Culture

Nessuno vive senza faccia (intervista a Adeline Dieudonné)

Una favola nera con protagonista una ragazzina alla ricerca della sua identità, fra Marie Curie e Stephen King. La scrittrice ospite oggi degli Eventi Letterari

((Foto: Stephane Remael))
12 aprile 2019
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In balía del vento, percorro la promenade sul lungolago asconese. Il Verbano è irrequieto e sbatte; il cielo è una lamina traslucida e fredda. Tutt’altro che un’atmosfera primaverile, malgrado gli uccelli, lungo il cammino, mi ricordino che è la stagione degli accoppiamenti. Raggiungo l’hotel dove di lì a poco incontro l’autrice belga Adeline Dieudonné, ospite dell’edizione 2019 degli Eventi Letterari Monte Verità, apertisi ieri al Palacinema di Locarno con David Grossman. Incontri che proseguono fino a domenica e propongono oggi, fra gli altri, l’appuntamento “Stephen King incontra Marie Curie” con la giovane scrittrice belga (Teatro del Gatto, Ascona; alle 21). Al centro dell’incontro il suo romanzo d’esordio e di successo “La vita vera” (Solferino, 2018) che, in parte, è fulcro anche della nostra chiacchierata. “Le storie servono a metterci dentro tutto quello che ci fa paura, così siamo sicuri che non succederà nella vita vera”. La citazione è tratta dal romanzo di Dieudonné, una favola nera che ha quale protagonista una ragazzina undicenne alla ricerca della propria identità, fra l’infelicità familiare drammatica e la crudeltà del padre che “da me si aspettava che diventassi come mia madre. Un involucro vuoto, sprovvisto di desideri”, ma con grande forza interiore e resistenza agli eventi traumatici che vive. Vicenda e scrittura sono crude. La lettura è incalzante – di quelle che non si vorrebbe smettere mai – e la storia avvincente e ricca di suspense. Ma non anticipo nulla, per non guastare la lettura di chi ne fosse curioso.

L’incontro

Ci sediamo a un tavolo con vista lago: mezz’ora di tempo e numerose curiosità da soddisfare. Prima, però, un paio di pillole biografiche per abbozzarne un ritratto. Adeline, nata in Belgio nei primi anni Ottanta, si è formata nella recitazione – come racconta –, ma non è mai riuscita a vivere di quel lavoro. Così, «ho fatto altro. Con due bambini, l’affitto da pagare... non ci arrivavo. Allora ho fatto tante piccole cose: cameriera, assistente di produzione al cinema, mi sono occupata di architettura d’interni... e poi ho iniziato a scrivere». Nel 2017, con il suo primo racconto “Amarula” vince il Grand Prix du concours de la Fédération WallonieBruxelles. Sempre due anni fa, scrive e interpreta la pièce teatrale “Bonobo Moussaka” e pubblica il racconto “Seule dans le noir”. E poi, nel 2018, arriva il successo editoriale con il suo romanzo d’esordio “La vraie vie”, rivelazione dell’ultima stagione letteraria francese che si è guadagnata diversi riconoscimenti, fra cui il Premio Fnac 2018, il Premio Renaudot des Lycéens e il Prix Première plume 2018. A sancirne la celebrità anche la traduzione in 15 lingue, in corso d’opera.

Quando ha scoperto che la scrittura sarebbe diventata il suo mezzo espressivo?

Giugno 2016. Poco meno di tre anni fa. Ho iniziato a scrivere perché ero in una specie di crisi dei trent’anni; ero molto angosciata ed ero un po’ persa. Ho conosciuto uno scrittore che ha detto che le mie riflessioni erano interessanti e che avrei potuto scriverle. “Non so farlo”, gli avevo risposto, e lui: “Fino che non provi, non puoi saperlo”. Così ho provato e c’était ça!

Quali sono le sue fonti d’ispirazione?

Tutto. Se decido di iniziare a scrivere, osservo tutto ciò che accade intorno a me...

E qual è la sua forza motrice?

Il carburante della mia scrittura sono le mie emozioni negative. Lo traggo dalla mia collera, dalla mia tristezza, dalla mia indignazione, dal mio orgoglio... da tutte quelle emozioni che di solito si tende a nascondere. Io faccio il contrario: le riesumo.

Restando nel tema degli Eventi, quali sono i suoi giganti, i suoi maestri?

I miei giganti sono Stephen King e un autore belga che si chiama Thomas Gunzig [lo stesso che l’ha spronata alla scrittura; ndr].

Perché loro?

King perché l’ho letto molto e trovo che riesca a conciliare la suspense (ne è maestro) alla qualità letteraria e questo, a mio avviso, non è scontato. E Gunzig per lo stesso motivo. Le sue storie hanno meno suspense, ma l’attaccamento del lettore alla storia e ai suoi personaggi è forte. Poi c’è molto humour noir e, in filigrana, propositi politici. Guardando a entrambi gli autori, ci si trova di fronte a qualcosa di veramente completo. Quando li si legge, sembra di averli davanti.

Ho letto, anzi divorato, ‘La vita vera’ e ho un paio di domande. Come è nata la storia?

Non lo so. All’origine c’era l’incidente del gelataio. Avevo in mente la sua immagine, il suo volto fracassato e i due bambini [la protagonista e suo fratellino Gilles; ndr]. Mi sono chiesta che cosa sarebbe successo loro. Comunque non avevo nessun’idea di dove mi avrebbe portato la scrittura. Ho seguito i miei personaggi.

La protagonista vive un’evoluzione molto potente. Che cosa ci racconta?

A posteriori, credo che ci mostri che ci può essere una speranza per il futuro, anche in una situazione veramente merdique [teniamo il francesismo, che ci sembra più aderente; ndr]. La protagonista riesce a uscirne, sia grazie alle proprie risorse, sia all’aiuto di altri personaggi che intervengono. Supera la brutta situazione però anche grazie alla scienza e alla consapevolezza della sua animalità, espressa attraverso l’erotismo.

La scienza incarnata da Marie Curie, perché lei?

Era necessaria un’icona, qualcuno che la ispirasse, che fosse un obiettivo da raggiungere e necessariamente donna, per contrastare il determinismo di genere imposto dal padre. Ecco perché si è imposta la Curie.

Uno degli elementi che più ha colpito la mia attenzione è il volto, che è onnipresente... è voluto?

L’onnipresenza non è stata intenzionale. È un romanzo che parla molto d’identità (come quella in costruzione della protagonista) e la faccia dice molte cose sulla personalità. Avrei voluto essere capace di mettere questi simboli nella mia storia, ma la verità è che non è stato volontario.

Facciamo un salto, quali sono i libri che ha sul comodino in questo periodo?

Sto leggendo un truc génial [come sopra; ndr], un libro piccolo ma straordinario di David Thomas, “La patience des buffles sous la pluie”. E sto divorando i saggi femministi di Mona Chollet, “Sorcières”; “Beauté fatale”...

Lei è anche autrice e attrice di teatro, che cosa le dà?

Amo poter incarnare un ruolo; essere coloro che non sono nella mia vita vera.

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