Culture

In posa, l’arte del ritratto secondo Desmond Morris

Una storia della pittura attraverso il corpo e la sua rappresentazione raccontata con maestria dall’etologo britannico, anche artista

3 aprile 2021
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Alla bella età di 90 anni, dopo l’invidiabile record di 60 libri dati alle stampe in sessant’anni, Desmond Morris è riuscito a inglobare le sue tre passioni nella sua ultima (sinora!) pubblicazione: zoologia, etologia e arte. Celebre soprattutto per i saggi-long seller ‘La scimmia nuda’ e ‘La tribù del calcio’, Morris è infatti anche un appassionato pittore, a suo tempo definito l’ultimo dei surrealisti. Il libro s’intitola ‘In posa: l’arte e il linguaggio del corpo’, bella proposta della casa editrice Johan&Levi: 231 riproduzioni in 320 pagine e ottimo rapporto qualità/prezzo (32 €).

L’attenzione è puntata sul ritratto in senso lato, spaziando dalla pittura alla scultura. Come sistemare il soggetto? Problema complesso per gli artisti, che nel corso dei secoli si son visti restringere la loro libertà di scelta, costretti ad adattarsi sia al mutare di stili e mode, sia ad alcune regole non scritte epperò da rispettare (mai un potente chinato, mai un subalterno troppo baldanzoso), sia infine ai capricci dei sovrani.

Per Enrico VIII, così temerario da sfidare il Papa, fu un gioco da ragazzi imporre a Holbein il Giovane la sua postura a gambe larghe e il cosiddetto “gomito dominante”, cioè piegato sul fianco. Meno bellicoso e certo più coquette, il Re Sole scelse una posa innaturale, con il piede sinistro puntato verso lo spettatore. “Un espediente per esibire una zona erotica del corpo, cioè la parte interna della coscia”, commenta Morris. Il quale sembra poi divertirsi un sacco passando in rassegna le ipotesi sulla celebre mano nascosta da Napoleone e infilata dentro il giubbotto bianco: aveva un’ulcera allo stomaco; un anello dono di un’amante che doveva nascondere ad Antonietta o un sacchetto di essenze che annusava di nascosto. No, sentenzia lo studioso inglese: l’origine risale all’epoca greco-romana, quando gli oratori consideravano un gesto di maleducazione gesticolare per enfatizzare i proprî argomenti e nascondevano nella toga una mano – quando non entrambe – per sfuggire alla tentazione di sbracciarsi.

In dieci capitoletti di scorrevolissima lettura, si passano in rassegna tanti atteggiamenti che il corpo ci permette di assumere: smorfie, pugno alzato, mano protesa verso il vuoto, paura e terrore, nudo e bondage: si pensi al mito di Andromeda incatenata nuda da Poseidone e ai i vari martìri, San Sebastiano su tutti. Detto di come turbamento o addirittura disgusto riguardo al nudo siano poi sfociati col tempo in tolleranza più o meno assoluta, Morris ricorda l’ultima esposizione chiusa dalla polizia, nel 1971 a Londra, perché la mostra d’arte femminista di Margaret Harrison comprendeva immagini di Capitan America e Hugh Hafner vestiti da donna ma coi genitali in bella vista (quelli di Hafner a forma di coniglietto!). 

Il libro – scrive G. Botta su ‘La Repubblica’ – rappresenta “l’occasione di sfogliare l’album di famiglia dell’arte, non solo occidentale, in compagnia di un vecchio saggio che ha molte storie da raccontare”. Per esempio questa: incrociare le dita oggi è un gesto beneaugurante. Nacque però tra i primi cristiani perseguitati, che invocavano così la protezione della Croce, evitando il pericolo di manifestare la propria fede.

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