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Alla Supsi si parla di arte e clima con Anne de Carbuccia

La regista e artista sarà ospite, giovedì al campus di Mendrisio, dell’evento ‘Interactions: quando il cinema osserva la natura’

Refugia
12 febbraio 2025
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Comprendere, e raccontare, il cambiamento climatico non è un compito che riguarda solo la scienza, ma ognuno di noi. «Io come artista, tu come giornalista, un’altra persona come giurista, dobbiamo tutti con i nostri strumenti andare a parlare e raccontare quello che sta succedendo» ci ha spiegato Anne de Carbuccia. Artista ambientalista – ma è un’etichetta in cui non si riconosce appieno, perché in realtà «parlo delle sfide che abbiamo come società, e se negli ultimi anni mi sono concentrata molto sul clima, parlo anche di inquinamento, dei profughi, ultimamente dell’importanza della parola» – de Carbuccia ha viaggiato in alcune delle zone più remote del mondo per documentare le minacce al nostro pianeta. Domani, giovedì 13 febbraio, dalle 18.30 sarà ospite al Campus Supsi di Mendrisio per l'evento “Interactions: quando il cinema osserva la natura”, organizzato dal Centro competenze cooperazione e sviluppo e dal Centro competenze cambiamento climatico e territorio. L'iniziativa prevede la proiezione di tre cortometraggi – oltre a ‘Refugia’ di de Carbuccia, avremo ‘Queen’ di Bettina Oberli e ‘Jungle Fever’ di Takumã Kuikuro – parte di un più ampio progetto cinematografico prodotto nel 2022 dall'Ong Art for the World; l’evento si concluderà con una discussione con Anne de Carbuccia e Daniel Maselli della Direzione dello sviluppo e della cooperazione.

La bellezza e l'azione

‘Refugia’ è stato realizzato a Yakushima, un’isola di 500 chilometri quadrati nella parte sud del Giappone, «un luogo antichissimo, vi si trovano alberi di migliaia di anni, è un ambiente che è sopravvissuto ai grandi cambiamenti che ci sono stati sul nostro pianeta». Il titolo del cortometraggio riprende appunto un termine scientifico usato per indicare queste aree isolate che in qualche maniera riescono a resistere. Almeno finora, perché anche Yakushima, con i rapidi cambiamenti climatici frutto dell’attività umana, è a rischio. «Sono partita da lì per raccontare una storia che è legata a un'isola specifica, ma che dà voce a tutte le isole del mondo» ha spiegato de Carbuccia. Così Yakushima è diventata un po' il simbolo di tanti altri luoghi e in generale di un'idea di resistenza, di preservazione e di speranza. Raccontato con un approccio poetico. «‘Refugia’ è una dei miei corti più fiabeschi, ma è tutto vero, tutto basato sull’isola e sulle persone con cui ho parlato». Perché questo approccio? «Appartengo alla scuola che crede che la bellezza salverà il mondo, o che potrebbe aiutare a salvare il mondo». L’arte, ha aggiunto, «può trovare le chiavi del cuore della gente». È uno strumento in grado di agire sulle emozioni, ma de Carbuccia insiste sulla qualità di quelle emozioni. «Parlo di temi molto duri, molto difficili, non solo la crisi climatica ma ad esempio anche il femminicidio, ma lo faccio sempre raccontando e facendo vedere qualcosa che sia esteticamente bello, perché come ho detto io credo molto nella bellezza e penso che più andiamo avanti più avremo bisogno di bellezza».

La crisi climatica è spesso associata – almeno tra le persone che si rendono conto della situazione – a preoccupazione e paura, tanto che si è sentita la necessità di introdurre un termine, ecoansia, per descrivere questi stati d’animo. E certamente bisogna preoccuparsi, come nel cortometraggio fanno le ama, le pescatrici subacquee in apnea: «Una di loro ha 70 anni e racconta di essere molto angosciata perché il mare non è più come prima e loro fanno fatica a pescare». Però «lo racconta nel giusto contesto, perché io sono molto pratica, faccio dei lavori poetici, belli, ma estremamente pratici». E l'ansia «non serve a niente, è l'azione che è importante: incontro troppa gente che è paralizzata dall'ansia e che non fa niente. Con la mia fondazione (la Time Shrine Foundation, ndr) lavoro sull'educazione delle future generazioni e il punto non è far loro sentire l'ecoansia, il punto è far capire che hanno degli strumenti per adattarsi».