Distopie

Tre tipi di utopie

More, Bacon, Campanella. Conficcati come siamo all'incrocio di più apocalissi, tutte sono brevi abbastanza da poter meditare di farne un'edizione riunita

Mondi ideali
16 novembre 2023
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Primo fu Thomas More, nel 1516, poi fu tutto un inseguire e disegnare mondi ideali. Nella reale Ceylon la comunità di Campanella, su due isole immaginarie quelle di More e Bacon. Ma il migliore resta il primo: More è il più equilibrato tra ragione, cuore e penna. Il più squilibrato Campanella, già egregiamente fintosi pazzo per anni, solo modo di evitare la pena di morte, e scampando finalmente per vivere gli ultimi tempi e morire in pace, a Parigi, dopo un trentennio di carcere duro, meno duro e torture. Il più ingenuo e snervato, frettoloso e tiepido Francis Bacon. Squilibrato anche lui per eccesso di equilibrio. Tra ’500 e ’600 proliferano le città ideali in trattati e quadri. Quelle dei trattati vorrebbero rifare il mondo e cominciano da un’isola (quelle dei quadri iniziano da una piazza e ci restano), perché la terraferma che si estende ovunque con i suoi orrori umani non la contamini. E per rendere più difficile tornarsene dove, soggetti a tutti i mali, almeno un po’ si respira.

Tutte sono brevi abbastanza da poter meditare di farne un’edizione riunita. Il genere risulta sempre più affascinante, fresco, promettente, conficcati come siamo all’incrocio esatto di tre o quattro apocalissi. Prendere il maggior esperto di More e della sua ‘Utopia’, di Bacon e dell’evanescente ‘Nuova Atlantide’, di Campanella e della sua calibratissima ‘Città del sole’. Un fitto apparato di note, storiche, biografiche, stilistiche. Pagina con buoni margini, corpo medio-grande, stampa nettissima, carta pregiata. Questo per rispetto degli autori, del lettore e per far da contrappunto con l’ordine e pulizia delle città realizzate nel mondo bidimensionale e bicolore della pagina.

Incontri

Si somigliano tutte perché la seconda e la terza conoscono bene la prima, ‘Utopia’, come se ci fossero state. Senonché si sa che uno, visitando un paese, vede ciò che un altro non vede. Campanella e Bacon tornano su ‘Utopia’ a un secolo di distanza e la relazione che ne fanno diventa la loro nuova versione. I due epigoni di More “si incontrano” intorno al 1623, il domenicano calabrese per la stampa, Bacon nella scrittura. Scritta e riscritta nel primo decennio del ’600 in italiano, la ‘Città del sole’ esce a Francoforte, in latino, in quell’anno (osteggiato, irriso e maltrattato in Italia, è una celebrità in Inghilterra, Germania, Francia), mentre Bacon abbozzava la ‘Nuova Atlantide’. Che resterà un abbozzo e uscirà postuma. Unico suo testo di finzione, lo mette in appendice della ‘Silva silvarum’, sebbene incompiuto. Lo scrive lui stesso in explicit: “Il resto non è compiuto”. E in fondo al testo latino: “etc”.

Sull’isola

I grandi saggi della ‘Nuova Atlantide’ (il narratore non incontra che dignitari) sono simili ai saggi suoi contemporanei o del passato, meno credibili e un po’ incolori, solenni nel vestire e nell’incedere, cortesi. L’isola ospita una colonia di virtuosi a cui la virtù, come si dice e certo sarà, conferisce una grande calma. Tutti obbediscono per una spinta naturale ai governanti del minuscolo Stato, gerarchizzato ma non troppo. Isolatissimi dal mondo al punto da essere ignoti, a scadenze fisse e con un numero fisso di barche che portano un equipaggio fisso di uomini (le utopie tendono alla simmetria) girano per il mondo a prendere informazioni, studiare costumi, visionare scoperte e invenzioni. ‘Nuova Atlantide’ è dedita al sapere di ogni genere, particolarmente scientifico e sperimentale. A parte questo, cosa apprendiamo dalla parabola di Bacon? Nella concezione della pacifica comunità non poté fare un solo passo avanti. Forse perché non c’è “conflitto”, come spiegano i manuali di scrittura narrativa. Senza contrasto non c’è racconto. ‘Nuova Atlantide’ è un racconto e il male non c’è. Lo scritto di Bacon è sufficientemente debole per farlo venire un bel pezzo dopo ‘La città del sole’, incomparabilmente più composita, fondata filosoficamente e teologicamente, mossa nello stile, calda di partecipazione umana.

Bacon si proponeva di dimostrare altrove – dicono i veri esperti –, e nel frattempo credeva di cuore che i movimenti morali, spirituali, rispondessero alle stesse leggi della fisica. Come i gravi sono attratti verso il basso se qualcosa non lo impedisce, così il Regno Unito, per fare un solo esempio, deve espandersi. Con tale semplificativa concezione delle cose del mondo, si fa molto lontano, rapidamente.

Esseri umani

L’‘Utopia’ di More merita un discorso a parte. Qui si voleva accennare alle altre due, unite in qualche modo dall’anno anniversario. E dire anche, di passaggio, che un solo essere umano non può concepire uno Stato né una città. Lichtenberg sosteneva anzi che un solo essere umano non potesse concepire un solo essere umano. Più uno è dotto, per di più, meno lo può concepire. E lo spiega alla maniera sua: “Sono convinto che, se Dio facesse un uomo come se lo immaginano i magistri e i professori di filosofia, un tale uomo verrebbe ricoverato in manicomio già al primo giorno. Se ne potrebbe ricavare una favola deliziosa: un professore prega la Provvidenza di fare di lui un uomo secondo l’idea della sua psicologia, la Provvidenza l’accontenta ed egli viene portato in manicomio”.

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