Da Segantini a Previati a Longoni, uno sguardo al movimento artistico che, a fine Ottocento, è partito dal Neoimpressionismo aprendo alle avanguardie

Divisionismo è il termine con cui in Italia viene identificato quel particolare modo di far pittura – si tratta quindi di linguaggio, non di soggetti – che, grazie al pittore e critico Vittore Grubicy, si era diffuso anche a Sud delle Alpi, soprattutto tra Piemonte e Lombardia, nel solco del Neoimpressionismo o Puntinismo francese. Fece la sua apparizione ufficiale nel 1891, in occasione della Triennale di Milano dove figuravano pure alcuni dipinti divisionisti che crearono scompiglio; si sarebbe poi prolungato fino verso il 1920. La bella mostra in corso al Castello di Novara – visitabile, in caso di revoca delle misure restrittive, fino al 26 aprile – si posiziona idealmente al centro di questo territorio subalpino che, con il vigezzino Carlo Fornara, arriva fin dentro il nostro paese, ma non presenta artisti svizzeri.
La rivoluzione operata dall’impressionismo consisteva nel tradurre l’emozione della pittura en plain air attraverso la mobilità del colore e lo sfrangiamento della luce, grazie a piccoli tocchi, fiocchi, pennellate di colori puri accostati direttamente sulla tela e non mescolati sulla tavolozza. Ma procedevano secondo il loro libero sentire. Nel 1884 Seurat e Signac, sulla base di rigorosi studi scientifici (da Newton a Chevreul) sulla luce e sul colore, vollero dare un fondamento scientifico al processo della pittura, realizzando così il superamento dell’impressionismo “romantico” di Monet e Renoir a favore di quello “scientifico”. A monte – siamo in epoca positivistica – operava una grande fede nella scienza: se, come aveva dimostrato Newton, la luce corpuscolare apparentemente “bianca” in realtà è la sintesi di una gamma cromatica racchiusa al suo interno, allora era possibile che mettendo i colori in certo qual modo, secondo una certa logica e tecnica, si sarebbe potuta ottenere una pittura molto luminosa.
Per pura coincidenza, nella Triennale milanese del 1891, i due artisti più rappresentativi del divisionismo italiano presentarono due opere di analogo soggetto, affini nella tecnica ma assai lontane nello spirito: da una parte Giovanni Segantini con Le due madri (1889), dall’altra Gaetano Previati con Maternità (1890), presente in mostra e considerata il manifesto di quella pittura divisionista-simbolista che Vittore Grubicy – loro fervido sostenitore – definiva “ideista” perché non vi si rappresenta una mamma con bambino, ma un’idea di maternità. Molto diverso Segantini, per certi aspetti opposto: di tanto Previati si impenna verso temi alti, letterari, mitologici e simbolisti; d’altrettanto quel primo Segantini tende a un divisionismo raso terra e naturalistico: una madre con il suo bambino accanto ad una mucca con il suo vitello, il tutto dentro il tepore e la luce ovattata di una stalla. Si trattava insomma di orientamenti molto dissimili, anche quando il naturalismo di Segantini si carica di un sentimento di fusione panica con la natura o di una spiritualità connaturata alla vita: come nel celebre Ave Maria a trasbordo del 1886 che, realizzato a Savognin, costituisce il primo dipinto in ordine cronologico del divisionismo italiano. Ma la varietà dei suoi filoni interni si fa ancor più chiara quando si considerano pure gli altri dipinti esposti nella rassegna del 1891, primo fra tutti L’oratore dello sciopero di Longoni, di chiara denuncia politica e legato a eventi di stretta attualità sociale. La mostra di Novara, nelle sue varie sezioni, ne dà un ricco campionario.
La differenza tra il divisionismo italiano e il “puntinismo” francese, che comunque lo precede e a cui deve i fondamenti della sua ricerca, non consiste solo nella varietà dei suoi soggetti, ma anche nelle soluzioni formali lasciate alla sensibilità di ogni singolo artista: dal puntinismo di Pellizza da Volpedo al fitto intreccio di filamenti, anche molto mossi, che si sintetizzano nell’occhio dell’osservatore tipico di Segantini. Non ci fu quindi un’interpretazione condivisa e univoca della nuova tecnica, ciò che si spiega tenendo conto dei diversi contesti sociali e artistici tra Francia e Italia. Se Seurat e Signac partono dall’impressionismo, tanto nei soggetti quanto nella forma, e arrivano poi al trionfo della luce-colore applicando precise regole di ottica, Segantini, Pellizza da Volpedo, Previati provengono dalla scapigliatura o dal realismo sociale, passano attraverso il simbolismo ma non possono ignorare le diverse realtà storiche e sociali. Per questo il divisionismo italiano prenderà alla fine una configurazione tutta sua e diventerà elemento cruciale nel passaggio verso il Futurismo che costituirà davvero un punto di snodo verso la rivoluzione delle avanguardie.