Culture

Oggettistica in vinile

4 novembre 2017
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‘La liceale’, ‘La supplente’, ‘La dottoressa del distretto militare’, ‘L'insegnante va in collegio’, ‘L'insegnante viene a casa’ (‘L'insegnante vada un po’ dove le pare’, viene da dire). In questi cinematografici surrogati d’erotismo italiano, una lei disinibita e un lui concupiscente, oppure sociopatico, si affrontavano in schermaglie pseudo amorose destinate a concludersi o con un nulla di fatto, oppure con un fugace congiungimento. Durante il quale lei accoglieva tra le gambe soltanto una delle gambe di lui, perché la posizione integrale del missionario (anche da vestiti) al tempo era passibile di censura. Quella stessa censura che, pur autorizzando le grazie dell’icona (iconcina) Gloria Guida, imponeva in ‘Questo piccolo grande amore’ il cambio di “la voglia di essere nudi” con “la voglia di essere soli”.

Lasciando da parte l’incolpevole Baglioni. A rompere l’imperante clima di voyeurismo da buco della serratura dei primi anni settanta, arrivò una giovane ungherese dall’italiano incerto che in una trasmissione chiamata (non a caso) ‘Voulez-vous coucher avec moi’ – in onda tra la notte fonda e l’alba – dissertava di sessualità in diretta telefonica con i fans, tra gemiti e irresistibili slogan pacifisti come “Se faremo l’amore, distruggeremo la violenza”. In una delle prime radio libere, Radio Luna, nel 1975 lavoravano future star della tv (Marta Flavi) e musicali (Claudio Coccoluto), compresa tale Ilona Staller che nessuno aveva mai visto in volto o altrove (spoiler: dato il tema trattato, il doppio senso è sempre in agguato, anche involontariamente).
Nel 1977, quel fenomeno mediatico iniziato dal basso con mezzi economici da canale YouTube fatto in casa fu addirittura oggetto dell’analisi sociologica di Enzo Biagi. Ospite del suo programma ‘Proibito’, la stessa Staller con orsacchiotto di peluche, sarcasticamente definita dal giornalista “la Callas del sesso”, più realisticamente “una specie di assistente sociale” (e il compagno Riccardo Schicchi, tra il pubblico imbarazzato, “una specie di Guglielmo Marconi”). In trasmissione, anche una giovanissima Eleonora Giorgi, al tempo musa del nudo d’autore, che definiva il prodotto di Ilona “una cosa commerciale e capitalista”. Forte del successo radiofonico, così come Renato Zero aveva i suoi “Sorcini”, Ilona Staller aveva i suoi “Cicciolini”. Da qui, il nome d’arte.

Premessa, forse tardiva: non si vuole qui riepilogare la figura di Cicciolina, della quale il pubblico conosce praticamente tutto. L’occasione è invece la ristampa del vinile ‘Ilona Staller’, il cui costo si aggira sui 18 euro. Fosse la copia originale dell’epoca, di euro ne varrebbe 100 (autografata, il doppio). Potrà sembrare strano, ma l’attrice e cantante (il secondo è un eufemismo) – già parlamentare della Repubblica italiana nelle file del Partito Radicale – tra i collezionisti del vinile continua ad avere quotazioni da album di Frank Sinatra postumo. Soprattutto oggi che il rinnovato interesse per l’oggetto ne ha fatto impennare la richiesta. Entrando ancor più nello specifico, il 45 giri ‘Muscolo rosso’ (1988, dal contenuto letterario chiaramente di nicchia) vale due volte la stampa giapponese di ‘Help’ dei Beatles e dieci volte quella inglese di ‘Miss you’ degli Stones.

L’album eponimo della Staller è datato 1979, arriva prima della deriva porno dell’attrice e contiene brani da ‘Cicciolina amore mio’, lungometraggio che s’inserisce nel filone soft liceale-insegnante-dottoressa e che non ha fatto la storia del cinema (e il motivo è che è brutto). Vista con gli occhi di oggi, la copertina dell’lp mostra una Staller dalle nudità abbondantemente castigate. Niente a che vedere con quelle ostentate da Fausto Papetti, sassofonista italiano naturalizzato svizzero la cui produzione è contrassegnata da figure femminili in bilico tra il nudo integrale e il vedo-non-vedo (ma più che altro vedo). Quanto al contenuto musicale dell’opera (eufemismo), spicca “Cavallina cavallo” (con errore del grafico, una “a” mancante in mezzo ai quadrupedi), scritta e arrangiata – pura verità – da Ennio Morricone per il film “Dedicato al mare Egeo”, protagonista l’interprete. Il brano ben si presta alle doti vocali di Cicciolina, per quel cantato sussurrato e senza testo, condito da risatine innocenti (abbiamo tradotto per voi la prima strofa: “Tia, tibidittiappai, tibidippaippai. Tibittiittii ti-tibidi-ti, tibidittiattae, iabada”). Nel resto del disco, fatta eccezione per una cover di Leif Garrett, l’allusione regna sovrana, come in ‘Pane, marmellata e me’ e ‘Labbra’, brani il cui titolo è una dichiarazione d’intenti.

Un tempo stipati in zone impervie del negozio di dischi, oggi in vista sugli scaffali dell’Iper di Varese tra ‘Canzoni per me’ di Vasco e ‘Volume I’ di De André, i sussurri di ‘Cavallina cavallo’ e i doppi sensi di ‘Labbra’ non fanno più scandalo. Anzi, con liriche come “Più su, sempre più su, va nella mente va, sarà l’idea che accarezzerò nell’attesa che sia fatalità”, non siamo poi così lontani da “noi coperti sotto il mare a far l'amore in tutti i modi, in tutti i luoghi in tutti i laghi”. Non ci siamo scandalizzati per Valerio, dovremmo farlo per Ilona?

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