La recensione

Vita di una pastora e del suo gregge

Tra le pagine di ‘A passo di pecora’ (Ediciclo editore) di Caterina de Boni, storia di un mestiere difficile e prettamente maschile

Un diario (per Ediciclo)
23 gennaio 2024
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Storie di bicicletta e di viaggi, di escursionismo e di trekking: la casa editrice indipendente Ediciclo, fondata nel 1987 da un gruppo di amici con la passione del ciclismo, si è specializzata nella divulgazione di un certo tipo di letteratura dedicata al cammino e all’esplorazione di percorsi, sentieri, città. L’interessante catalogo, diviso per diverse collane destinate a ciclisti, camminatori e piccoli esploratori (‘Altreterre’, ‘A passo d’uomo, ‘Biblioteca del ciclista’) è un invito a partire, riscoprendo il tempo del tragitto, così lontano dal ritmo frenetico della vita quotidiana.

Non si tratta solo di guide turistiche, anche se non mancano i volumi destinati a itinerari ciclabili e percorsi a piedi (niente a che vedere con le più commerciali ‘Lonely Planet’, s’intende) ma anche di libri d’autore capaci di restituire il respiro e le atmosfere di altri luoghi, accompagnando il lettore in un giro del mondo che va dagli Appennini all’aldilà, passando per Istanbul (rigorosamente in sella). Un’attenta selezione di titoli che conferma la passione e la particolarità di una casa editrice sempre coerente con la propria linea editoriale.

‘A passo di pecora. Il viaggio di una pastora transumante’ si inserisce all’interno della collana ‘Viaggi e storie’, popolata da scrittori che di chilometri ne macinano parecchi. Il libro, firmato da Caterina De Boni, è infatti una sorta di diario/reportage in prima persona che restituisce la vita di una pastora e del suo numeroso gregge attraverso aneddoti, personaggi incontrati per strada, paesaggi e sentieri percorsi avanti e indietro, in una transumanza circolare che dura tutto l’anno per portare capre e pecore da un pascolo all’altro, dalla montagna estiva alla pianura autunnale.

De Boni si muove tra Veneto e Friuli, tra paesaggi dolomitici dove la natura domina sull’essere umano e cittadine abitate in cui sostare per un bicchiere di vino o un piatto di selvaggina:

L’estate volò e a grandi passi giunse l’autunno. Le prime gelate mattutine tagliavano le dita dei piedi e delle mani e le folate di vento e sole crepavano il viso e seccavano le labbra. Non saremmo potuti restare a Cortina ancora a lungo, purtroppo. Il giorno prima della partenza vidi che gli uccelli volavano basso, il cielo era velato di bianco e il pastore Serafino disse che aveva male al ginocchio: “Doman demo in do” sentenziò, “che l’è da passar Zoldo prima che arrivi la neve”. Questa notizia improvvisa scatenò dentro di me una tempesta di emozioni: angoscia, malinconia, terrore di non farcela a reggere sia fisicamente che psicologicamente tutto il viaggio di ritorno fino in Friuli.

‘A passo di pecora’ ha senza dubbio il merito di far conoscere da vicino i paesaggi e la vita di una pastora donna alle prese con un mestiere difficile e di ambito prettamente maschile; tuttavia la mancanza di una vera e propria struttura narrativa e l’incertezza stilistica rendono la lettura poco interessante affaticando l’andamento del racconto e non riuscendo a pieno a restituire le decine di aneddoti di viaggio raccolti durante i percorsi. Peccato, perché con un maggior lavoro di revisione questo esordio sarebbe potuto essere una buona occasione per raccontare una bella storia: originale, preziosa, rara.