Del padre dell’immaginario turistico ticinese esistono anche fotografie artistiche, in mostra per la prima volta al Masi (dal 16 marzo al 12 ottobre)
A Palazzo Reali, nel giorno della presentazione, è presente la nipote di Eugenio Schmidhauser e forse non c’è momento fotografico più vicino al reale di chi guarda le scene di vita popolare in mostra e riconosce luoghi, edifici, visi, ricostruisce parentele, ma si dice anche grata a chi ha restituito luce, luminosità al lavoro dell’illustre antenato. La notizia è che si tratta della prima mostra dedicata al fotografo da un’istituzione museale, e l’istituzione museale è il Masi Lugano, dal 16 marzo al prossimo 12 ottobre nel suddetto Palazzo, dove sono esposte circa novanta fotografie tra vintage e nuove stampe, tratte da negativi originali su lastra di vetro.
Sull’archivio complessivo di Schmidhauser (Seon, 1876 – Astano, 1952), dove il conto delle fotografie sale di molte unità (migliaia), si è calato negli ultimi tempi l’Archivio di Stato del Canton Ticino con in testa Gianmarco Talamona, anche co-curatore della mostra insieme a Ludovica Introini. Previa armonica collaborazione con gli eredi, la messe di scatti è stata trattata, ripulita, digitalizzata; l’intero prestito permanente che viene dalla famiglia Brentano-Motta di Brugg è visualizzabile dallo scorso giovedì online.
È l’individuazione di un corpus di opere inedite che ha portato a ‘Eugenio Schmidhauser – Oltre il Malcantone’, titolo della mostra dove la parola chiave non è ‘Malcantone’, ritratto in lungo e in largo dal fotografo il cui nome è da sempre affiancato a quella fetta di terra, bensì ‘Oltre’. Nello specifico: nell’Appenzello, Schmidhauser replicò la fotografia cosiddetta ‘turistica’ che il Ticino ben conosce (borghi tra l’idilliaco e il quasi bucolico, istanti di vita tra l’autenticità e l’artificio) e di quegli scatti oltreconfine vi è ampia e nuova documentazione ove ritrovare affinità; inoltre, la mostra colma il vuoto artistico che sta tra le attestazioni ricevute in carriera dal fotografo e lo Schmidhauser artista, dove il vuoto sono le opere oggetto di premio.
Nicoletta e Max Brentano (-Motta), Brugg AG. In deposito presso Archivio di Stato, Bellinzona
Festa al laghetto di Astano, 1905, negativo su vetro
Evadiamo dunque lo Schmidhauser da cartolina con uno dei pannelli destinati alla promozione della vendita delle stesse. Sta nella seconda sala della mostra. In lingua italiana e germanica, nel bordo inferiore del pannello sta scritto: “Queste cartoline si vendono qui!”. Il prezzo: “10 centesimi l’una, 1 franco la dozzina, 9 franchi l’intera collezione”. Nella teca antistante è depositato il cofanetto rosso che ospitava i 124 esemplari della collezione completa, ma anche una copia di ‘Fröliches Volk im Tessin’, raccolta illustrata di poesie sulle figure tipiche del Ticino, stampato nel 1906.
Per quanto la fedele carrellata di artigiani del tempo, le feste di paese, strade e chiese, piazze e campi e i visi sorridenti di tutti i protagonisti siano risultati ‘virali’ al tempo in ottica di promozione turistica della regione, l’opera complessiva di Schmidhauser subì forti attacchi. Il saggio di Damiano Robbiani ‘Cartoline dal Malcantone’, contenuto nel catalogo che accompagna la mostra, riporta la stroncatura di Virgilio Gilardoni, che considerava le opere di Schmidhauser “una delle più sciocche eppur tenaci immagini delle popolazioni cisalpine”, ovvero l’immagine del “popolo allegro”; il saggio dice anche del processo di revisione di queste idee, che non ha potuto non tener conto delle qualità tecniche del fotografo.
“Oggi – scrive Robbiani – non si pretende più da questa iconografia la divulgazione di un’immagine autentica del Ticino rurale del primo Novecento. Da scene folcloristiche artefatte, queste fotografie sono diventate documenti che illustrano il lavoro di costruzione di un immaginario turistico che in passato è stato troppo severamente qualificato come ‘sottocultura turistica’”. Per quanto “sguardo parziale sulla realtà malcantonese del tempo, e dunque imperfetto”, scrive ancora Robbiani, “il fotografo di Astano ha saputo documentare con un’eccezionale abilità tecnica e artistica momenti di vita del suo villaggio d’adozione e, in modo particolare, lo sguardo del turista confederato sul Malcantone e oltre il Malcantone”.
Nicoletta e Max Brentano (-Motta), Brugg AG. In deposito presso Archivio di Stato, Bellinzona
Gruppo di bambini italiani a Dumenza, 1910 circa, negativo su vetro
Oltre a quello con il Malcantone è esistito un altro legame indissolubile di Eugenio Schmidhauser: quello con Rudolf Fastenrath, dapprima suo docente nei giorni della scuola di perfezionamento professionale con indirizzo commerciale ad Herisau. Imprenditore tedesco dall’imprenditoria assai diversificata (dal trattamento delle malattie veneree al commercio di caffè, dalla musica all’omeopatia), per motivi mai chiariti Fastenrath prese sotto la propria ala tutti i fratelli Schmidhauser e di Eugenio fece il suo fotografo personale. Gli finanziò finanche gli studi alla prestigiosa accademia fotografica di Monaco di Baviera.
Seguendo le gesta del ‘mecenate’, Schmidhauser, che sognava di aprirsi uno studio dalle parti di casa, finì nel Canton Ticino quando Fastenrath vi comprò casa per tuffarsi in operazioni immobiliari e nella promozione turistica di questi luoghi (da fotografarsi, è ovvio). La leggenda, più che la storia, dice che Schmidhauser chiese di essere portato a Osteno e il vetturino alla stazione di Lugano capì Astano. Qualunque sia la verità, ad Astano il fotografo mise radici dimostrandosi un modello di integrazione, dal matrimonio con una ticinese all’elezione a sindaco del luogo di residenza, per lungo tempo e con tanto apprezzamento da parte della cittadinanza. Il giorno in cui passò a miglior vita, nell’aprile del 1952, la stampa locale disse del suo impegno politico, non un cenno alla fotografia. Sino alla sua riscoperta, negli anni Ottanta del XX secolo.
Nicoletta e Max Brentano (-Motta), Brugg AG. In deposito presso Archivio di Stato, Bellinzona
Festa campestre, Magliaso, 1910 circa, negativo su vetro
Al Masi c’è un corridoio di bambine, giovani donne, donne, nobildonne, ma anche un uomo quasi al buio e con occhiali, e un Cristo in carne e ossa (inteso come modello). Scolpite con la luce, sono le figure dello Schmidhauser artista. Vengono dagli anni di studio a Monaco di Baviera, dei quali una seconda teca raccoglie le fotografie degli studenti, quelle del corpo insegnante, gli attestati scolastici e un coraggioso ‘praticantato’ dell’allievo in mezzo alla neve.
Le certificazioni, si diceva. Lo Schmidhauser artista è anche e soprattutto nei paesaggi gardesani dei primi del Novecento destinatari di un certo numero di premi: la fotografia ‘Tra olivi e cipressi’, medaglia d’oro a Dresda nel 1909, i ‘Cipressi sul Lago di Garda’, bronzo a Roma al Concorso internazionale di fotografia artistica. Di più prettamente ticinese, il Masi espone estratti dalla serie riguardante il servizio postale nel Ticino rurale, portato a Berna nel 1914 per l’Esposizione nazionale.
Eppure, lo Schmidhauser artista puro pare di vederlo anche in mezzo alla cosiddetta “ricerca del pittoresco” di cui Palazzo Reali abbonda: c’è qualcosa di cinematografico e neorealista nella moltitudine ritratta alla ‘Festa campestre, Magliaso’, scatto del 1910 in cui una ragazzina guarda dritto verso l’obiettivo, tra i volti di un popolo non completamente allegro, in ombra o appena sfiorato dal sole; c’è un felliniano ‘Padiglione balneare di Villa Paradiso, Magliaso’ (casa Fastenrath), decadente più che bucolico, e un ordinato assembramento di bimbi seduti che seguono il declivio del Monte Rogorio, nella Astano di chi sta fotografando, uno stanziamento umano che con gli occhi degli anni Duemilaventi e poco più, pare una specie di flash mob. Dice bene Talamona, parlando di “una tecnica che forse nel Ticino del tempo nessun altro possedeva”.
Tutte le informazioni sulla mostra e gli eventi collaterali su www.masilugano.ch