Tra le righe de ‘L’ultima cosa bella sulla faccia della terra’, il primo romanzo di Michael Bible tradotto in italiano
Nella cittadina americana di Harmony un giovane, nel tentativo di darsi fuoco durante una messa, brucia l’intera chiesa. Nel rogo muoiono 25 persone. Gli unici superstiti sono lui, una donna e un bambino di quattro anni.
Una storia americana, insomma, di quelle che si leggono fin troppo spesso nei titoli di testa dei giornali accendendo (è proprio il caso di dirlo) dibattiti sul disagio giovanile, sulla facilità di reperire armi negli States, su una società scossa dalla violenza e abituata al terrore.
‘L’ultima cosa bella sulla faccia della terra’, il romanzo del giovane Michael Bible, autore statunitense tradotto per la prima volta in Italia da Martina Testa per Adelphi, non ha però alcun intento documentaristico. Niente a che vedere con l’opera del cineasta Michael Moore, impegnato nella denuncia di un modello americano pericoloso e nell’analisi delle cause nascoste dietro ai massacri avvenuti nelle scuole.
Qui la narrazione procede per quadri attraverso i punti di vista di diversi personaggi più o meno legati alla tragedia. Ci sono gli abitanti di Harmony, ancora segnati a diciotto anni di distanza, c’è Farber, il bibliotecario che aiuta Cleo a fuggire dalla setta religiosa in cui è andata a nascondersi, c’è Nuvola, giovane uomo cresciuto senza genitori. Al centro la versione di Iggy, il piromane giunto ormai a due passi dalla sua esecuzione.
Ciò che è stato emerge piano piano, la verità va componendosi come un puzzle attraverso diverse voci. Scopriamo chi sta parlando solo dopo qualche pagina di attesa, lentamente comprendiamo le connessioni tra passato e presente, come se stessimo entrando in una stanza buia e l’occhio avesse bisogno di un tempo per potersi abituare e distinguere le prime forme. Bible intesse con maestria una rete di relazioni che mostra uno spaccato di vita americana a partire dall’intimità dei protagonisti. La realtà ci viene restituita attraverso il filtro delle diverse anime che l’hanno vissuta.
La carneficina ha determinato un cambio di rotta, ha influenzato il corso degli eventi costringendo ognuno a convivere con il proprio trauma. Ma forse la voce più interessante è quella di Iggy, aspirante suicida e involontario stragista a causa di un fiammifero caduto per sbaglio. Nei suoi ultimi giorni di vita tenta di lasciare ai posteri una testimonianza che gli sopravviva dando forma al suo dolore segreto:
Amavo due persone allo stesso tempo. Ero ricco e povero, lucido e pazzo. C’erano persone, posti e cose che odiavo e temevo. Mia madre era un’alcolizzata tirannica e mio padre un mostro lunatico. La mia vita era un uragano, cazzo, e una giornata limpida e luminosa. Io sono l’eroe e il cattivo. Sono l’uomo che ha provato a salvarvi.