Culture

Premio Pulitzer ai reporter ucraini dell'Ap a Mariupol

Tra di loro Evgeniy Maloletka, già vincitore dell'ultimo World Press Photo of the Year. Riconoscimento anche al New York Times per i reportage su Bucha

Mariupol, febbraio 2022, uno scatto di Mstyslav Chernov
(Keystone)

I giornalisti ucraini dell'Associated Press (Ap) Mstyslav Chernov, Evgeniy Maloletka, Vasilisa Stepanenko e Lori Hinnant hanno vinto la 107esima edizione del premio Pulitzer per il servizio pubblico – il riconoscimento più prestigioso di tutti i Pulitzer – per i loro “coraggiosi” reportage da Mariupol, allora sotto assedio di Mosca, dove “hanno testimoniato il massacro di civili durante l'invasione russa dell'Ucraina”. L'Ap ha vinto un secondo Pulitzer per la copertura fotografica (Breaking News Photography) del conflitto in Ucraina “per le immagini uniche e urgenti delle prime settimane dell'invasione russa, inclusa la devastazione di Mariupol dopo che altre testate giornalistiche se n'erano andate, delle vittime degli attacchi alle infrastrutture civili e della resilienza dei cittadini ucraini che riuscirono a fuggire”. Proprio il mese scorso Evgeniy Maloletka, fotografo dell'Ap, aveva vinto anche il premio World Press Photo of the Year per la sua immagine straziante diventata simbolo dei bombardamenti su Mariupol nei primi giorni della guerra, con lo scatto dei soccorritori che trasportano una donna incinta ferita attraverso le rovine fuori dall'ospedale.

Anche lo staff del New York Times si è aggiudicato un premio (International Reporting) per la sua “risoluta copertura dell'invasione russa dell'Ucraina, compresa un'indagine di otto mesi sulle morti ucraine nella città di Bucha e sull'unità russa responsabile delle uccisioni”. Il Nyt ha fatto il bis con il Pulitzer per il reportage illustrato e commentato assegnato alla collaboratrice Mona Chalabi, “per le illustrazioni sorprendenti che combinano rapporti statistici con analisi approfondite per aiutare i lettori a comprendere l'immensa ricchezza e il potere economico del fondatore di Amazon Jeff Bezos”. Due Pulitzer anche al Washington Post, al Los Angeles Times e al sito Al.Com di Birmingham. Il quotidiano della capitale ha conquistato il riconoscimento per il reportage nazionale con Caroline Kitchener (sulle conseguenze dell'abolizione della sentenza sull'aborto Roe v. Wade) e per la scrittura caratteristica con Eli Saslow (con articoli evocativi su persone alle prese con la pandemia, la solitudine, la tossicodipendenza e l'ineguaglianza). Il giornale californiano ha portato a casa invece due premi per il Breaking News Reporting (la rivelazione di una conversazione razzista tra dirigenti cittadini registrata segretamente) e la Feature Photography (per uno sguardo intimo sulla vita di una 22enne incinta che viveva per strada in una tenda). Tra i grandi giornali non poteva mancare il Wall Street Journal, che ha vinto il Pulitzer investigativo per aver rivelato i conflitti d'interesse tra i dirigenti di cinquanta agenzie federali.

Quest'anno, con una decisione insolita ma non inedita, il premio per la narrativa è andato a due libri: ‘Demon Copperhead’ di Barbara Kingsolver e ‘Trust’ di Hernan Diaz. E mentre il libro ‘His Name Is George Floyd: One Man's Life and the Struggle for Racial Justice’, di Robert Samuels e Toluse Olorunnipa (Viking), è arrivato solo finalista nella categoria biografia, il volume ha vinto un Pulitzer nella categoria General Nonfiction, quasi tre anni dopo l'omicidio dell'afroamericano. Un tocco italiano infine nel premio per la musica a ‘Omar’, di Rhiannon Giddens e Michael Abels, una "innovativa e trascinante" opera sulla tratta degli schiavi rappresentata per la prima volta un anno fa al Festival di Spoleto Usa a Charlotte, North Carolina.

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