Arte

La natura in transito di Teres Wydler

‘Nature in Transit’, installazioni, video, processi dell'artista di origini bernesi al Museo comunale d'arte moderna di Ascona fino al primo ottobre

Dalla serie Nat.Hist, 2023
5 settembre 2023
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C’è un pensiero di Teres Wydler, leggibile su una parete della seconda sala, che vale la pena di riportare perché getta un intrigante fascio di luce su una parte non trascurabile della sua poetica. Dice: “La natura si è costantemente evoluta attraverso milioni di anni creando molteplici forma di vita sempre più complesse. Potrebbe essere che la cultura umana sia solo una tappa intermedia di questa evoluzione che consentirà alla natura di raggiungere un livello più alto?”. Detto diversamente: stimolata dal nostro stesso agire la natura ci sopravanzerà, lasciandoci indietro e ignorandoci, oppure ci sono ancora reali possibilità di convivenza tra l’uomo – la sua cultura, la sua tecnologia avanzata – e la natura?

Bernese di origine, ma da decenni operante tra Zurigo e Intragna dove risiede, ricercatrice affascinata dalla scienza, ma immersa nella natura primordiale delle Centovalli, Teres Wydler è un’artista di ascendenza concettuale che si avvale di molteplici strumenti per fare arte, ma anche profondamente legata tanto ai temi della Terra quanto ai processi temporali dell’opera d’arte. Fin dai suoi esordi, a metà degli anni Ottanta, l’artista palesa i suoi interessi per la natura, per lo studio scientifico del mondo e delle sue leggi: ne è prova il ciclo Scienza e Mito considerati entrambi, nonostante la loro sostanziale diversità, “espressione dell’anelito alla conoscenza, strumenti con i quali l’uomo tenta di acquisire forze in grado di cambiarlo e farlo progredire”. Da allora in poi, tutta la ricerca di Teres Wydler altro non è se non una costante riflessione sull’indissolubile legame che, oggi più che mai, unisce natura – cultura e storia del genere umano, tra naturalità e artificialità: tanto nei suoi aspetti positivi, quanto in quelli perversi o distruttivi.


M. Agorri
Nat.Hist, 2023

Come si sarà compreso, l’artista non nutre pregiudizi contro la scienza o la tecnica, crede anzi, e auspica, una possibile intesa tra homo sapiens e natura. Sta di fatto, però, che al momento la questione è quanto mai aperta e suscettibile di sviluppi anche molto divergenti. Con la sua arte, in linea con la domanda provocatoria vista sopra, essa si (e ci) interroga sul nostro modo di rapportarci alla natura e sulle conseguenze, a volte anche drammatiche, dell’agire umano, come dimostrano infiniti esempi di invasioni di specie vegetali e animali non autoctone , oppure se c’è una via alternativa, una possibilità di cosciente interazione tra i due ambiti. La mostra site specific e multimediale in corso ad Ascona, già fin dal titolo “Nature in transit” (Natura in transito) evidenzia il cruciale momento di passaggio che stiamo vivendo, con la transitorietà che trascina con sé ombre di precarietà e smarrimento, perfino di eco-ansia derivante dall’incerto destino ambientale del pianeta.

Ecco allora che la rassegna asconese, nelle sue scansioni interne, induce a riflettere sul contrasto “tra la natura come forza primordiale, che sfugge al controllo dell’uomo, e la natura sempre più artificiale e ibrida, che costituisce il paesaggio addomesticato nel quale si svolge la nostra quotidianità. ” Come ha scritto Elio Schenini “se l’antropizzazione della natura è una necessità a cui l’umanità sottostà fin dalla sua origine e che ne ha contraddistinto tutta la storia, a costituire una novità tra l’uomo e l’ambiente naturale che lo ospita è invece l’enorme recente sviluppo della tecnica” per cui “assistiamo al diffondersi di una natura che, sottoposta a processi di manipolazione e di ibridazione biotecnologica, appare ormai intimamente contaminata dall’artificialità.” Il rapporto si è talmente rovesciato che la natura sopravvive non di rado in spazi residuali o viene sostituita da surrogati imbalsamati come ci dimostrano le fotografie della serie Transit Nature in apertura di mostra o l’installazione dal titolo Nat.Hist, del 2023.


M. Agorri
Rosas

Ma pochi passi più in là ecco un’altra opera della Wydler, emblematica nel suo genere, che sembra voler indicare la possibile via da seguire per uscirne. Fa parte della serie “De cultura”. Dopo aver sparso dei piccoli semi su una carta assorbente, l’artista ne favorisce e segue lo sviluppo aggiungendovi acqua, pigmenti di colore e sostanze metalliche ossidanti. A un tratto ne arresta la crescita ottenendo così dei quadri in cui Arte e Natura si incontrano e convivono: richiamano paesaggi primordiali dove si mescolano filamenti, apparati radicali, terre e acque, tutti coinvolti in uno stesso processo organico colto nel suo momento iniziale, frutto della comune interazione tra uomo e natura. Una linea di condotta sottolineata anche dall’interessante ambiguità del titolo: perché “De cultura” è espressione latina che potremmo tradurre con “a proposito della cultura”, con palese riferimento all’intelletto, ma originariamente, in latino, il termine ‘cultura’ (da ‘colere’, cioè coltivare) rinviava anzitutto alla coltivazione della terra: tanto che Cicerone disquisiva della necessità per l’uomo di sviluppare la ‘cultura vitis’ e la ‘cultura animi’.

Sta qui il tema di fondo dell’intera rassegna: non si può proseguire perseguendo un profitto unidirezionale e di mero sfruttamento, occorre invece un rapporto sinergico, complementare e di rispetto reciproco tra noi umani, la nostra scienza e tecnica, e la natura.

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