
Il suo best of è quello che ogni best of dovrebbe essere: essenziale e rappresentativo, a partire dal titolo. “Io sono” è l'album/raccolta di Paola Turci, essenziale nella produzione artistica di Francesco Dragogna (Ministri, La Luce della Centrale Elettrica), rappresentativo di un'intera carriera e insieme del corso più recente della cantautrice romana. Il lavoro di produzione restituisce “Mani giunte” alla sua forma ante J-Ax, sveste da ogni fronzolo anni '90 “Stato di calma apparente” e ci consegna scarna sino all'osso “Bambini”, per rivelarne la splendida essenza fatta di violoncello, voce e poco altro. Una voce che a Bellinzona canterà il prossimo 6 dicembre (teatrosociale.ch/ticketcorner.ch) e che prima ancora ha cantato per noi di leggerezza, di donne e di musica...
“Alcune canzoni avevano urgenza di essere alleggerite, smontate e rimontate in una nuova versione, mettendo le parole e l'interpretazione al centro. Cercavo un vento più leggero rispetto a quelle sonorità che ci hanno contraddistinto in quegli anni di riverberi e multieffetti. Volevo far suonare la verità, l'autenticità delle canzoni”.
Una raccolta che dal punto di vista sonoro parte dal 2001, anno del distacco dalle major per l'approdo ad un circuito indie che l'ha accolta a braccia aperte, scevro da pregiudizi sanremesi...
“Molti dischi li ho prodotti da sola, quindi se per indie intendi slegata dagli schemi, allora sì, la mia musica è anche quello, e ci sto bene dentro. Dopo i dischi di cover ho cominciato a scrivere le mie canzoni e questo mi ha portato ad approfondire. Alla fine di tutto, non mi sento di appartenere a nessun tipo di etichetta, non sono appieno né una cantautrice, né un'interprete, né una che fa musica indie. Mi piace sperimentare musica, mi piace capire cosa c'è dentro e perché, così come mi piace sperimentare produttori diversi, alcuni anche lontani da me, come Federico Dragogna”.
La cover del cd è un ritrovato primo piano fotografico, a viso pieno, bene in vista i segni di un incidente automobilistico del '93 celato per anni da lunghi capelli neri. Se il volto ancora nascosto sulla copertina del libro “Mi amerò lo stesso” (Feltrinelli) fa sembrare la sua autobiografia una cura, la “nudità svelata” di quest'album ci dice di una guarigione...
“E' stato un percorso lunghissimo, ma ci sono arrivata. La biografia è stato un ottimo antidoto alla paura e questo disco pensato mentre scrivevo il libro è la sua continuazione. Liberate le canzoni nei suoni, liberata io stessa nella fotografia, discorso che vale per entrambe”.
Donna di riferimento del songwriting al femminile, nelle donne ha cercato e ancora cerca forza, intesa come voglia di combattere...
“La mia prima eroina è stata mia madre, che mi ha insegnato l'autonomia, l'indipendenza, l'essere donna con rigore e non attraverso l'aspetto ludico della femminilità. Poi Patty Smith e alcune poetesse, tra cui Alda Merini. Mia sorella è l'attuale mia ispirazione in termini di forza. Ho conosciuto di recente Lucia Annibali, che in questo senso mi ha dato la prova dell'esistenza di donne straordinarie”.
Ha dichiarato che garantirsi una lunga carriera oggi è più difficile che in passato, ma ha detto anche che è sicura che un talent l'avrebbe scelta. Le abbiamo chiesto cosa avrebbe cantato davanti ai giudici...
“Posso sceglierne due? Sarei andata voce e chitarra e con un pezzo strasentito che mi piace sempre, “Because the night” di Patty Smith nella versione acustica. E poi “Red football” di Sinead O'Connor. “Universal Mother” è un disco che ho bevuto come fosse acqua”.
L'appuntamento è nell'intimità del Sociale, fra pochi giorni...
“Sarà uno spettacolo che parte dalla sola voce e arriverà alla festa, attraversando tutta la mia musica. Ho scelto anche alcune canzoni per pensare, come “Il gigante” e “Questa parte di mondo”, sulle quali ci si può concedere di riflettere. Oggi ancora di più credo sia importante non smettere di farlo...”.