Culture

'Cara Mina, io sto qua' (intervista a Tiziano Ferro)

Tiziano Ferro
23 dicembre 2017
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Mancano ancora tre ore allo showcase, e giovani donne in buon numero già si aggirano come sentinelle all’ingresso della Rsi. Alcune pattugliano il parcheggio, altre passeggiano lungo la salita che porta alla Tv di Stato. Al caldo del quinto piano, nel frattempo, Tiziano Ferro e il suo corredo di sorriso e buone maniere si siede davanti alla varia umanità della carta stampata per raccontarsi. Generosamente, come d’abitudine. L’occasione è il live di lì a poco, ma anche un’edizione di lusso del suo ‘Il mestiere della vita’. «È lo stesso disco, ma prodotto come l’avrei prodotto oggi. Nato come idea discografica, evoluta in una sorta di divertimento».

Che il disco sia lo stesso è una parziale verità. Data dal fatto che il secondo supporto contiene materiale aggiuntivo. A partire dal Tenco alla maniera di Ferro presentato a Sanremo in veste di ospite. «La musica per me è una storia di passione, disperazione, consegna. Una missione. Non ne ho mai fatto una cosa leggera. La storia di Tenco mi ha sempre provocato una specie di ossessione. Quel prendersi così sul serio tanto da non voler vivere più». Una scelta, quella di cimentarsi in ‘Mi sono innamorato di te’ che per l’artista «da un certo punto di vista è stata una follia, perché si parla di quel repertorio di intoccabili che forse non si dovrebbero mai affrontare. Ma ne ho voluto fare una questione didattica, ho sentito il dovere di trasmettere alle nuove generazioni nuove informazioni. Questo non perché quel patrimonio possa estinguersi, ma per un atto di forza nei confronti di chi ancora guarda il Festival. Un modo per dire “Ok il nuovo, ma ricordatevi di quanto è successo”». Com’è andata, dunque? «Ora è bello parlarne, ma ti assicuro che c'è voluta forza».

Si va di nome in nome e di guest in guest cominciando da Levante – «Ascoltando il suo disco mi sono convinto che avevamo qualcosa in comune. Parla dell’amore declinato in tantissimi modi. Rabbioso, passionale, senza mai essere ridondante – per arrivare a Fabri Fibra (in duetto alla tv italiana) – Fibra non è diverso da me, ha quella base di atteggiamento da disadattato della quale vado orgoglioso – fino ai massimi sistemi, quando si parla di popolarità: «Ho iniziato come corista per i Sottotono, e il rap al tempo era assolutamente fuori moda e non commerciale. Ora è mainstream. La linea tra popolarità e prodotto di nicchia a volte è il caso». E tra i massimi sistemi, l’amore-odio per i social. «Ho iniziato con MySpace, lo gestivo da me. Questa modalità spersonalizza e obbliga tutti ad avere un’opinione sempre anche se non ce l’hanno. Questa necessità ha creato piccoli mostri, che abbruttiscono l’animo di chi li usa. Ho spiegato a tutti che mi vengono meglio altre cose...».

La pazienza, un privilegio

Il passo dal web alla notizia della settimana, ovvero dell'assoluzione dell'artista da ogni capo d'accusa in merito alla presunta evasione fiscale, è breve. Ferro è assolto con formula piena, sentenza che non può non aver lasciato strascichi. «Una situazione agghiacciante, infondata, strutturata con il solo fine di cercare esposizione mediatica. Sono stato una vittima completa dall’inizio alla fine, condannato a prescindere. Ho scelto il profilo basso, mettendo davanti a me soltanto la verità». Non c'è più trippa per gatti da dare in pasto agli haters, quelli che «aspettavano soltanto si aprisse la finestra dalla quale entrare. È interessante vedere come si muovono sciacalli e avvoltoi». Nel trambusto, il cantante cerca di trovare del buono, in ogni caso: «Io ce l'ho fatta. Penso a chi è rimasto schiacciato dall'ingiustizia. Mi porto a casa l’insegnamento, rafforzato dal punto di vista della pazienza. Ecco, nel 2017 avere pazienza è un grande privilegio».

Con lui, che Sanremo da giovane gli chiuse le porte per riaprirgliele da ospite d’onore, planiamo a distanza sull’edizione alle porte: «Mi incuriosiscono i Pooh de-composti... nel senso di de-strutturati, mi raccomando, scrivete giusto, non vorrei essere frainteso. Aprire il televoto all'interno dei Pooh è una cosa che non mi sarei mai aspettato. Eppure Baglioni è riuscito a farlo. Interessante, non vedo l'ora di vederlo». Di questo Sanremo, Ferro può già dire che «la canzone di Nina Zilli è stupenda». Dichiarazione che porta con sé un piccolo conflitto d'interessi – «uno degli autori del pezzo è Giordana Angi, che ho preso a cuore da qualche anno e sto crescendo. Lo dico con un po' di sana presunzione» – ma anche la soddisfazione di aver scovato un’autrice – «Mancano i talent scout, manca chi ascolta i provini, poca pazienza, poco tempo. È un lavoro da artigiano».

Brevi tratti di vita. La scrittura: «Scrivo perché mi va di scrivere. Anche se facessi il pasticciere, scriverei canzoni per il piacere di farlo». Altri tratti di vita. Los Angeles: «Vado in giro, scopro posti nuovi, guardo tutti i film che escono». Ulteriori tratti di vita. Michele Canova: «È una mia estensione. E viceversa». E poi la famiglia: «Devo a loro quello che gli americani chiamano “to stay teachable”, il tenere la porta aperta, accogliere nuove informazioni». Gli ricordiamo di un desiderio espresso sul palco dell’Ariston, ovvero produrre Carmen Consoli, al di là del duetto 'Il conforto' (in scaletta più tardi). «Se Carmen non perdesse un telefono al mese... È più scollegata dal mondo di me. La vedrei in un mondo Mina-Anni 60, ballad vintage, con voce da contralto». E a proposito di Mina: «Lo dico senza polemica, penso di aver scritto più canzoni per lei che per me stesso. Comunque: cara Mina, io sto qua. Te ne invierò altre. Male che vada me le canto da solo».

L'Auditorium è 'Lo stadio'

Non c’è insonorizzazione che tenga all’Auditorium della Rsi. Malgrado tutto il buon legno per le giuste frequenze, il piccolo forum è 'Lo stadio' ben prima del pezzo di chiusura. «Non è un Buon Natale senza questo appuntamento», dice l'artista dal profondo del suo gilet nero, sotto il quale c'è un cuore che vacilla nei ringraziamenti finali, segno di riconoscenza e, forse, di una ritrovata serenità. Il trio acustico alle spalle (al piano il bravo Luca Scarpa) si infila in poca, misurata elettronica dando luce diversa a '”Solo” è solo una parola' e 'Valore assoluto'. Con 'No vacancy' che apre una finestra su Ed Sheeran ('Shape of you'), è pura condivisione per quasi un'ora. E visto che «Condividere è curativo», lo dice l'autore, 'Il mestiere della vita' (canzone) ci sta come il rosso su Tiziano. Rosso come le rose che la star raccoglie stringendo mani su 'Incanto', prima di un arrivederci che non è un addio.

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