Arte

Ha cent’anni il Senecio di Klee, ma è ancora un bambino

Lo sguardo assorto negli occhi grandi, la bocca piccola e muta… Al Kunstmuseum di Basilea davanti a uno dei suoi capolavori

Paul Klee, ‘Senecio’ (1922)

Prima scena. Siamo al Kunstmuseum di Basilea davanti a uno dei suoi capolavori. Entrando nel sito nel museo e cliccando sulle opere ‘in risalto’ avevamo già notato che Senecio di Paul Klee compare secondo dopo un ritratto di Hans Holbein il Giovane. Uno di quei dipinti che vale da solo una visita? Se non altro per rendergli omaggio: compie un secolo quest’anno.

Ha cent’anni il Senecio di Klee ma è ancora un bambino. E non doveva più esserlo da un certo momento in avanti. Se il titolo fa ancora litigare gli interpreti (Klee con i titoli ha sempre giocato, come con i dipinti), il sottotitolo è inequivocabile: "Presto vecchio" (Baldgreis). E sembra un bambino dipinto da un bambino. La giovane età non si discute. La testa quasi un O di Giotto, la bocca solo accennata, due quadratini viola che si toccano per la punta, le guance rosa. La prima scena siamo noi, chi scrive e chi legge, davanti a questo quadro che non è quadrato per soli sette centimetri (44,3 per 37,4), e al ritratto che racchiude: su uno sfondo ocra, giallo, arancio un faccione composto di tessere in cui le linee dritte si alternano alle curve. Insieme al rosa delle guance, si notano le parti bianche (il mento), gialle (i bordi del viso), ma prima le tonde e rosse pupille. In questa prima scena guardiamo soltanto. Scacciamo le domande importune. Soprattutto quelle che iniziano con «perché».

Volendo cercare di approfondire faremmo delle ipotesi e il nome di varie correnti artistiche, sperando di concludere nel modo più conciso. Klee si avvicinò con enorme serietà, da vero critico, a ogni corrente del tempo, cubismo e dadaismo, surrealismo e costruttivismo, fino a inglobarle e, una volta davanti alla tela, rovesciarne il senso: per gioco e ironia, per insufflare il suo spirito lieve e vitale sempre intento a ricercare un’unità contro le disgregazioni proprie delle avanguardie, in tutte le rigidezze che la storia dell’arte, spaventata dalla Storia, gli andava disseminando intorno. La prima scena sta per terminare. Ci rimettiamo davanti a Senecio che diventa sempre più piccolo invece di crescere e ci attrae come prima. Sarà un po’ vecchio per la grande serietà? Lo sguardo assorto negli occhi grandi, la bocca piccola e muta… Come a volte ci appaiono i bambini, gravi e che hanno già capito, vissuto e sofferto tutto. Il che non è escluso.

Seconda scena. Berna, 1937. Picasso, il grande e rivoluzionario, il molteplice, astuto, vitalissimo, fuori dalle opere più che dentro, insondabile e reticente Picasso va a trovare Paul Klee. Fa visita a Klee condotto o trascinato da un amico comune, Bernhard Geiser. L’ora dell’appuntamento, le 16, è vicina ma si distrae continuamente. Si perde nelle sale di un museo. Fuori dal museo si infila in una pasticceria, per non andare a mani vuote forse, pensa il suo compagno. Ne esce con un sacchetto di marrons glacés che inizia a mangiare, infilandone un altro in bocca all’amico. Il bel catalogo in cui trovo la testimonianza dedica all’evento tre pagine bordate di blu: ‘La visite de Picasso chez Paul Klee à Berne en 1937’. Preziose pagine in cui c’è tutto Picasso con le sue 120.000 opere e tutto Klee. Uno che aspetta a casa un altro che non arriva. Una lettura in principio curiosa, poi che infastidisce e infine penosa di due diverse pene, quella per Picasso e quella per Klee. Il quale, data per sfumata la visita, si è già messo la vestaglia. Imbarazzi da parte di due dei tre presenti, invito a entrare nel laboratorio, Picasso che trova una poltrona e la occupa immediatamente. Inizia a scorrere i fogli che Klee gli va mostrando. Senza commenti, con qualche domanda riguardo alle tecniche. Forse si videro un’altra volta molti anni prima a Parigi, ma non è sicuro. Questa però fu l’ultima perché Klee morirà tre anni dopo.

Bernhard Geiser si era trainato Picasso per tutta la città, con le esortazioni prima e dopo tirandolo per il braccio. Poi trova Klee tra indispettito, imbarazzato e gentile. E Geiser che ama l’uno e l’altro racconta soltanto: registratore un poco emozionato. Un uomo che ha conservata intatta l’infanzia dentro di sé, Paul Klee, visitato da un uomo che decide di comportarsi puerilmente.

E siamo di nuovo all’infanzia. Ma le cose forse sono un po’ diverse: Paul Klee più probabilmente era, non un adulto con dentro un bambino ma il contrario.

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