Locarno Film Festival

Festival di Locarno, una lettera aperta per l'italiano

I quattro cineclub ticinesi lamentano l'eccessivo uso dell'inglese a scapito delle lingue nazionali

(ti-press)
19 gennaio 2025
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Quello delle “lingue ufficiali” è uno dei temi di discussione ricorrenti del Locarno Film Festival (o, se preferite, Festival del film Locarno). Del resto parliamo di un evento internazionale che si tiene nella parte italofona di un Paese plurilingue e in quale idioma tenere (e tradurre) incontri, presentazioni, cerimonie e altri momenti pubblici è un tema particolarmente sentito.

In una lettera aperta indirizzata a direzione e presidenza del Festival, i quattro cineclub ticinesi hanno lamentato “la progressiva preminenza della lingua inglese che negli ultimi anni ha relegato le altre lingue nazionali a un ruolo subalterno”. I responsabili dei Circoli del cinema di Bellinzona e Locarno, del Cineclub del Mendrisiotto e di LuganoCinema93 citano come esempio (parzialmente) virtuoso il Catalogo “rigorosamente in quattro lingue” (unica lamentela: l'inglese precede l'italiano). Ma il direttore artistico saluta in inglese il pubblico del Fevi e del Palacinema e sempre in inglese presenta i film del Concorso, e questo quando oltre il 40% del pubblico è di lingua madre italiana.

Durante l'ultima edizione, inoltre, alcuni film della Retrospettiva dedicata alla Columbia non erano sottotitolati. “Molti spettatori che masticano male l’inglese, soprattutto se parlato, erano fortemente interessati a vedere questi film, ma hanno dovuto a malincuore rinunciare a frequentare la retrospettiva” hanno osservato i membri dei cineclub, pur comprendendo che le migliori copie in circolazione di quei film erano prive di sottotitoli.

La richiesta dei firmatari è di mantenere l'inglese come lingua di scambio, ma lasciando l'italiano come prima lingua rispettando maggiormente il plurilinguismo svizzero. “Privilegiare l’inglese non ci sembra tanto una conferma della vocazione internazionalista del Locarno Film Festrival, quanto piuttosto un segnale di malcelato provincialismo”, si legge nella conclusione della lettera aperta.