Il consigliere nazionale Udc sulle accuse del Plr sull'iniziativa popolare per la limitazione: ‘I liberali ormai sono lobbisti dell'Ue a Palazzo federale’
Prima il presidente nazionale del Plr Thierry Burkart ad annunciare alla stampa addirittura un comitato contrario, poi su queste colonne il deputato al Nazionale e vicepresidente cantonale Alex Farinelli a rincarare la dose definendola “sbagliata, inefficace, pericolosa”. Il cannoneggiamento liberale radicale all’iniziativa popolare dell’Udc ‘No a una Svizzera da 10 milioni di abitanti’ è partito, e si unisce alle critiche – diverse, ma che vanno nella stessa direzione – di Centro e sinistra. Insomma, questa iniziativa per la limitazione dell’immigrazione in Svizzera piace a ben pochi. Ma il presidente cantonale e consigliere nazionale Udc Piero Marchesi a colloquio con ‘laRegione’ non ci sta, e fa partire la contraerea: «Se ti attaccano da tante direzioni spesso stai dicendo la verità, per noi sono medaglie».
Gli attacchi liberali sono chiari: ‘Sbagliata, inefficace, pericolosa’. Farinelli non è stato tenero con la vostra iniziativa. E non lo è neanche il Plr, un partito di centrodestra. Come interpreta questo giudizio? E come ribatte?
Quando il Plr, oggi ridotto a fare da lobbista dell’Ue a Palazzo federale, attacca con tanta aggressività è segno che la nostra iniziativa colpisce nel segno. E non dimentichiamo che il Plr voleva firmare l’Accordo quadro a tutti i costi, quell’Accordo che prevedeva l’adozione automatica del diritto europeo e il riconoscimento dei giudici stranieri, poi abbandonato persino dal Consiglio federale nel 2021. Guardi, nel 2022 sono immigrate in Svizzera oltre 180mila persone. Di quelle arrivate nell’anno successivo, meno del 40% lo ha fatto per lavorare, gli altri sono in gran parte a carico del nostro generoso sistema sociale. Dopo oltre vent’anni di libera circolazione, siamo ancora in penuria di personale qualificato: segno che abbiamo fatto entrare le persone sbagliate. Se ci servono medici, facciamoli venire. Ma senza migliaia di nuovi pazienti al seguito, altrimenti resteremo sempre ai piedi della scala. Noi diciamo due cose: primo, la crescita sostenibile si ottiene con più produttività pro capite, non aumentando la popolazione. Secondo, anche con un tetto alla popolazione, l’immigrazione utile continuerà: per sostituire chi parte o viene a mancare. Potremo così scegliere i profili giusti, europei o extraeuropei. Infine, ricordiamo che la libera circolazione, oltre a quelli sociali che tutti noi paghiamo con le nostre imposte, ha generato anche costi enormi in burocrazia. Tornare a una gestione mirata significherebbe più efficienza e meno oneri per aziende e cittadini.
Intanto, però, su questa iniziativa siete attaccati da sinistra, dal centro, dal centrodestra. Sono medaglie o forse se tanti vi criticano da quasi tutte le posizioni e con argomenti diversi un motivo c’è?
Quando ti attaccano da tutte le direzioni spesso vuol dire che stai dicendo la verità. È una medaglia, non un problema. L’iniziativa rompe l’equilibrio di comodo su cui si regge il sistema: immigrazione illimitata, salari sotto pressione, effetto sostituzione e servizi al collasso. Il Plr, che oggi ci accusa, aveva recentemente proposto una “tassa sull’immigrazione” per frenare il sovrappopolamento. Peccato che fosse un’idea che l’Udc aveva già lanciato anni fa, e che proprio il Plr aveva contribuito a bocciare. Ancora più grave: ha ritirato la proposta pochi giorni dopo averla presentata come controprogetto alla nostra iniziativa. Su questo tema, i liberali radicali hanno perso ogni credibilità. La nostra visione è chiara: innovazione e crescita economica devono tornare a passare attraverso l’efficienza, non l’espansione della popolazione. E con l’introduzione di un tetto, si potrebbe finalmente tornare a un’immigrazione selettiva, utile al Paese e sostenibile. Così cresce una nazione. Non con i numeri, ma con la qualità. Che beneficio crea una Svizzera da 10 milioni o più abitanti, se tutti stanno peggio? Meglio una Svizzera con un milione di persone in meno, ma con più ricchezza pro capite, più opportunità lavorative per i nostri giovani e un Paese più vivibile. Questo è il vero progresso, non quello di rifiutare qualsiasi soluzione pragmatica, addirittura brigando per firmare accordi quadro con l’Ue che renderanno la Svizzera un baliaggio di Bruxelles.
La tesi di Farinelli è che questa iniziativa sarebbe controproducente anche per il Ticino. Inutile chiederle se condivide. Meglio domandarle perché invece per voi il nostro Cantone ne trarrebbe beneficio.
Il Ticino è il Cantone che da anni subisce maggiormente le conseguenze dell’immigrazione incontrollata: dumping salariale, effetto sostituzione, affitti alle stelle, salari stagnanti, traffico crescente, treni affollati e un territorio sotto pressione. Ogni anno 800 giovani lasciano il Ticino per cercare condizioni di lavoro migliori oltre Gottardo e spesso non fanno ritorno. Nel frattempo, il numero di frontalieri aumenta, le scuole arrancano nel cercare di integrare frotte di bambini che neppure parlano la nostra lingua e le piccole imprese e gli artigiani fanno fatica a reggere la concorrenza estera. E quali sarebbero i benefici generati dalla libera circolazione citati da Farinelli? Un tetto demografico ci permetterà di accogliere solo le figure professionali di cui abbiamo davvero bisogno, in base alle reali necessità della nostra economia, senza più subirle passivamente come avviene oggi in assenza di chiari criteri d’entrata. Questa iniziativa è anche l’occasione per dare finalmente seguito alla volontà popolare espressa con “Prima i nostri” e reintrodurre la preferenza indigena: l’unica via concreta per ridare ai ticinesi un minimo di sicurezza nel mondo del lavoro.
Voi dite no a una Svizzera da 10 milioni di abitanti entro il 2050. Ma se il tessuto economico cresce, se i servizi richiesti aumentano, se si vuole il progresso... servono anche le persone. E il Ticino è un triangolo incastonato tra San Gottardo e Italia.
Non diciamo no alla crescita, ma a quella caotica e incontrollata. Una Svizzera da 10 milioni non è progresso, è collasso e caos. Ogni nuovo arrivato ha bisogno di casa, energia, trasporti, cure, scuole. E oggi questi servizi sono già al limite. A che serve crescere se la qualità della vita peggiora? Il Ticino non è un corridoio d’immigrazione, ma un Cantone con una cultura, un territorio e un’identità da proteggere. La Svizzera ha saputo crescere, innovare e creare benessere anche prima della libera circolazione. E tornerà a farlo puntando sulla qualità dell’immigrazione e sulla produttività per abitante, non sull’aumento della popolazione. È questo il senso profondo della nostra iniziativa: riprendere in mano le redini dell’immigrazione, che per troppi anni abbiamo lasciato governare ad altri.