La generazione del ’40 e una vecchia mostra il cui catalogo contiene le parole di Francesco Hoch, allievo di terza elementare
L’Orchestra della Svizzera Italiana ha dato lunedì 23 ottobre all’Auditorio Stelio Molo un concerto straordinario, omaggio al compositore Francesco Hoch che quest’anno ha compiuto 80 anni ed è tra i superstiti di quella generazione del ’40 che ebbe il merito di aggiornare il mondo musicale ticinese alle posizioni e al gusto della musica contemporanea. Ricordo, fra quelli scomparsi, Luigi Quadranti (1941-2022) promotore di Musica nel Mendrisiotto, Giorgio Bernasconi (1944-2010) creatore di ‘900 presente” (già Novecento passato e presente), Rocco Filippini (1943-2021) famoso violoncellista, compagno di classe di Francesco Hoch nella scuola elementare di Savosa, col quale condivise l’esperienza della Ca’ Gioiosa.
Era apparso nel 1943 il libro ‘Education Throug Art’ (Educare con l’arte) di Herbert Read (1893-1968) che doveva esser noto a Giancarlo Zappa (1928-2010), il colto maestro, dal 1951 insegnante alle Elementari di Savosa, dove animò un’esperienza di educazione estetica che fu mirabilmente documentata nel 1957 da una mostra alla Graphische Sammlung del Politecnico di Zurigo. Chi studiò a Zurigo a metà del secolo ricorda la Società Studenti Ticinesi (la mitica Sst) per il ballo che organizzava nelle sale del Grand Hotel Dolder, ma forse ha dimenticato l’impegno che ebbe nell’organizzare la mostra della Ca’ Gioiosa per la quale stampò un catalogo di più di 100 pagine con 15 riproduzioni di opere esposte. Ne custodisco gelosamente una copia, che penso sia ormai una chicca per antiquari. In esso, un’intera pagina è riservata alla citazione di un illustre predecessore del maestro Zappa, che trascrivo: “Vittorino da Feltre (1379-1440), geniale educatore, trasformò una magnifica residenza principesca, detta ‘La Zoiosa’, presso Mantova, nella più celebre istituzione educativa della Rinascenza italiana: ‘La Casa Giocosa’. In essa accolse insieme coi principi molti altri giovani, anche di umilissimi natali, iniziandoli tutti ad una alta e armonica cultura umana. Rispettosissimo dei gusti e delle inclinazioni di ogni singolo scolaro, rivolse tutte le sue cure a promuovere e disciplinare lo spontaneo svolgimento della loro personalità”.
Il catalogo si apre con testi dei critici d’arte Carola Giedion Welcker (1893-1979), Walter Schönenberger (1926-2020) e di Giancarlo Zappa. Seguono le presentazioni delle sessanta opere esposte con commenti del maestro e degli artefici. Alla fine anche l’elenco dei 169 allievi che “hanno abitato la Ca’ Gioiosa” dal 1951 al 1956. A Savosa si insegnava a leggere, scrivere e far di conto come nelle altre scuole elementari e il tempo riservato al disegno non sforava quello concesso dal regolamento cantonale. Ma “Lavoro manuale e disegno” (così era scritto sul Libretto scolastico ufficiale del Cantone Ticino) sembrava essere il tema conduttore della Ca’ Gioiosa. Riporto stralci del commento di Giancarlo Zappa, che può sembrare un po’ datato se non si tiene conto che la Seconda guerra mondiale era finita da poco e per il Ticino era iniziato un periodo di crescita economica e sociale e di grandi riforme del sistema scolastico: “(Un compito del maestro) consiste nell’invitare il ragazzo a manifestarsi con naturalezza, con intima aderenza a se stesso, alla sua vita quotidiana: che si preoccupi sempre il ragazzo di ‘assumere’ se stesso e il mondo esteriore, di cercare la verità oltre che per moto di raziocinio anche e prima di tutto per moto di ‘carità’, di caldo desiderio di colloquio, di comprensione di collaborazione, evitando così il pericolo delle pazzie che nascono dal banale egoismo dell’utile o dall’egocentrismo romantico o dall’anonimia opaca del materialismo. Si sa: le forme della creazione sono innumerevoli. Creazione può essere anche ogni atto della vita quotidiana oltre che organizzare spazi, suoni, forme, colori, idee per un preciso intento di poesia. Ciascuno deve scegliere la via che maggiormente gli può servire tenendo presente sempre il tempo e il luogo in cui vive. Una via che i ragazzi della nostra epoca tanto veloce quanto visiva scelgono per impulso diretto (strada che del resto tutti i primitivi hanno sempre amato) è quella del segno, della forma e del colore. È ciò che i ragazzi della Ca’ Gioiosa hanno fatto con speciale interesse. I soggetti da illustrare proposti dai ragazzi con completa libertà, talvolta stimolati da eventi stagionali o occasionali che essi hanno vissuto. Basta che al ragazzo piaccia ciò che vuol rappresentare, ci pensi bene, lo osservi con attenzione se è un soggetto che ha sotto gli occhi come il cantiere e la gru che si vede dalla finestra dell’aula o il cesto di frutta che sta sul tavolino. Le tecniche per questa espressione pittorica ritenute dal maestro più efficaci sono state due. Il disegno a matita colorata dura e il forbicicchio”.
Ricordo le 60 opere esposte a Zurigo: forbicicchi di un metro di base e 76 cm di altezza, le dimensioni di fogli allora in commercio (prossime alla sezione aurea, alla quale Zappa era molto attento!), ognuno eseguito da un gruppo di quattro o cinque allievi. Ragazzi, uniti come in una piccola corporazione con unità d’intenti e suddivisione dei compiti: chi progetta il quadro, che sceglie i colori, chi taglia la carta, chi la incolla…
Le classi entrarono nell’aprile del ’52 nel nuovo edificio scolastico di Savosa, inaugurato con un falò serale e un grande girotondo, ricordato con il primo forbicicchio, che nel catalogo porta il titolo ‘Il più bel falò di primavera’, il nome dei cinque autori, tra i quali Rocco Filippini e Francesco Hoch, allievi della 3ª elementare, che scrissero anche un commento. Quello di Francesco porta la data del 15.4.1952: “I lampioncini luccicavano forte, erano proprio belli. Arrivati alla scuola nuova e scesi dalla scala, abbiamo fatto un grande girotondo. In mezzo c’era pronto il falò. Vicino stavano i cinque delle classi con le fiaccole: Il maestro disse: Accendete il fuoco. E noi abbiamo acceso tutto e intorno faceva caldo. Intanto noi col maestro e la signorina giravamo intorno al falò cantando “Se tutti i bambini del mondo volessero darsi la mano”. Giravamo e cantavamo. Io ero incantato quando ho visto quel fuoco. E così, ha detto il maestro, abbiamo portato la luce della scuola vecchia alla scuola nuova”.