Arte

Museo d'arte Mendrisio: 'Da ieri a oggi', linee del ritorno

La storia del museo in un contemporaneo 'di lungo respiro' nelle parole del direttore Simone Soldini. Fino al 9 agosto, non più online (aspettando Derain)

Cesare Lucchini, Senza titolo (2008, olio su tela Museo d’arte Mendrisio)
9 giugno 2020
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Le sedie disposte in modo simmetrico nella sala che apre la mostra, vigilata dalla ‘Figura in piedi’ di Aldo Ferrario, formano una duplice trama: quella ideale di un racconto anche doloroso durato tre lunghi mesi e che ancora non ha titoli di coda, e la trama visiva che cattura l’occhio tra le ‘Linee del contemporaneo’ esposte al Museo d'arte Mendrisio, dov’è aperta – per restarlo sino al 9 agosto 2020 – ‘Da ieri a oggi’, mostra che segna la riapertura di un museo costretto a una quarantena online e oggi tornato tangibile. «Innanzitutto, era forte l’esigenza di riempire il vuoto. La cosa migliore era ribadire che il museo è un punto di riferimento per la regione, per riportare attenzione sulla stessa e sui nostri artisti». Questo il significato della mostra così come spiegato dal suo direttore Simone Soldini, in quello che pare un approfondito 'dove eravamo rimasti?' assai ticinese che in questo caso è «la storia del contemporaneo presente sino a oggi nelle nostre collezioni, un contemporaneo stimolato e arricchito dall’acquisto di nuove opere attingendo a parte dei contributi di pubblica utilità del Casinò».

'Un contemporaneo di più lungo respiro'

Dove inizia il contemporaneo a Mendrisio? «Dobrzanski o Max Huber fanno ancora parte del contemporaneo?» si chiede il direttore. E la risposta è «sì perché sono ancora vitali, perché non abbiamo voluto chiudere alla pura attualità, ma a un contemporaneo che ha un suo percorso, di più lungo respiro». Quanto all’Huber vitale, il suo ‘Nucleo bianco’ datato 1976 sta a un metro della videoarte dei giovani Gianmaria Zanda (‘Piano sequenza’, o un insieme di essi, della durata di un minuto e poco più), Vincenzo Meyer (‘Il Tempo’, che di minuti ne dura sei), l’animazione vettoriale di Timothy Hofmann e, giusto di fronte,  i primi piani di uomini e animali di Tommaso Donati, a fianco della Mendrisio urbana ritratta da Gian Paolo Minelli. «Ci è sembrato giusto – continua Soldini – immettere artisti molto giovani sui quali ancora non c’è una storia, e dei quali non sappiamo ancora se avranno una storia. Pensiamo che per il contemporaneo è spesso un discorso di azzardo, ma è importante far sentire la nostra presenza». Tutto questo nel sempre più moderato ‘sconcerto’ creato dal rapporto tra tela e chiavetta Usb, a collegare stili ed epoche.

In nome di un percorso concepito «per nuclei, cercando affinità tra le opere, non solo per stili e linguaggi e nemmeno in sequenza cronologica», stanno così i bronzi di Selim Abdullah con quelli di Paolo Selmoni, i ‘neri’ di Raggenbass e Dobrzanski distanti vent’anni, due recenti ‘Onde’ di Petra Weiss e tutto quanto va – in ordine alfabetico – da Sibilla Altepost (perché Abdullah l’abbiamo già citato) a Piera Zürcher, in una scelta generalmente ricaduta «sull’opera della maturità avanzata, a dire che spesso le opere di artisti che hanno fatto un percorso verso la maturità si liberano, soprendendo ancora».

Derain, finalmente 

Da Barbara Paltenghi Malacrida, storica d’arte e collaboratrice scientifica, il temporaneo bilancio sul museo rinato, stimolato dalla chiusura forzata a una profonda riflessione sulla propria multimedialità, materializzatasi nell’immediatezza dello stop nei cinquanta video da un minuto e mezzo ciascuno per altrettante opere, piccola ‘rassegna’ web iniziata lo scorso 12 maggio e conclusa ieri con gli ultimi due prodotti. «Un modo per illustrare anche lavori non visibili attualmente, ma custoditi nel deposito». La quarantena ha portato al potenziamento del sito, ora accessibile da tutti i supporti e arricchito in immagini e contenuto, con sezione dedicata a Casa Pessina. Forte anche dell’annunciata rete dei musei del Mendrisiotto, joint-venture artistica che sarà presentata «entro la metà di luglio» (cfr. laRegione dello scorso 6 giugno), tutto è nuovamente pronto per ospitare ‘André Derain. Sperimentatore controcorrente’, mostra sul grande del Novecento fermata in aprile dal virus e per la quale prestatori, collezionisti privati e musei hanno rinnovato la loro fiducia: «La mostra – conferma Paltenghi Malacrida – avrà luogo così come concepita in aprile». Ma dal 27 settembre al 31 gennaio 2020. Tutti i dettagli, a partire ‘Da ieri a oggi’, sul neonato www.museo.mendrisio.ch.

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