laR+ IL QUESTIONARIO DI PROUST

Loredana Müller allo specchio

Un autoritratto a parole dell’artista visiva: "da Dio vorrei sentirmi dire che sbagliare non è solo umano"

"Vivi e aiuta a vivere"
13 dicembre 2023
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Perché hai accettato di rispondere a queste domande?

Per simpatia verso chi me le propone, perché sempre in ricerca nel sondare le mie tante impossibilità. Essendo un’artista visiva, per comprendere e comprendersi nelle spinte e nelle domande più insolite, anche perché c’è da chiedersi se esistono risposte: se prendono senso, capire quale tipo di senso da demiurghi possiamo generare.

Il tratto principale del tuo carattere.

Prendo troppo sul serio tutto, o forse è quel suo contrario: mi chiedo quando comincia e in cosa consiste la serietà. A mio avviso è davvero poco serio ogni nostro porci e credere di starci e quel tentare di prendere una posizione, in questo mondo tanto omologato e sicuro di essere nel giusto. Non credo nei moti di crescita esponenziali, tra economia e tecnologia, egocentrismi e omologazione esterna in un’apparenza costruita a tavolino. Più non ci si accorge che è un vuoto consumare, più ci si consuma per portarsi lontano dal sé. Chi non indaga più la propria estrema caducità, non si accorge che non c’è da sottrarsi nel valore del dubbio. Necessario è inventarsi e sul finire prendere e dare significato, per avvicinarci agli altri colmi dei nostri limiti, o meglio pronti a sostenere e ricevere altre posizioni e i limiti altrui. Altro da noi come continua adesione in apertura, come consapevolezza di ascolto che generi attimi esperienziali rari.

La qualità che desideri in un uomo.

L’autenticità è a mio avviso una primaria evidenza: consapevole di quanto scivoliamo nel compiacerci e nel compiacere, è una misura che ci rende semplici e umili. È una lotta necessaria, a volte una magica danza all’ultimo respiro, trovare equilibrio e misura, ma altrettanto necessario è provarsi, provocarci un poco è un imperativo che intraprendiamo. Ci vuole una vita per avvicinarlo e prenderlo a sé. Se esiste il bene è quella cosa che non offende e non genera male/danno a nessuno, nemmeno all’essere più minuto.

La qualità che preferisci in una donna.

L’autenticità, a sua volta, lontana da ergersi nei costumi necessariamente considerati femminili; per quanto Jung ci spieghi la compresenza d’ombra; animus nel maschile come anima nel femminile, credo che sia per entrambi una lotta continua. Contro i sistemi, le condizioni date a prescindere, che hanno generato da infiniti anni forme e poteri mal riposti. Credo che proprio l’assenza di potere, se non quello che tu possa ‘adeguare’ a te medesimo, abbia una sua verità in autenticità. Anche la natura parla di forze e capi, dentro e fuori dal branco, ma credo che l’individuazione nell’essere umano ci porti all’accettazione del mistero, come adempimento di un tempo in volontà da ascoltare: non reprimere ma trasformare; lì siamo chiamati dalla poesia e dalle arti tutte.

Quel che apprezzi di più nei tuoi amici.

La schiettezza, quel comprendere come sempre necessaria una riflessione a tutto campo che non indietreggi se si affrontano temi complessi, o complicati. Accettando la sconvenienza, unitamente all’ironia e all’intelligenza come continua ricerca di visione interiore necessaria.

Il tuo principale difetto.

Ne contemplo moltissimi, debbo lavorarci molto, li percepisco ma convivono con me. Li trasformo, o almeno ci provo, come faccio con la raccolta nel territorio, con l’avvicinarmi ai materiali, comprendendone il grande dono lì dove è complesso e cercando di capire come usarli, quale processo adottare, ma è necessario non sprecare nulla, accorgersi della preziosità assoluta di ognuno... Ogni ‘cosa’ che cosa non è torna a un soggetto, come me... Quando sono capace di distogliermi, ho appreso a occuparmi e non preoccuparmi di non ascoltare pregiudizi esagerati, o ad accudirli come una collezionista, o come un equilibrista cerco sempre di migliorare la mia avversione o difficoltà... Ma è l’equilibrio che conta e un insieme imprevedibile e spesso oltre le attese. Come direbbe Paul Valéry, dovremmo sottrarci dal meccanismo delle attese. Sono troppo espansiva, a volte, e contemporaneamente celo un orso, una figura primitiva e selvatica, che mi anima.

La tua occupazione preferita.

Dipingere, disegnare, stare a studio come in natura. Vivere intensamente ogni luogo, ogni respirare attorno a me, che appartenga al bosco o al fiume. Amo raccordarmi, raccogliere, confrontarmi nel trasformare essenze di gratitudine.

Il tuo sogno di felicità.

Un mondo migliore. Non credo alla felicità, forse alla possibile serenità, ma anche alla necessaria continua lotta per comprendere e generare dove è possibile segno, senso di appartenenza, commutando quello che non va. L’immedesimazione in tutte le problematiche io-tu-mondo. Ma apprezzo ogni difficoltà: un’eterna danza come una danza dei gravi: d’altra parte nasciamo tutti da una gravidanza... l’essere grave/greve è in noi, a noi trovare armonie e lievità.

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia.

Continuare con l’andamento odierno, in questi nostri tempi estremamente contraddittori, convulsi e colmi di povertà dello spirito, delle anime, delle genti più sottomesse; dove non c’è più di-segno e neppure grazia, bellezza di senso, ma spesso troppa avidità e superficialità.

Quel che vorresti essere.

Me stessa, tentando di essere il più possibile la persona che in parte sono, in parte rincorro, in parte sfuggo.

Il paese dove vorresti vivere.

Il paese mondo, un luogo dove i diritti dei fiumi, delle erbe, come della gente, degli animali tutti, siano davvero chiari e dichiarati, come valore; dai diritti della montagna a quelli della poesia, del filo d’erba e d’erbaccia; della cura e cultura non soporifera.

Il colore che preferisci.

Li amo tutti, perché vivono solo per relazione, per emissione di luce, per accettazione di superficie. E nostro compito è farli essere da retinici e di superficie, profondi e sorti di sprofondi simbiotici, simbolici, espressivi. Amo il Verde; ascolto il blu e quel poco di giallo, ma anche l’eco del rosso: ecco che non si può parlare di verde senza pensare al blu, al giallo, al complementare rosso, all’arancio e via dicendo... È metafora d’ogni dire e d’ogni fratellanza, colma di complessità e visione.

Il fiore che ami.

Credo tutti, forse prediligo quelli bianchi, che si vestono di compresenze atmosferiche, il Crisantemo, ma anche quelli che dialogano con i cieli. Guardo all’Iris, dal Nasturzio al Calicanto.

L’uccello che preferisci.

La famiglia dei passeriformi, come i pappagallini esotici inseparabili, ma amo anche il volo dei rapaci: credo di amare chiunque abbia ali oltre le braccia.

I tuoi autori preferiti in prosa.

Goethe, Canetti, Valéry, Merleau-Ponty.

I tuoi poeti preferiti.

Rilke, Dickinson, Caproni, Zanzotto.

I tuoi eroi nella finzione.

Non amo gli eroi e nemmeno le finzioni, amo piuttosto la caducità e la finitudine. Fingere mi riporta al figulino, a quel poter fingere tutto che si attribuiva anticamente alla tecnica della ceramica, oggi metafora della mancanza di Sé, di un sé ecosofico. Amo sospendere e trarne sempre ampio respiro, tra immaginazione attiva, che alimenta e nutre la concreta necessità dello stare nel proprio karma come corpo e sogno responsabile, e l’invenzione continua di una possibile realtà... Comunque, Linus.

Le tue eroine preferite nella finzione.

Mafalda, Anna Karenina.

I tuoi compositori preferiti.

Amo la musica, abbraccio la contemporanea, il jazz, certo Bach, Schubert, Olivier Messiaen, Béla Bartók, Ligeti... Per esempio ultimamente ho sentito a Lugano ‘Dalla culla alla tomba’: incredibile, magnifico.

I tuoi pittori preferiti.

Cézanne, Morandi, Klee... Del passato Piero della Francesca, Fra’ Angelico, Giotto... Essendo qui la mia vita, dovrei aprire un ampio paragrafo.

I tuoi eroi nella vita reale.

Gli operai, gli infermieri, gli insegnanti, i giornalisti, tutti i mestieri se trattengono magistero e magia professionale come fede e adempimento sostanziale.

Le tue eroine nella storia.

Ipazia, Lou Andreas-Salomé.

I tuoi nomi preferiti.

Gabriele, Michele, Daniele.

Quel che detesti più di tutto.

La volgarità becera abusata, la cattiveria fine a sé stessa, aggressività non compresa... a volte l’essere umano nella sua continua sordità. Consapevole che è sempre a valle il problema, o non si trova piuttosto a monte?

I personaggi storici che disprezzi di più.

Quelli che manovrano poteri. I potenti.

L’impresa militare che ammiri di più.

Nessuna: preferisco di gran lunga l’idealismo concreto di Gandhi.

La riforma che apprezzi di più.

La non violenza.

Il dono di natura che vorresti avere.

La pazienza.

Come vorresti morire.

Come vivo: consapevole che quella è la meta.

Stato attuale del tuo animo.

Disperso, attraversato, sofferto.

Le colpe che ti ispirano maggiore indulgenza.

Tutte, se esistono colpe: ci sono sempre substrati da codificare.

Il tuo motto.

Vivi e aiuta a vivere. Chi non sogna ha l’alibi della realtà. L’arte è magia liberata dalla menzogna di dire verità... le rubo ad Adorno.

La tua parola preferita.

Comprensione.

La parola che odi.

Globalizzazione.

La tua droga preferita.

Tutte, tutto lo può essere... Il muoversi. Il suono.

Il rumore che ti piace.

Quello dell’acqua.

Il suono, il rumore che odi.

La ruspa, chi distrugge, sottrae...

La tua parolaccia preferita.

Cavolfiore.

Un uomo o una donna da ritrarre in una nuova banconota.

Ipazia.

Il lavoro che non avresti voluto o non vorresti fare.

Impiegato d’ufficio.

La pianta, l’albero o l’animale in cui vorresti reincarnarti.

Ginkgo e gatto.

Se Dio esistesse, cosa vorresti sentirti dire dopo la tua morte.

Sbagliare non è solo umano...

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