come Giove. Se fosse solido sarebbe certamente una grossa novità dato che in base alle odierne conoscenze non dovrebbero esistere pianeti solidi con massa paragonabile a quella di Giove. Lo diranno comunque gli studi che saranno soprattutto di carattere teorico». 

Teorici poiché ancora non disponiamo di telescopi in grado di separare otticamente una stella e pianeta.
«Proprio cosi. Un'impresa che del resto non riesce neanche al Telescopio Spaziale Hubble. In termini astronomici, i due corpi sono molto vicini e relativamente distanti dalla Terra. Il potere risolutivo dei nostri attuali telesco­pi non è ancora sufficiente a separarli in due oggetti distinti».

Come siete arrivati a que­sta scoperta?
«Nell’aprile '94 io e Mayor ab­biamo cominciato una ricerca su 142 stelle astrofisicamente quasi identiche al Sole. In settembre sono iniziate le osservazioni di 51 Peg ma solo nel gennaio di quest'anno abbiamo sospettato dell'esistenza intorno alla stella di un corpo con massa uguale a quella di Giove. Lo abbiamo de­dotto dalle variazioni della velocità radiale di 51 Peg. Variazioni dovute all'azione gravitazionale di un corpo di piccola mas­sa, piccola rispetto alla massa della stella. E in luglio, quando la costellazione del Pegaso diventa nuovamente visibile alle nostre latitudini, le predizioni teoriche da noi fatte hanno trovato conferma. Intorno a 51 Pe­gaso c'era effettivamente qualco­sa!».

Che strumentazione avete impiegato?
«La ricerca è stata condotta al­l'osservatorio dell’alta Proven­za, in Francia. Ci siamo serviti del telescopio del diametro di due metri e di uno spettrografo, di fabbricazione francese, per la registrazione degli spettri stellari mediante ccd (un dispositivo molto più sensibile della lastra fotografica). Lo spettrografo si chiama “Elodie”. E infatti tradizione in Francia battezzare gli strumenti astronomici con un nome femminile. Un telescopio, uno spettrografo e una serie di accorgimenti tecnici. 

Vale a dire?
«A differenza di come avviene solitamente, non abbiamo attaccato al telescopio lo spettrografo. Questo lo abbiamo sistemato in un locale chiuso con una data temperatura. Al telescopio lo spettrografo è stato collegato con delle fibre ottiche. Con questi e altri accorgimenti siamo riusciti, nel misurare la velocità ra­diale della 51 Pegaso e delle altre stelle, a raggiungere una precisione di tredici metri al secondo». 

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