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‘Mašen’ka’, il lontano esordio di Vladimir Nabokov

Pubblicato per Adelphi, nella traduzione di Franca Pace, è l’opera giovanile di una personalità di netto rilievo tra i narratori del Novecento

Vladimir Nabokov, 1899-1977
( Giuseppe Pino/Wikipedia)
9 gennaio 2023
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Eccoci al felice incontro con il primo romanzo di un grande scrittore: Vladimir Nabokov, che, come sappiamo dalla sua introduzione (scritta nel 1970) a questo libro, lo iniziò e concluse tra il 1925 e l’anno seguente. ‘Mašen’ka’ è dunque un’opera giovanile (l’autore era nato nel 1899 e morì nel 1977) e ora appare da Adelphi (p.150, € 18) nella traduzione di Franca Pace, dall’edizione inglese, apparsa con il titolo di ‘Mary’ nel 1970, quella per la quale Nabokov aveva appunto scritto l’introduzione a cui mi riferivo. Si tratta di un testo in cui l’aperta vitalità dello scrittore si manifesta, in genere tutt’altro che acerba, nel comporsi di vicende e nel comparire di personaggi vari, oltre alla presenza della figura di un protagonista, Ganin, che è una speciale controfigura dell’autore stesso.

La narrazione si svolge a Berlino, in una non certo elegante pensione, dove sono rifugiati, con il personaggio chiave, altri émigré russi di quei primi anni Venti, e l’elemento forte della nostalgia li accomuna un po’ tutti. Tornando all’introduzione dell’autore, vediamo che definisce la nostalgia come "la dissennata compagnia di tutta una vita", rilevando anche, in questo suo primo romanzo, l’ingombro (in effetti, possiamo dire oggi, davvero minimo...) di alcuni difetti "prodotti dell’innocenza e dell’inesperienza".

Nel rimpianto per una Russia che temevano di non poter più vedere, agisce in questi esuli il progetto o desiderio di allontanarsi ulteriormente, di raggiungere luoghi ancora più distanti dalla propria terra d’origine, per approdare magari soprattutto in Francia, a Parigi. Questi personaggi sono un vecchio poeta, due ballerini classici, una ragazza prosperosa, un altro tipo che è in attesa della moglie, appunto Mašen’ka (diminutivo di Marija, come ci spiega l’autore), che era stata la ragazza amata dal protagonista, il quale intanto rivive i giorni lontani (ma neppure tantissimo, vista la sua ancora giovane età) in cui era stato molto felice e appagato con lei. Era un periodo ben diverso e vissuto nella terra che non avrebbe certo desiderato lasciare. E dunque il sentimento della nostalgia si fa doppio: quello per i propri luoghi e per i momenti di ancora adolescenziale amore vissuti con la ragazza.

Il tutto si svolge nell’inquieta quotidianità di una dimora provvisoria, di passaggio, e come tale vissuta dai vari tipi, a partire dallo stesso Ganin, che in quella precaria realtà si trovano coinvolti, pur essendo ben consapevoli di quanto il loro destino dovrà condurli altrove. Situazioni e vicende minime si incrociano e il lettore viene coinvolto dallo svolgersi, pur in quel breve arco di tempo, di vite in movimento incerto, come, esemplarmente, quella del vecchio poeta, in effetti forse già troppo avanti con gli anni per poter risolvere in modo accettabile la sua storia personale.

‘Mašen’ka’ ci raggiunge, dunque, come la felice sorpresa del lontano esordio di una personalità di netto rilievo tra i narratori del Novecento. Un episodio in più per riavvicinarlo e magari per tornare ai suoi capolavori, che ci hanno nel tempo tante volte accompagnato.

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