LA RECENSIONE

Marco Rossari e un'anima che trema

Nel romanzo ‘L'ombra del vulcano’, edito da Einaudi, un traduttore fa i conti col capolavoro di Lowry e con la fine di un amore

L’abisso ti guarda
8 novembre 2023
|

"C'era una tristezza leggera deposta su ogni cosa, una specie di amorevolezza malinconica. Il ritorno da una cena con gli amici. Una buona notizia di lavoro. Camminavamo e ci stringevamo al freddo. La città era triste. Di domenica andavamo allo spettacolo delle sei o a quello delle otto. Al ritorno tagliavamo sempre per un parchetto circondato da grandi palazzi luccicanti, e Milano ci sembrava la versione scema di New York". Istantanee della lenta eutanasia di un amore, quando la pigrizia, la paura o i ricordi ritardano la fine della convivenza, trascinando quel che rimane di una coppia nella rassicurante ripetizione delle abitudini. E poi ritrovarsi soli nella triste estate cittadina, tra i chiariscuri e la monotonia dei giorni che passano da pomeriggi troppo azzurri e lunghi a notti col buio dentro e intorno. Soli, con un libro da tradurre, ‘Sotto il vulcano’, il numero su cui l'autore, Malcolm Lowry, aveva puntato tutto: una Divina Commedia ubriaca, un abisso che ti scruta, ogni riga una ferita che si riapre, ogni pagina una roulette russa, ma anche, per lettori che abbiano adottato cosmetiche severe, uno schiaffo al mondo editoriale, che affoga negli aperitivi e nei luoghi comuni. Gli scrittori viventi che Marco incontra sono giocatori tristi che non hanno vinto mai e hanno smesso da tempo di credere in quello che fanno: secondo il meccanismo ricostruito da Pasolini in un terrificante frammento di ‘Petrolio’, una serie di disillusioni li ha portati a scoprire quel nulla che tuttavia li spinge a proseguire, nella convinzione che ogni ideale da realizzare non sia che un gioco. Lowry invece scrive come il diavolo, evoca i suoi demoni in un sabba infernale, sfida il lettore a specchiarsi nel caos che dipinge.

Tradurre e bere

Marco, protagonista de ‘L'ombra del vulcano’ di Marco Rossari (ed. Einaudi), in quel caos deve sporcarsi quotidianamente: "A volte mi chiedevo quale paura governasse la mia scelta di tradurre, di passare ore e ore immerso in un mondo creato da qualcun altro, di aderire alla prosa e al pensiero di una persona nata e cresciuta dall'altra parte del mondo, in condizioni completamente diverse". Il lavoro (custodire fantasmi, come l'amico del cuore, che custodisce morti in un cimitero) non lo distrae e non lo guarisce dal dolore per la fine della relazione; il continuo sforzo di mettere a fuoco un testo che non sta mai fermo, di renderne il respiro, lo sguardo e il passo, di scandagliare gli anfratti della scrittura per scovare sfumature segrete, con tutta la concentrazione e l'umiltà e la capacità di immedesimazione che l'impegno richiede, non lo salvano dal rimuginio sulla ex e sui momenti trascorsi insieme. Nulla riempie i vuoti che lo assediano, lo tormentano e lo accusano. Neanche l'alcol, che illude di riparare le conseguenze che provoca, chiarisce le idee e poi le annebbia, elimina spazzatura mentale e ne crea di nuova, e intanto fa ingrassare e tremare le mani ed è diventato un appiglio necessario e inutile mentre si precipita nel vuoto fingendosi padroni della situazione: "Ti alzi, lavori, porti avanti la vita. Tieni dentro tutto, sia l'alcol che l'infelicità. Dopo anni nessuno vomita più, è scomparso quel punto di rottura in cui il corpo non ce la fa e cede. Farebbe bene, dovrebbe ripulire. In inglese ‘ubriaco’ si dice ‘intoxicated’, come se ci fosse un veleno a scorrerti nelle vene. Ma arrivi a un momento in cui il veleno è parte di te, forse sei tu". Intorno a un lavoro e a un autore che conosce come le sue tasche, Rossari orchestra un dolente passo a due, che restituisce i tormenti di un intellettuale costretto, come tutti, a fare i conti con una realtà da cui non può e forse non sa difendersi.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔