laR+ Il popolo degli immersivi/3

La dimensione sonora dell’esperienza immersiva

Nel terzo contributo del nostro ciclo, entriamo nel coinvolgente mondo della musica sperimentale ed elettronica

Terra di confine
(Depositphotos)
9 giugno 2023
|

C’è un’immagine che associo in modo inequivocabile agli anni in cui non circolavano ancora i file musicali mp3, le piattaforme come MySpace o Spotify non esistevano, e il modo più comune per ascoltare musica era quello di inserire un cd o una musicassetta nello stereo o, in alternativa, mettere un vinile sul giradischi. L’immagine è quella di una persona che, sdraiata su un letto o su un divano, con gli occhi chiusi si lascia trasportare dalla musica. La coscienza diventava, in quei momenti, un flusso sonoro in movimento. Era come se il tempo fosse sospeso: si condensava in un territorio di confine, oltre il quale la realtà lasciava il passo all’immaginazione e all’onirico. L’immagine che ho descritto esprime bene la dimensione immersiva della musica in un’epoca in cui ascoltare musica prevedeva una ritualità che forse oggi si è un po’ smarrita. Credo che oggi sia più complicato negoziare uno spazio di ascolto incondizionato senza che la propria attenzione venga richiamata da qualche messaggio o notifica.

Spesso quando si parla di esperienza immersiva si pensa subito alla realtà virtuale e all’immagine. Si pensa meno al fatto che l’ascolto abbia una sua componente immersiva, senza la quale sarebbe difficile, per dire, anche solo evocare il trasporto con cui la musica ci fa vivere più intensamente la realtà. La musica, poi, è tendenzialmente invisibile, più fluida e più elusiva dell’immagine, che conserva una sua materialità rispetto al suono che fluisce e fugge. In questo terzo contributo del ciclo ‘Il popolo degli immersivi’ ci occuperemo di musica elettronica, drone music e musica noise: stili musicali che, pur nella loro diversità, si prestano bene a esplorare la dimensione immersiva dell’esperienza sonora.

Abbiamo incontrato Nadia Peter e Francesco Giudici, due musicisti a cui abbiamo rivolto alcune domande sul nesso fra musica, sperimentalismo, ed esperienze immersive.


‘Astral Departures’, Perpetual Bridge


Nadia Peter

Nelle acque profonde della sperimentazione sonora

Nadia Peter vive a Lugano, è una psicologa, insegnante, dj, musicista e curatrice musicale specializzata negli ambiti della musica elettronica e sperimentale. Nel 2021 comincia a pubblicare il suo lavoro creando il progetto di musica elettronica “PerpetualBridge” (https://perpetualbridge.bandcamp.com/). Con la sua musica crea un ponte tra suoni più oscuri e crepuscolari e aperture trascendenti, dando luogo a un immaginario avvolgente e immersivo al confine tra la ambient e la musica elettronica, esplorando volentieri anche i territori della videoarte.

Credi che esistano generi musicali e, più in generale, ambienti sonori, che meglio di altri aiutano a scoprire il valore immersivo della musica?

La nostra capacità di prestare attenzione ai suoni che ci circondano e focalizzarcisi è senz’altro un bisogno primordiale di noi esseri umani che ci ha permesso di sopravvivere nel nostro ambiente ed evolverci. E mi piace pensare che è proprio dall’ambiente e dal rapporto percettivo ed estetico con la natura che le persone e la società hanno man mano sviluppato degli strumenti musicali, per imitare quella sensazione d’immersione che si prova nella contemplazione della natura e dei suoni che la pervadono. Col passare dei secoli l’umanità, anche grazie ai mezzi tecnici che questa ha ideato, ha affinato la sua capacità di creare ambienti sonori immersivi in cui perdersi, scoprendo nuove dimensioni, nuove frontiere e nuove esperienze. La curiosità non ha limiti e tutto quello che permette all’umanità di creare benessere e nuovi stimoli passa sempre dai nostri sensi. L’udito è sicuramente uno dei canali più immersivi perché si nutre di suoni che sono onde che avvolgono ogni cosa.

La musica ambient e la musica elettronica vengono spesso indicate quali esempi di musica immersiva. Come mai?

Sicuramente la ambient e la musica elettronica si prestano maggiormente all’esperienza immersiva perché si prefiggono di creare un’esperienza totale che catturi chi ascolta, avvolgendolo in suoni primordiali, essenziali, minimali, naturali e ipnotici. Con questo tipo di musica, se non ti immergi ed entri “anima e corpo” nei suoni e nei loro dettagli, è molto difficile riuscire a coglierne il valore e apprezzarlo. Tuttavia ci sono molti linguaggi musicali e ogni persona si sente più attratta e vicina a certi suoni e ritmi piuttosto che ad altri. Penso quindi che ci sono momenti, generi o situazioni in cui si possa essere più o meno ricettivi e inclini nel lasciarsi trasportare. Quello che per me resta centrale è il valore soggettivo dell’immersione che si attiva in funzione dell’esperienza e del significato che il soggetto sperimenta (sia in veste di creatore, sia in quella di ascoltatore). Credo che l’immersione sia il risultato di un con-fluire più o meno spontaneo e inaspettato di suoni, melodie, ritmi, immagini e linguaggi in un rapporto di sincronicità tra l’artista che crea la musica, la musica stessa, e l’ascoltatore.

Cosa cerchi di esprimere attraverso la musica?

La musica ci regala molte sorprese e può insegnarci molte cose sui noi stessi, sulla nostra relazione con gli altri, sul nostro corpo, sulla nostra visione del mondo, le nostre fantasie e, in particolare, sui nostri sentimenti. Non viviamo sempre in profondità la nostra quotidianità e spesso ignoriamo cosa si potrebbe scoprire nelle acque profonde. Per questo mi piace immergermi in quelle acque per vedere cosa ne esce, cosa sento nel profondo e come la musica mi permetta di esprimere quello che non riesco a esprimere con le parole. Ritengo che ci sia del magico quando qualcuno riesce a immergersi nella mia musica e, contemporaneamente, in sé stesso. Non potrà forse esprimermi esattamente cosa gli ha permesso di fare click e cosa la musica ha smosso dentro di sé, ma ci siamo capiti su un alto piano, su un’altra dimensione. E questo è bellissimo.

Drone music, noise e altre sonorità dilatate

Francesco Giudici è sociologo e musicista. È stato chitarrista dei Black fluo e poi, con gli anni, ha esplorato sonorità sempre più sperimentali non disegnando, come nel caso di Nadia, l’ambito della videoarte. Nel nostro incontro, ci parla di alcuni stili musicali improntanti alla sperimentazione sonora, e del modo in cui la performance dal vivo favorisce un ascolto attivo, prolungato e immersivo. Fra gli stili musicali a cui accenna nella nostra chiacchierata, c’è anche la drone music. Di che cosa si tratta, gli chiediamo?

I droni (in italiano, chiamati anche bordoni) sono suoni lenti, ipnotici, prolungati e con (apparentemente) poche variazioni armoniche, in pratica un inno alla lentezza e un invito all’ascolto. Sebbene siano sempre stati presenti in natura e nella musica prodotta dall’essere umano fin dall’origine dei tempi (pensiamo per esempio ai canti buddhisti) si possono trovare droni nella musica techno, nel jazz, nei Velvet Underground così come nel sitar di Ravi Shankar. Più recentemente questa sonorità ha dato luogo a un vero e proprio genere definito dalla critica in riferimento alla musicista Sarah Davachi, ai chitarristi Sunn O))) che lavorano essenzialmente di feedback o, ancora, all’organista Kali Malone.

Oltre a parlarmi di drone music, mi dicevi che il tuo stile si avvicina alla musica noise. Cosa si intende con questo termine?

Sotto la definizione di noise vi sono stili anche molto diversi tra di loro. Forse ciò che li accomuna e che si tratta di sonorità sovversive che, per definizione, vogliono rompere con gli schemi (che siano della musica classica o pop) convenzionali, o con le sonorità che definiscono il mainstream. Con Simon Grab, per esempio, ho registrato “[No] Surrender”, disco uscito per la OUS Records nel 2022: in quel disco Simon si occupa del noise e io dei droni. Come per altri generi improvvisati, l’essenziale è ascoltarsi reciprocamente e rispondere a una mescolanza di suoni a volte difficili da distinguere: suonando live spesso è difficile capire se tale suono esce dalla mia chitarra o dai feedback di Simon, ma queste sovrapposizioni fanno parte del processo creativo.

La disponibilità all’ascolto incide sulla qualità dell’esperienza immersiva di un ascoltatore?

Certo, molto dipende innanzitutto dall’ascolto dello spettatore. Se vi è attenzione, ne guadagna anche la performance. Se il luogo in cui si tiene il concerto è rumoroso, la gente è più interessata a parlare e a far festa invece che ascoltare. A queste condizioni, un concerto che merita l’ascolto attivo è compromesso. Questo è vero soprattutto quando il volume non può sovrastare il chiacchiericcio. I posti dove si fa musica dal vivo dovrebbero essere luoghi dove si va solo ad ascoltare attivamente, dove ci si concentra unicamente sull’esperienza sonora.

La performance dal vivo, e la reazione del pubblico, sono dunque due aspetti complementari della performance…

Il luogo, la sala, la tecnica, la presenza o meno di una proiezione, la quantità e la tipologia di persone presenti, l’attenzione del pubblico verso la performance sono tutti elementi che influenzano l’esito della performance, soprattutto quando si tratta di un concerto incentrato sull’improvvisazione. La maggior parte dei concerti oggi è di tipo frontale, il musicista si esibisce e il pubblico riceve il risultato dell’esibizione. A me piace pensare che non dipenda tutto dal musicista e dalla sua abilità o ispirazione, ma che il contesto giochi un ruolo importante.

Pensi che la musica sperimentale possa avere anche una valenza terapeutica?

Certe frequenze hanno un impatto rilassante sul nostro cervello. Ad esempio un neonato si addormenta più facilmente con il white noise dell’asciugacapelli perché questo gli ricorda i suoni che sentiva in pancia prima di nascere. I primi suoni che sentiamo, ancora prima di venire al mondo sono, in questo senso, dei droni.


[No] Surrender, Simon Grab & Francesco Giudici

Leggi anche:
Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔