Musica

Bellinzona, Losanna, Zurigo: negli spazi vuoti di Marco Nevano

Brano e video notturni per il sax del musicista, ritratto dell'isolamento e del fare musica a distanza. L'intervista

'For all the empty spaces', dal video
31 maggio 2020
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In copertina c’è una margherita intrappolata sotto un bicchiere capovolto, nella maniera in cui s’intrappolano mosche e zanzare. A guardarla da qui, dev’essere la primavera che ci è stata tolta. ‘For all the empty spaces’, per tutti gli spazi vuoti, è uno dei prodotti musicali più intensi che l’isolamento abbia condotto alle nostre orecchie isolate, ora un po’ meno. L’ha scritta, affidandola al suo sax, Marco Nevano. E ad accompagnarla, lenta, sospesa, notturna, è una serie di immagini – notturne anch’esse – di tre città, in un’ambientazione a metà tra fantascienza – l’immobilità di un day after già visto, ma era un falso – e il silenzio per eccellenza. «Una città per regione linguistica», ci spiega il suo autore, che ha voluto con sé, a distanza, la chitarra di Daniel Macullo e le tastiere di Frank Salis, che appaiono, ognuno a casa sua, dalle finestre accese. «Bellinzona perché sono nato in Ticino, Losanna perché ci ho studiato e perché ci vive Frank, il musicista con il quale ho suonato di più in giro per il mondo. E Zurigo perché è la città in cui vivo in questo momento». La città nella quale Nevano ha vissuto la sua reclusione.

L'attesa

Parlando di spazi vuoti: «Il brano è nato quando la situazione si è presentata. Passeggiando per la città, specialmente di sera, il senso di desolazione era evidente. Più che pensare a come saremmo tornati, a come avremmo riempito nuovamente le piazze, se saremmo mai tornati a fare concerti e ad assistervi, ho sentito incombente il bisogno di fermarmi un attimo per raccogliere i pensieri su quel che era accaduto e recuperare le sensazioni prodotte da questo vuoto. Il mood di quel giorno si è portato appresso questa visione ed è scaturita una piccola melodia. Piuttosto che farne un brano jazz, con l’esposizione della melodia stessa e poi l’improvvisazione mia e degli altri musicisti, abbiamo deciso di tenerla essenziale, rispettandone il senso di attesa». Solo il tempo di coinvolgere l’amico Miloslav Kobzan con il drone, di salire a bordo delle rispettive automobili e guidare fino a Bellinzona e a Losanna, «io nei panni del regista, lui pilotandolo», ed ecco il minuto, trenta secondi e poco più che lasciano un segno.

Nuovi, casalinghi orizzonti musicali

‘For all the empty spaces’ apre a qualcosa di più esteso. «Il disco continuerà con Frank Salis quando il brano richiederà l’organo Hammond. Sto collaborando con altri musicisti, scambiando materiale a distanza». Per via telematica, così com’è nato questo piccolo gioiello. «Da tempo chi fa musica si è attrezzato per registrare almeno delle bozze casalinghe, questi piccoli set-up di cui ognuno dispone si sono dimostrati utilissimi in questo particolare momento. E se anche ora ci si può ritrovare di persona, è quasi un peccato perdere l’intimità scoperta in casa propria, com’è successo nel mio caso». Potrebbe essere la chance più nobile lasciataci alla fine di questo brutto sogno da quella tecnologia che a volte ci ruba l’originalità e che ora ce la rende in forma quasi umana. «Se non sempre, il brano è un’interazione istantanea tra musicisti. Però, anche inviare il proprio ‘solo’ e affidare il resto a colui che accompagna la tua esecuzione, è qualcosa che non rispetta i canoni del jazz e della musica improvvisata ma dà comunque la possibilità di sviluppare un tipo di discorso nuovo».

Cosa accade, ora che ‘the empty spaces’ sono un po’ meno ‘empty’? «La spinta compositiva continua. Ho la testa su questo aspetto e rimando il pensiero sui concerti. Quando verrà il momento, capiremo quali soluzioni si possono trovare al live canonico, al quale tutti speriamo si possa presto tornare».

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