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Museo Villa dei Cedri: due mostre, una riflessione

Dal 18 marzo al 20 agosto, ‘Disappear Here’ e ‘Print Is a Battlefield’, fra tradizione e contemporaneità, i temi dei giovani artisti

Paul Rousteau, ‘Melvill Sea’ (2021)
(Cédric Eisenring)
17 marzo 2023
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Due mostre a sé, e non solo perché una sta al piano di sopra e l’altra a quello di sotto. Due mostre indipendenti ma con un’affinità, non immediatamente esplicitata. Non un colore netto, piuttosto una tonalità. «Emerge, e l’ho realizzato in modo compiuto alla fine del progetto: lavorando con artisti contemporanei, si ottiene un’immagine della società contemporanea; lavorando con scuole e amici che hanno figli adolescenti, anche. Resto scioccata del nostro essere generazione no-future, da quanta fatica facciamo a dare un futuro alle giovani generazioni. La doppia mostra interroga anche il ruolo del museo: cosa abbiamo fatto come attori della società? Il lavoro degli artisti esposti e dei curatori delle singole esposizioni aiuta il museo ad assumere il suo ruolo appieno».

Così Carole Haensler nel giorno del suo compleanno e nel decennale del suo ruolo di direttrice del Museo Villa dei Cedri di Bellinzona, dove sono aperte le mostre ‘Disappear Here’, curata da Rolando Bassetti – bellinzonese classe 1977, direttore del Centre d’art contemporain d’Yverdon-les-Bains’ (Cacy) – e ‘Print is a Battlefield’, curata da David Khalat – classe 1988, direttore di Edition Vfo (Verein für Originalgraphik), istituzione artistica senza scopo di lucro che dal 1948 promuove l’opera di artisti svizzeri e internazionali provando far reagire le antiche tecniche di stampa con gli odierni metodi di produzione.

Ai due curatori, Hansler ha letteralmente consegnato le chiavi di casa: «Ho ritenuto interessante invitare un’altra generazione di curatori, chiedere un nuovo punto di vista, per aprirci a nuovi artisti e proposte, rinnovando lo sguardo su questo luogo, anche per uscire dalle nostre conclamate abitudini».


Cédric Eisenring
Marc Bauer, ‘Batterfield V/Them’ (2023)

Scomparire qui

«Questo è il posto in cui 35 anni fa ho avuto i miei primi contatti con l’arte, che è diventata passione e poi promozione, il mio lavoro». Rolando Bassetti è nato a pochi metri da Villa dei Cedri. È al Cacy dal 2020. «Trentacinque anni dopo – dice introducendo quanto gli compete – il mondo è diverso, si fa più fatica ad avere speranza. ‘Disappear Here’ (titolo tratto da ‘Meno di zero’, romanzo di Bret Easton Ellis del 1985, ndr) è un tentativo di delineare lo spirito della nostra epoca cercando di aprire possibilità attraverso la riflessione, durante questo momento caratterizzato dal panico».

Tra dipinti, disegni, sculture, fotografie, video e installazioni, appositamente prodotte o adattate per l’occasione, l’immaginario di sedici artisti occupa il primo piano. Trasportati dal risultato emotivo, puramente personale, citiamo il panorama distopico di Line Marquis, la grande tela ‘Le Bosquet’ (2022), paesaggio in cui il cielo è di un arancio day-after e le automobili sono riconvertite in orti, ma ancora mezza speranza resiste (alcuni bimbi, e una minuscola Villa dei Cedri scampata all’Apocalisse). In questo interrogarsi sul ruolo dell’arte nel caos attuale, a tutta parete sta la riflessione su violenza e dominio messa in atto da Marc Bauer citando videogames (Battlefileld V) e cinema (‘Solaris’ di Tarkovskij); nel corridoio, la strana borghesia che pare infilarsi nella follia, ritratta in più episodi dalle matite di Lucie Kohler.

Nelle stanze deputate al dialogo, convivono da una parte (stanza 104) il decadentissimo banchetto in putrefazione di Patricia Glave, ‘Le Festin de Bellinzona’ (2015/2023), sorta di natura morta con la morte a tavola (teschi), il tutto interamente in ceramica; giusto di fronte, la disturbante figura femminile disegnata a matita da Caroline Tschumi (‘L'Île’, 2023). Poco più in là, nella 108, si guardano il confessionale vuoto di Matthieu Gafsou (‘Le Confessional’, 2012, il vuoto dell’abbandono in un non-luogo che sa di abbandono e non-fede, o almeno non più) e l’installazione di Anita Mucolli chiamata ‘Potential Players’ (2023), suddivisa in due elementi distinti chiamati ognuno ‘Potential Games’, e cioè un affascinante tanto inquietante accostamento (non solo materiale) di veterinaria e bondage che è da vedere ed, eventualmente, spiegare ai bimbi (buon lavoro).


M. Gafsou
Matthieu Gafsou, ‘Confessionnal’ (2012)

La stampa è un campo di battaglia

Nasceva 75 anni fa Edition Vfo, e il titolo ‘Print is a Battlefield’ riassume tanto la battaglia che l’artista combatte nell’atto di creare quanto le sfide imposte dell’essere artisti. Anche economiche, il doversi affrancare della stampa da quel secondo piano cui viene relegata rispetto ad altre arti. Al piano inferiore, le opere sono quasi 50 per 18 artisti, suddivise in sezioni: ‘Il campo della battaglia’, e cioè Walead Beshty (banconote da 1 dollaro come supporto di stampa), Raphael Hefti, Carmen Perrin, tra gli altri, a sfidare la tecnica; l’Antropocene di Julian Charrière e Vanessa Billy, sguardo sulla crisi climatica che ha nelle nere xilografie del primo, soprattutto in ‘Long Shot’, 2022, stampa su tavole di faggio, un simbolo della devastazione delle foreste pluviali.

In ‘Stampa e pittura: confini sfumati’, Pia Fries fonde entrambe nella serie ‘genau dies / just hier / wird das’ (2021); ‘Il superamento della bidimensionalità’ è nella pittura geometrico-astratta di Federico Herrero e la sua Costarica in ‘Uvita’ (2020), nel ‘Matterhorn’ (2020) in 3D di Karin Sander scaturito dai dati di Google Earth e nel cortocircuito visivo di ‘Kitten in a Kitchen’ (2020) di Elza Sile, il ‘gattino in cucina’ che si muove tra sagome di elementi d’arredo.

A chiudere la battaglia, ‘L’identità al femminile’, che dalle xilografie di ‘I’m Speaking’ (2020) di Selina Trepp (la figura è ispirata a Kamala Harris) va al ‘fragolone’ nero pop di Denis Savary (‘Corinna’, 2019), plastica termoformata che omaggia la scrittrice vodese Corinna Bille, quella di ‘Fragole nere’ (1968).

‘Print Is a Battlefield’, per concludere, rende il Museo Villa dei Cedri parte del trittico celebrativo dei 75 anni di Edition Vfo, completato dalle tappe al Musée Jenish Vevey e al Kunsthaus Grenchen (informazioni ed eventi collaterali su www.villacedri.ch).


Edition Vfo
Federico Herrero, ‘Uvita’ (2020)

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