Strade e ferrovia, il direttore del Dipartimento del territorio commenta il cambio di paradigma del Consiglio federale: ‘Bene che non sia caduta la penna’
«La buona notizia è che non si mette giù la penna e non si smette di progettare. Si è cambiato il metodo, ma non si sono interrotti i progetti e questo non era scontato». Insomma, «se arriveranno dei guai non sarà di certo oggi. Il sostegno c'è, i risultati poi si vedranno». È questo il primo punto fondamentale che il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali, interpellato da ‘laRegione’, vuole fissare sul cambio di paradigma promosso oggi dal Consiglio federale in materia di mobilità, con più visione d'insieme tra strade, ferrovia e programmi di agglomerato per definire le priorità, con un mandato conferito al Politecnico di Zurigo.
Un punto non da poco, perché che tutto vada avanti è vero. Il come si capirà. Ma la base è solida, dal momento che Zali rivendica come «crediamo abbastanza sulla solidità dei nostri progetti. Quelli autostradali approvati e ritenuti tutto sommato prioritari, come il PoLuMe e l'A2/A13». Toccherà alla Confederazione, ma «la mia sensazione è che l'intenzione sia rendere l'esercizio ancora più oggettivo senza influenze della politica, delegando il mandato a un ente riconosciuto, indipendente e super partes come il Politecnico federale». In più, il direttore del Dt osserva «il tentativo di unire strade e ferrovie per evitare contrapposizioni e l'accettazione di uno sviluppo magari non a scapito dell'altro, aiutando così i progetti autostradali inserendoli in un discorso complessivo di territorio in cui gli attori devono essere complementari».
Il Ticino avrà qualcosa da guadagnarci o da perderci? Zali sospira e prima commenta che «se non è un atto di fede ci siamo vicini», poi afferma che «è davvero presto per dirlo». Ma il primo punto resta fermo: «I nostri progetti sono solidi, e vogliono collegare l'unico grande agglomerato che ancora non lo è: per l'A2/A13 il conflitto riguarda la zona delle Bolle di Magadino, non certo dalla sua necessità. Per il PoLuMe a dispetto di tutte le opposizioni interne si vede che la rete autostradale non ce la fa più a sostenere il traffico». Al netto di tutto, Zali ricorda anche che «abbiamo già ricevuto due opere straordinarie, come AlpTransit e la Galleria di base del Ceneri, che ci hanno cambiato la vita. In una visione federale magari siamo meno prioritari, ma ribadisco la bontà di quanto stiamo mettendo in campo».
Ciò detto, il discorso presentato dal Consiglio federale aderisce perfettamente a quanto il Ticino fa da anni: ovvero far comunicare al meglio la ferrovia con il trasporto pubblico su gomma e le strade in generale. Zali lo conferma: «Siamo prontissimi a continuare a lavorare in quest'ottica, anche perché siamo un microcosmo che ha un territorio così frammentato che non abbiamo alternative».
È con «comprensione» che per forza di cose si sposa anche con «qualche campanello d'allarme» che il consigliere nazionale del Plr e presidente dell'Automobile club svizzero (Acs) Simone Gianini commenta, da noi raggiunto, le novità in arrivo da Berna.
«Condivido quanto proposto, e mi sembra anche l'unica soluzione praticabile per far sì che i grandi progetti, sia autostradali sia ferroviari, possano in futuro essere realizzati», premette Gianini. Per due motivi: «Il primo è che hanno bisogno della necessaria solidità sulla loro efficacia verso il crescente bisogno di mobilità a 360 gradi, mentre il secondo è che necessitano anche di quel consenso politico che oggi, lavorando a compartimenti stagni, è sempre più difficile trovare, vedasi la votazione sull'ampliamento delle autostrade dello scorso 24 novembre».
E questo vale anche per la ferrovia «dove c’è un consenso politico maggiore – dice Gianini –, ma anche il problema degli enormi costi e della difficoltà di preventivarli con accuratezza quando vengono decisi dal Parlamento, come lo dimostrano i 14 miliardi supplementari necessari per l’implementazione dell’orario 2035». Per avere queste due condizioni, «l'unico modo è davvero quello di orientarsi verso un nuovo approccio, sistemico, che consideri la mobilità nella sua globalità. In quest’ottica trovo sensato portare la riflessione generale su ferrovia, autostrada e anche sui programmi d’agglomerato che fungono spesso da anello di congiunzione negli agglomerati».
Però suonano anche dei campanelli d'allarme, si diceva. «È così», afferma Gianini. Perché «dietro la nuova definizione delle priorità, che passerà anche dal vaglio scientifico del Politecnico di Zurigo, da ticinese alzo subito le antenne: non vorrei che la A2/A13, che gode di ampio sostegno, il PoLuMe, che è sì da rivedere proprio con l’approccio ora annunciato e cioè considerando magari anche sinergie con progetti ferroviari e locali, o ancora la circonvallazione ferroviaria del Bellinzonese piuttosto che il completamento di AlpTransit verso sud perdessero di priorità o, pensando a quelli ferroviari, non vi rientrassero proprio. Comprendo che il necessario approccio d’analisi li coinvolgerà con quindi una fase ora di attesa, ma che sia per migliorare le condizioni di realizzazione anche di questi progetti e non solo di altri».
Albert Rösti ha anche detto che i cantoni non verranno ‘puniti’ per il No ai sei progetti autostradali di novembre, ma che si terrà comunque conto di questa indicazione arrivata dalle urne... «Ed ecco il secondo campanello d'allarme, che avevo proprio cercato di far capire durante la campagna per la votazione del 24 novembre», rimarca Gianini. «L’elemento psicologico di quei parlamentari, ad esempio della Svizzera orientale o del Canton Argovia, che si sono visti bloccare in votazione popolare loro progetti maturi, non saranno così smaniosi di sostenere singoli progetti ticinesi, urani o vallesani dopo il loro No alle urne, come ho già avuto modo anche personalmente di sentire durante le ultime riunioni a Berna. Adesso si tratta quindi di ripensare l’approccio sui grandi progetti, ma anche di ricucire i contatti, far passare quei mal di pancia e ricreare gli stimoli necessari verso gli investimenti nel nostro cantone».
Quella del Consiglio federale per Bruno Storni, consigliere nazionale socialista e membro della commissione dei trasporti della Camera del popolo, «è una mossa che può avere senso e possiamo essere cautamente ottimisti che porti verso una mobilità più sostenibile. Un approccio scientifico e non politico potrà sicuramente aiutare». Per Storni «il fatto di valutare con attenzione le priorità riguarderà soprattutto la questione stradale, perché il popolo ha chiaramente detto no al loro ampliamento». Sul tema ferroviario, invece, «serviranno questi 14 miliardi in più, ma potrebbero essere anche meno, perché si vuole aumentare la cadenza oraria ma bisogna anche aumentare lo spazio nelle stazioni o i binari di ricovero». Secondo il consigliere nazionale del Ps, quindi, «bene questa direzione presa», ma gli aspetti autostradali e ferroviari «non devono essere troppo legati». Un esempio ticinese è presto detto: «Non avrebbe alcun senso portare avanti sia l'AlpTransit fino a Chiasso, sia il PoLuMe. Che senso avrebbe?».