La pubblicazione di uno studio Supsi che tocca la riforma fiscale fa discutere. Bertoli: ‘Rischio partigianeria’. Erba: ‘Aiuta il dibattito’
Una pubblicazione scientifica indipendente o un assist ai favorevoli alla riforma fiscale in votazione il 9 giugno? A sollevare il tema è l’interpellanza inoltrata la scorsa settimana dal deputato del Ps Fabrizio Sirica, che critica la tempistica scelta dal Centro di competenze tributarie della Supsi per divulgare lo studio sul prelievo fiscale nei cantoni e nella Confederazione ai fini dell’imposta diretta. Una ricerca resa pubblica in piena campagna di avvicinamento alla votazione del 9 giugno – quando ci si esprimerà sulla riforma fiscale – che ricorda come il Ticino sia agli ultimi posti in un confronto intercantonale sulle aliquote. “Quello del Centro di competenze è un grave errore comunicativo, lesivo di un’importante istituzione quale la Supsi”, scrive il copresidente del Partito socialista.
L’atto parlamentare solleva una critica che non è nuova: studi “a orologeria” che vengono sottoposti all’opinione dei cittadini per fare il gioco di una parte politica in vista di un voto. Se da un lato «c’è il rischio di polarizzare ancora di più un dibattito già teso», come afferma Manuele Bertoli, già direttore del Dipartimento educazione cultura e sport (Decs), dall’altro «l’esito di una ricerca serve soprattutto a favorire e alimentare il dibattito, a informare l’opinione pubblica. Non ci sono motivi per doverla rimandare», sostiene Diego Erba, ex direttore della Divisione della scuola e coordinatore del Decs.
«La Supsi gode della massima libertà accademica, questo è chiaro. È però altrettanto vero che un istituto universitario deve valutare l’opportunità di esprimersi o meno a ridosso di una votazione», spiega Bertoli. «Il rischio è di essere percepito come partigiano di un campo o dell’altro, perdendo così in autorevolezza». Un rischio «elevato», secondo l’ex direttore del Dipartimento educazione cultura e sport, soprattutto in occasione di votazioni come quella sulla riforma fiscale alle urne tra poco più di tre settimane. «È una campagna di avvicinamento al voto dove ci sono dei colpi bassi evidenti. Gli argomenti di chi è favorevole al voto si basano soprattutto sulle misure del pacchetto che non sono mai state contestate, misure che prima di fine anno saranno approvate comunque vada il 9 giugno e che sarebbero già legge se chi oggi appoggia la riforma avesse accettato di dividere il pacchetto fiscale in due parti, come avevano proposto i referendisti». Proprio per questo motivo, continua Bertoli che per 12 anni ha diretto il Decs, «la Supsi deve fare attenzione a questi aspetti, per mantenere il suo grado di autorevolezza il più alto possibile. Quando il confronto non è del tutto leale, come in questo caso, tutto quello che avvalora la tesi di una delle parti a ridosso del voto popolare viene guardato con grande sospetto. La reazione – puntualizza Bertoli – Sarebbe la medesima anche nel caso contrario».
Il discorso è quindi chiaro. «Si tratta di una questione di opportunità. Anche perché l’esito di questo studio non è certo qualcosa di nuovo. Siamo da anni sul fondo di queste classifiche eppure il gettito continua ad aumentare e le paventate fughe in massa dei milionari verso Zugo o altri cantoni non ci sono, perché rispetto all’estero siamo comunque convenienti».
La discussione, come detto, non è nuova. «In questi giorni si fa riferimento a una pubblicazione che analizza il carico fiscale nei cantoni e nella Confederazione, ma in altre occasioni ricordo analisi riguardanti confronti intercantonali in materia di stipendi, spese per l’educazione o l’ambiente», afferma Erba. «Seppur la tempistica sia opinabile, non vedo sufficienti motivi per i quali non si possano pubblicare questi studi ad alcune settimane dal voto. Posso comprendere la critica per questa coincidenza – ammette il già direttore della Divisione della scuola –, ma allora analoghe critiche dovrebbero essere rivolte al Consiglio federale che illustra la sua posizione sugli oggetti in votazione, ai sondaggi sull’esito delle prossime votazioni, all’opinione di influenti politici, ex consiglieri federali o ex consiglieri di Stato o ai media». Per Erba «sono tutte indicazioni che possono influenzare l’elettorato. Per me vige la libertà d’opinione ed è solo dal confronto, anche vivace, che si alimenta la democrazia. In ultima analisi spetta comunque al cittadino valutare i pro e i contro e decidere di conseguenza».
Tornando al caso sollevato dall’interpellanza di Sirica, «ho l’impressione che si critica ora la Supsi, come probabilmente già è avvenuto in passato, non solo per la tempistica ma soprattutto per il fatto che l’esito dello studio non corrisponda alle proprie aspettative. Una volta è un fronte a dissentire e in un’altra occasione sarà una diversa parte politica a contestare. Le osservazioni sulla tempistica – precisa Erba – ci possono anche stare, ma molto più utile sarebbe contrapporre argomenti solidi e segnalare i limiti dello studio». Anche per Erba l’esito dello studio non rappresenta certo una novità. «Semmai lo studio del Centro di competenze tributarie ne ha dato un’ulteriore conferma basandosi su un’analisi rigorosa dei dati e contestualizzando l’impostazione e il perimetro della ricerca». L’invito dell’ex direttore della Divisione della scuola e coordinatore del Decs è piuttosto «a portare valutazioni diverse e suggerimenti che possano poi dare avvio a ulteriori studi per disporre di un quadro più completo dei fattori che determinano la scelta di risiedere in un cantone piuttosto che in un altro. Se lo studio fosse stato promosso e diffuso da un Istituto di ricerca d’Oltre Gottardo o dall’Ufficio federale di statistica – chiede Erba – ci sarebbe stata un’analoga reazione in Ticino, accompagnata pure da un atto parlamentare?».