Culture

Addio a Winnie Mandela, l'eroina anti-apartheid

L'ex moglie di Nelson Mandela aveva 81 anni. Il presidente sudafricano Ramaphosa: “Una campionessa di giustizia e uguaglianza"

Keystone
2 aprile 2018
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Una figura controversa, amata ma anche odiata dai sudafricani, che più volte cercò il riscatto: è morta a 81 anni a Johannesburg Winnie Madikizela-Mandela, l’eroina della lotta contro il regime sudafricano dell’apartheid, ex moglie di Nelson Mandela e Nobel per la pace. Era malata da tempo.

"È deceduta serenamente oggi pomeriggio dopo una lunga malattia che l’ha costretta a frequenti ricoveri, circondata dalla sua famiglia e da quanti le volevano bene", ha detto il portavoce della famiglia, Victor Dlamini. "Con la morte di Mama Winnie, abbiamo perso una delle pochissime icone ancora rimaste. Era una di quelle che ci dicevano esattamente che cosa è sbagliato e giusto e quella guida ci mancherà", ha detto il presidente dell’African National Congress (Anc), Gwede Mantashe.

Una "campionessa di giustizia e uguaglianza" e una "voce per chi non ce l’aveva", l’ha definita il presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa, mentre l’arcivescovo sudafricano, Desmond Tutu, ha parlato di lei chiamandola "un simbolo della lotta contro l’apartheid, che si rifiutò di farsi piegare dalla reclusione del marito e dalle continue molestie della forze di Sicurezza, diventando un’ispirazione per me e le generazioni future".

Winnie Madikizela era nata il 26 settembre nel 1936 nella comunità di Mbizana (Capo Orientale), ultima di 8 sorelle. Fu la prima donna nera del Sudafrica ad aver ottenuto il diploma di assistente sociale quando incontrò il suo futuro marito. Winnie e Madiba si sposarono nel 1958, ebbero due figlie e rimasero insieme 38 anni. Mentre il marito trascorreva 27 anni in carcere, Winnie condusse una strenua lotta contro l’apartheid, fino alla sua storica liberazione nel 1990: memorabile la foto che mostra i due, mano nella mano, dopo la scarcerazione di Madiba. Lei dimostrò grande coraggio continuando a combattere nonostante i continui arresti, le prepotenze e le intimidazioni del regime nei confronti della maggioranza nera.

Amata, ammirata e chiamata ’la madre della nazione’, Winnie perse però gran parte del proprio patrimonio di credibilità quando nel 1991 fu condannata a sei anni di prigione per il rapimento del quattordicenne Stompie Seipei, ucciso perché sospettato di essere una spia del regime. La sentenza fu commutata in appello al pagamento di una multa.

Tornò in auge e diventò first lady quando Nelson Mandela fu eletto presidente del Sudafrica nel 1994. Forte della sua popolarità, continuò a ricoprire incarichi importanti nel partito nell’Anc, assumendo la guida della sezione femminile, nonostante gli scandali e le critiche per il suo assenteismo in Parlamento e per il suo alto tenore di vita. La sua reputazione ebbe ulteriormente a soffrire quando Mandela, nel 1995, la estromise dal governo dell’Anc e divorziò da lei, accusandola di adulterio, un anno più tardi.

Poi, nel 2003, fu giudicata colpevole di 43 capi di imputazione per frode e 25 per furto per un totale di un milione di rand (circa 80mila euro), relativi a una tentata truffa ai danni di una banca sudafricana. Venne condannata a cinque anni di carcere duro, ma la pena fu ridotta a tre anni e mezzo con la condizionale.

Nonostante i guai giudiziari, Winnie Madikizela rimase popolare soprattutto tra i giovani e la base dell’Anc. E nelle elezioni del 2009 vinse pure un seggio in Parlamento, riabilitando in questo modo la sua carriera politica. Con Madiba mantenne un rapporto di amicizia e fu al suo fianco quando lui rimase a lungo in ospedale, prima di morire, nel 2013. Tuttavia, l’ex marito la estromesse dall’eredità.

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