laR+ Sogno o son Festival

Canto, ergo sum (tanti saluti da Sanremo)

Dedicato a chi vorrebbe duettare con Elodie e cantare con Gianni Morandi al posto di Sangiovanni

A prendere il latte
(Keystone)
13 febbraio 2023
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Ecco, ora possiamo finalmente riprenderci le nostre vite. Per una settimana o poco meno, nella ridente cittadina sul mare che ospita la statua di Mike Bongiorno le canzoni sono state il centro di tutto. Non solo quelle in gara al 73esimo Festival della canzone italiana che si è appena concluso, ma anche i buskers agli angoli delle strade tra un ‘Blowin’ In The Wind’ e ‘La solitudine’, le radio dentro ai negozi e gli ospiti a cantare tra i manichini, e i sosia di quello e di quell’altro a regalare selfie ai consapevoli e agli inconsapevoli, tornati a casa con un cimelio che, forse, un giorno s’accorgeranno essere un tarocco.

Smontare il Festival di Sanremo è un attimo, il parlarne in modo critico si prende più tempo. È ciò che abbiamo provato a fare, cercando di non esaltare dal primo all’ultimo giorno una manifestazione in cui tutti cantano e suonano dal vivo, cosa che accade in pochi posti al mondo. Da questo punto di vista, e cioè i cantanti che cantano dal vivo (bene o male, si può discutere), con una band di professionisti e un’orchestra intera di altrettanti professionisti, Sanremo resta un piccolo patrimonio dell’umanità sul quale qualcuno ha ancora dei dubbi. Ce ne ricordiamo ora, a gara conclusa, con la città dei fiori piena come un uovo, tornata alla sua popolazione media.

Roma, primo marzo 2022: "Da concorrente non andrò mai in gara a Sanremo. In generale non farò mai una gara canora". Così all’Ansa Tommaso Paradiso, dato lo scorso anno tra i papabili Big, lui che come Brunori Sas ogni volta, cortesemente, declina l’invito. In quell’intervista, l’ex The Giornalisti si diceva non contrario all’uso del playback: "È il Festival della canzone italiana. O siamo a The Voice e valutiamo l’interpretazione, o valutiamo il brano. Bisogna stare attenti a votare la canzone e non l’interpretazione, perché magari qualcuno ha un brano che poi va fortissimo, ma si fa prendere dall’emozione. Vedi il successo di Tananai. Quindi perché no al playback? Tanti interpreti non sono troppo all’altezza di quel palco. La musica va fatta dal vivo, ma magari arriva il ragazzino e viene ucciso dall’odio dei social perché stona".

Nessuno vuole mandare Paradiso all’Inferno. Il ragazzino che sa cantare, o che quando canta comunica qualcosa anche se non è il nuovo Bocelli, difficilmente sarà vittima di odio se non quello prodotto dall’invidia. Il fatto è che Paradiso non ha l’età: il Festival in playback lo abbiamo visto per tutta l’infanzia, e possiamo continuare a farne a meno.

Oggi, a Sanremo 73 concluso, possiamo pure toglierci di dosso gli abiti dell’imparzialità, quelli dell’analisi sincera di un fenomeno televisivo, del suo livello artistico e letterario. Ci togliamo i panni del trombone che fa le pulci alle canzoni invece che impicciarsi della vita privata dell’artista, cosa oggi assai più redditizia.

Con le pagelle ci siamo giocati gli amici, abbiamo mandato in vacca qualche buon rapporto con l’entourage di chi ha preso una stella sola, eppure questo era l’unico modo per dire – alla fine di tutto, senza alcun conflitto d’interesse – che avremmo tanto voluto duettare con Elodie (forse non su ‘American Woman’, magari su ‘Endless Love’, al limite anche su ‘L’addio’ dei Coma_Cose, più che altro per il finale); che avremmo fatto qualsiasi cosa per avere scritto ‘Tango’ al posto di Tananai, dal carico emotivo pesante, pesantissimo; che ci saremmo venduti l’auto per aver cantato ‘Fatti mandare dalla mamma’ al posto di Sangiovanni, o una qualsiasi delle canzoni di Gianni Morandi che stavano su quei misteriosi oggetti circolari dai quali usciva la musica quando avevamo l’età dei bambini di Mr. Rain, che nel frattempo hanno sostituito i bambini di Povia.

Nel raccontare il Festival di Sanremo, tempio di un effimero mai così tangibile, a volte siamo stati seri, altre volte abbiamo scherzato, il tutto in nome dell’intrattenimento, perché intrattenere è anche compito di chi riempie una pagina di carta, che un suo fascino ancora ce l’ha, così come gli oggetti circolari che producono musica. A parte baciare Fedez in bocca e con la lingua, a parte la distruzione floreale, a parte partecipare alla demolizione di ‘Destinazione Paradiso’, per salire su quel palco saremmo stati disposti a fare qualsiasi cosa. Anche a farci un caschetto come Sethu. Per arrivare ultimi, s’intende.

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