Letteratura

La poesia dialettale perde una voce: è morto Fernando Grignola

Lo scrittore natio di Agno (vi era nato nel 1932) è deceduto all’età di novant’anni

Grignola in una foto di dieci anni fa
(Ti-Press)
22 agosto 2022
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Som óm da tèra e da lâgh /cressüt sótt ar ciel dar piân d’Agn cur miracol da gént e natüra dar Malcantón, ai spall. Questi due versi, da soli, cristallizzano la figura del poeta e scrittore Fernando Grignola, voce lirica rappresentativa della produzione letteraria in lingua, ma soprattutto in dialetto, della Svizzera italiana, morto oggi all’età di novant’anni.

Con stile scarno ed essenziale, Grignola ha raccontato in versi la sua terra e i suoi abitanti (con eco pavesiane), ma senza guardare al passato con nostalgia. Il poeta di Agno consegna alla storia frammenti di narrazioni quotidiane di una civiltà rurale confrontata con l’avvento della modernità, che diventano universali. Vicende che Grignola ha raccontato in dialetto: il "latte materno", la lingua abbarbicata a facce e faccende umane, spontanea e quindi fortemente vera. Nella trasmissione Rsi ‘Il gioco del mondo’ a tal proposito lo stesso poeta aveva detto che parlare in dialetto è per lui "come liberare un fiume". Circa l’adozione della lingua materna, mettendo da parte la lingua italiana, il manifesto grignolano sanciva la volontà di insistere col dialetto per riaffermarne la dignità come espressione poetica, da non relegare a generi riduttivi come le "bozzinate", a ruoli subalterni e caricaturali.

Nato nel Trentadue (era il 26 agosto) ad Agno, Grignola è cresciuto nei "tempi grami" e ben presto ha dovuto imparare un mestiere, sebbene i suoi insegnanti delle Maggiori (soprattutto la maestra Maria Boschetti Alberti) insistessero col padre fabbro e la mamma perché lo facessero continuare a studiare. Così non fu e, per quindici anni, Grignola lavorò come postino a Caslano, in seguito in una ditta dove nei ritagli di tempo scriveva e scriveva, seguendo l’esortazione di qualche anno prima della maestra Boschetti Alberti.

Incontro di cesura è quello con Sergio Maspoli, che lo invitò a partecipare al lavoro del Teatro Popolare alla radio. Maspoli aveva scoperto il talento di Grignola in occasione di un concorso del ‘Cantonetto’. La sua prima raccolta poetica in dialetto – ‘Ur fiadaa dra mè gént’ – è stato pubblicato nel 1965. Da lì la produzione si intensifica. Delle sue sillogi liriche (una dozzina circa) ricordiamo ‘La mamm granda da tücc’, premiato nel 1985 dalla Fondazione Schiller; ‘Radìsa innamùrada’, canzoniere insignito del Premio Schiller per la letteratura della Svizzera italiana, nel 1998; ‘Visin Luntán’ (1999).

Grignola è stato anche autore teatrale prolifico, soprattutto di opere radiofoniche per ‘La domenica popolare’, trasmissione della Rsi. Nel decennio che va dal 1985 al 1994 è produttore dei settori ‘teatro popolare’ e ‘Dialetto’, prendendo il testimone dal suo predecessore Sergio Maspoli.

A familiari e amici giungano le condoglianze di tutta la redazione de ‘laRegione’.

Chiudiamo questo ritratto breve senza pretese con una poesia dalla raccolta ‘Visin Luntán’ (1999) che testimonia – ci sembra – la fiducia che il Grignola ha sempre avuto nei confronti dei giovani, ‘Ra fiümana senza fín’:

Ur mumént püssée bèll/ d’alegría e fantasía/ l’è quánd ma fâgh portà via/ dra fiümana senza fín/ da ridüd e riciàmm/ di stüdent che a gòra fö/ avícc farnìtich/ dai tanti scör dar múnd.// Alüvión ch’a sbrínza speránza/ incúntra ’ra vita.

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