LA RECENSIONE

Gilberto Isella nel suo labirinto

Nei racconti de ‘La furia dell'angelo’, editi da Giampiero Casagrande, eventi inspiegabili costringono i personaggi a guardare le cose con altri occhi

L’autore con Loredana Müller
(@Alessandro Margnetti)
3 novembre 2023
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Immaginiamo che il Lettore e la Lettrice di ‘Se una notte d’inverno un viaggiatore’, messa su casa e unite le rispettive librerie, si perdano improvvisamente in un groviglio oscuro di eventi, tra certezze che crollano, perplessità irrisolvibili e lievi imprecisioni che mutano la forma e il senso delle cose. Immaginiamo poi che l’ideatore di questi incubi, Gilberto Isella, ne affidi la regia a creature misteriose, messaggeri dell’invisibile, forze che da dimensioni insondabili planano nel mondo della manifestazione per aprire gli occhi e liberare le limitate menti umane dai luoghi comuni e dalle verità di comodo che risparmiano la fatica di pensare, e che per raggiungere lo scopo si divertano a creare scompiglio, seminare dubbi, provocare traumi, turbamenti, scosse. Immaginiamo infine che sia lo stesso Isella a guidarci tra i racconti de ‘La furia dell’angelo’, raccolta edita da Giampiero Casagrande, e che lo faccia in una sera piovosa a Camorino, negli spazi accoglienti di Areapangeart, la galleria, atelier, centro culturale di Loredana Müller e Gabriele Donadini che è anche casa, rifugio e ritrovo per gli amici, alla presenza di artisti, insegnanti, lettori, sotto l’indecifrabile sguardo di oscure divinità indiane che sgomentano l’empio usurpatore di queste righe.

Un folletto shakespeariano

È un piacere ascoltare Isella, e chissà quale spettacolo quotidiano avrà offerto agli studenti del Liceo cantonale di Lugano, in cui ha insegnato letteratura italiana: invidiosi dei suoi ottant’anni portati con noncuranza, lo vediamo saltellare divertito tra le sue stesse pagine, creare collegamenti inattesi tra simbologie, riferimenti all’attualità e suggestioni da innumerevoli letture, provocare (e un attimo dopo scusarsi), puntualizzare, aprire botole nascoste, far entrare fasci di luce da spiragli strettissimi, mentre Casagrande, con l’aria sorniona e appagata di un felino, si gode lo spettacolo d’arte varia di questo poeta, critico letterario, traduttore e folletto shakespeariano alle prese con l’inconcepibile ricchezza dell’Invisibile, che l’angelo, ricorda l’introduzione citando Cacciari, testimonia e rivela. Vediamo dunque il Lettore e la Lettrice aggirarsi nei labirinti in cui l’Isella-Dedalo li ha imprigionati, obbligandoli, grazie a circostanze eccezionali, a ridefinire i rapporti con le cose, l’ambiente, la vita di tutti i giorni.

Costretti da un blackout a rinunciare alla comodità dell’ascensore per raggiungere l’attico in cui abitano, si avventurano per le scale del condominio, scoprendo personaggi, appartamenti, persino animali e piani fantasma, di cui non sospettavano l’esistenza: “Il quarto piano è un terribile cubo spaziale autistico, il paradosso di un luogo in quanto luogo reale, la cifra di un mondo perduto. Il quarto piano non esiste!”. Un horror vacui, in uno scenario che ricorda le righe finali del ‘Gordon Pym’ di Poe: “Ci sembra di aver raggiunto uno spazio, come dire, svuotato di suoni, colori e pensiero, uno spazio scenico imponderabile. Trionfa il bianco in ogni angolo, sul pavimento privo di piastrelle, sui muri dei corridoi esterni. Ed è il bianco che spaventa...”. Così come spaventa questa salita che sembra una discesa, in un passaggio tra i mondi che comprende anche l’inferno, nel non più così familiare palazzo che ora ha la forma di una piramide rovesciata.

Cabala e messaggi segreti

Oppure è il confinamento coatto, imposto per contrastare la pandemia, a indurre la coppia a riprendere confidenza con gli spazi e gli oggetti di casa, che vengono sistemati, definiti, catalogati. Con i libri si ripropone il problema che ogni bibliomane conosce bene: “I libri vanno sistemati in base alla loro dimensione oppure al loro valore culturale, ai temi trattati, alla tinta della costola, alle date di stampa? O non sarebbe meglio privilegiare l’ordine alfabetico degli autori? La coppia trascorre quelle ore tra assilli teorici, spostamenti e sostituzioni, nonché convulse modifiche di ripiani e vetrine, con la sensazione però, a meriggio avanzato, di non aver risolto nulla. Il riassetto generale, per certi versi elegante, risulterà alla fine caotico”.

E soprattutto non eviterà, ma al massimo rimanderà, la sorpresa finale. Ora eccoli invece in vacanza in Israele, dove ogni granello di sabbia, ogni mattone di edificio sacro, persino i nomi degli alberghi (che significano Bellezza, Bontà) sono cifre cabalistiche, pezzi di un puzzle, inviti a decodificare messaggi segreti. Qui il labirinto è, borgesianamente, il deserto: “Accumulo di tracce che non hanno direzione, orientamento. Attimi molli, subito abdicanti nel cortile delle nostre emozioni. Forza della terra nuda che ti trattiene e nel contempo espelle dal suo grembo, ti getta nella specchiera della disparizione”. In un mondo ritratto come discontinuità soggetta alla legge del mutamento, lo specchio contiene e assorbe, finendo così per non riflettere nulla, se non lo smarrimento.

Studenti alle prese con l’Orlando Furioso

Ancora più destabilizzante, in un altro racconto, il sospetto che la Lettrice (che in questo caso si chiama Giovanna, richiamando personaggi della mitologia cristiana: il Battista decapitato o l’evangelista che identifica Dio con il Verbo) sia il prodotto di un algoritmo, un fantasma, una creatura generata, come nel ‘Solaris’ di Lem, dai desideri o dalle paure del Lettore, tra camaleonti che collassano liquefacendosi e contraffazioni del labirintico Escher. La chiave è nell’aforisma di Goethe citato in esergo al racconto: “Occorre una certa duttilità di spirito, per comprendere nel suo modo più proprio la realtà informe, e saperla distinguere dalle chimere, che tuttavia si impongono vivacemente e con una certa parvenza di realtà”. Non basterà dunque il pensiero che, insegnano i filosofi arabi, tutt’al più distingue le singole forme nella generalità.

Nell’ultimo racconto il Lettore, liberatosi dell’illusorio ologramma, impersona un insegnante intento a rendere digeribili le ottave dell’Ariosto. In questo caso, l’elemento perturbante è la fisiologica sfrontatezza degli allievi: “La barriera autodifensiva del giovane, composta di ellissi verbali e soprattutto gesti inequivocabili (dallo sbadiglio allo sbuffo) è – sovente – tale da disorientare e paralizzare l’insegnante alla stregua dello sguardo di Medusa che muta l’uomo in fredda pietra. In fondo non è autodifesa, è attacco in piena regola. Una castrazione all’inverso, si potrebbe dire. In tali circostanze, il mio binomio ‘spiego e seduco’ si lacera come un palloncino”. Sarà un fatto della vita, una dolorosa irruzione della realtà tra la fuga di Angelica e i malefici incanti della maga Alcina, tra la poetica dei gabinetti e la riabilitazione dello sbadiglio, a frantumare, per una volta, il muro studentesco. Ma non le pareti del labirinto, che invece rimangono intatte, granitiche ed enigmatiche, come l’angelo di San Domingo su fondo blu di Osvaldo Licini, che dalla copertina del libro sembra ridere di noi.

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