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Jan Brokken, l'Indonesia in piccole e grandi storie

Ne ‘La Suite di Giava’ lo scrittore e viaggiatore olandese conferma la sua diabolica abilità nello strutturare gli intrecci narrativi

Jan Brokken
(Wikimedia commons)
18 dicembre 2023
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"Cosa strana. La nostra è un'epoca in cui si parla tanto di storia. Ma se non fossimo capaci di ravvivarla con qualcosa di personale, la storia rimarrebbe sempre più o meno astratta, piena di scontri e di forze anonime e di schemi. La generalizzazione, indispensabile per una visione d'insieme di un materiale immenso e caotico, uccide però i particolari, che sfuggono per definizione alle semplificazioni schematiche". Fedele alle considerazioni di Czesław Miłosz, uno dei suoi numi tutelari insieme a Bruce Chatwin e a Claudio Magris, Jan Brokken ricostruisce vicende passate dando spazio proprio a quei particolari che, per ragioni di sintesi, disinteresse o limitatezza di vedute, i manuali e le ricostruzioni degli studiosi (o dei giornalisti improvvisatisi tali) tendono a trascurare, preferendo immiserire e degradare la storia a una sequenza fredda e ordinata di dati e date. Brokken preferisce seguire un'impostazione diversa, meno cattedratica e più coinvolgente, intrecciando i grandi eventi con le loro dirette conseguenze sulla quotidianità della gente comune, le piccole trame di tante microstorie nel gigantesco e non sempre comprensibile ordito della macrostoria, che sposta i confini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, non di rado ridefinendo le frontiere e cambiando le cittadinanze.

Come un archeologo in cerca di passaggi segreti

‘La suite di Giava’, edito da Iperborea, è l'ennesimo esempio della diabolica maestria dello scrittore e viaggiatore olandese nell'architettare, con uno studiatissimo dosaggio da partitura sinfonica, intrecci perfettamente equilibrati, in cui ogni elemento occupa il suo giusto spazio. Tutto parte dall'ascolto casuale, durante una mattina di tarda estate, della sonata ‘I giardini di Buitenzorg’, tratta dalla Suite di Giava di Leopol'd Godovskij. Buitenzorg, oggi Bogor, è la città indonesiana in cui Olga, la madre dello scrittore, visse per alcuni anni insieme al marito, predicatore protestante, durante l'ultimo periodo della colonizzazione olandese. Attraverso l'analisi delle lettere scritte in quel periodo dalla madre, Brokken ne ricostruisce gli sforzi per ambientarsi nella nuova realtà: "Ho avuto una strana sensazione, come se stessi entrando in un regno rimasto a lungo sigillato, di cui ora riaprivo il cancello. Sono uscito dal mio tempo per entrare nel suo, e mi sono chiesto se sia davvero possibile ritrovarsi non soltanto in un'altra persona, ma anche in un'altra epoca". Olga e il marito affrontano ogni avventura come un archeologo che vada alla ricerca di tombe e passaggi segreti, e così fa Borkken, ricostruendo in parallelo la vicenda umana e artistica di Godovskij, compositore e pianista lituano che dopo aver girato l'Europa e l'America settentrionale scopre i profumi, le danze e soprattutto i suoni dell'Indonesia, innamorandosene irrimediabilmente. Animato dalla stessa curiosità della madre, dalla stessa voglia di vivere, di vedere, di assaporare, ascoltare e sentire, Brokken trascina il lettore al ritmo di una capacità affabulatoria accompagnata, come un sottofondo costante, da un sottile velo di malinconia.

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