Presentata alla Biblioteca cantonale la mostra sulla minuscola e folle casa editrice di Alberto Casiraghy
"A me piace giocare", ammette l'artista Loredana Müller sorridendo, anzi scoppiando a ridere, mentre accompagna la frase con un gesto del braccio, come se volesse radunare intorno a sé i giocattoli esposti fino al prossimo 30 novembre alla Biblioteca cantonale di Bellinzona, ossia i minuscoli libri che l'editore Alberto Casiraghy stampa a caldo, con apparecchiature del secolo scorso ancora funzionanti. Ci vogliono la cura dell'artigiano, la precisione del chirurgo e la serietà di un bambino che gioca per progettare (o, meglio, immaginare) e realizzare queste deliziose plaquettes, una al giorno, con un ritmo da panettiere che manderebbe a ramengo l'industria libraria, gli scrittori prezzemolini e primedonne, le impoetiche partite doppie e gli ansiosi addetti stampa. Pulcinoelefante è un nome singolare per una casa editrice, un nome che evoca mostri mitologici, favole, filastrocche: forse richiama l'abbinamento tra il giovane illustratore e lo scrittore di fama, oppure l'ambizione che i brevissimi testi pubblicati (una poesia, un aforisma, una riga, un lampo) celino grandi verità o aprano infinite possibilità di riflessioni, o ancora la convinzione che una piccola cosa fatta bene possa fare bene, un bene enorme.
E si comprende allora il filo conduttore che lega le recenti iniziative organizzate da Stefano Vassere nelle biblioteche cantonali: l'idea di slegare il libro, inteso come strumento di conoscenza e insieme come oggetto, dalla pesantezza vessatoria e punitiva che gli affibbia l'imprinting scolastico, per ricondurlo alla dimensione del divertimento, del piacere e, appunto, del gioco. Un gioco che nasce dall'amicizia, dall'arte dell'incontro, dal gusto di stare insieme: la frase da pubblicare può spuntare casualmente in una conversazione, può essere raccolta o captata improvvisamente dalla nuvola o dal grumo di pensieri in cui aleggiava indistinta, può apparire all'improvviso, anche dalle labbra di una bambina, in una forma così perfetta da imporsi sulla carta senza alcuna mediazione. Alberto Casiraghy la raccoglie e compie il miracolo quotidiano del giusto dosaggio di pressione, calore e velocità di distacco, con la consapevolezza di chi ha scoperto il segreto della felicità, o almeno della propria, perché per essere felici bisogna allenarsi tutti i giorni. Deve essere, del resto, un bell'antidoto alla malinconia la soddisfazione di ritrovarsi tra le mani un libro che reca la frase di Bruno Munari: "l'uovo ha una forma perfetta, benché sia fatto col culo", o la constatazione di Harpo Marx: "Amo è la parola più pericolosa per i pesci e per l'uomo", o l'ammissione di Giorgio Manganelli: "La letteratura è me..a, lo so, ma a me la me..a piace!".
E si prova davvero una sincera invidia nei confronti di Andrea Kerbaker, Raffaella Castagnola Rossini e Carla Ferriroli, i quali, presentando la mostra, raccontano tutte le cose meravigliose e inutili che trovano in abbondanza nell'abitazione di Alberto Casiraghy, con la cucina buttata giù per fare spazio alla tipografia e la camera da letto trasformata in archivio. Si invidia anche, a dire il vero, lo stesso Casiraghy per i ricordi e le esperienze che ha accumulato: la sorella di Claudo Abbado che gli regala l'automobile, il fotografo Mario De Biasi che gli mostra un'immagine di Arturo Toscanini appoggiato a un calorifero, mentre Maria Callas si gratta il naso, Alda Merini che gli propone di fare l'amore (salvo tirarsi indietro: "sarebbe quasi un incesto!") e lo costringe a scavare con un piccone per recuperare le ossa di Giorgio Manganelli. Alda Merini fu ceduta, editorialmente parlando, a Casiraghy da Vanni Scheiwiller che non la sopportava più; la poetessa offrì una miniera di frasi, che Casiraghy si affrettò a pubblicare: 1189, secondo il censimento di Giorgio Matticchio, ma chissà poi quanti sono davvero. Forse non lo sa nemmeno Casiraghy, che è riuscito nell'impresa di rendere impossibile a qualsiasi collezionista di avere ragione del suo intero catalogo, che vanta per ogni titolo tirature di poche decine di copie: una follia, ma va bene così, perché a noi piace giocare.