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‘Fiduciari da fuori cantone, nostra prassi conforme al diritto’

Autorizzazioni, il governo risponde ai dubbi della Segreteria della Comco e sostiene ‘integralmente’ l'operato dell'Autorità di vigilanza ticinese

Oltre 1’200 in Ticino gli operatori iscritti all’Albo.
(Ti-Press)
22 luglio 2023
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Il Consiglio di Stato sostiene “integralmente l’operato” dell’Autorità di vigilanza ticinese sull’esercizio delle professioni di fiduciario. Integralmente. Risponde così il governo alla Segreteria della Commissione della concorrenza, secondo la quale sarebbe contraria alla Lmi, la Legge federale sul mercato interno, la prassi adottata dall’Autorità di vigilanza per il rilascio dell’autorizzazione a chi – proveniente da fuori cantone – intende svolgere da noi l’attività. Tesi che l’Esecutivo cantonale respinge in una recente lettera indirizzata a Berna, alla sede della Comco.

Commercialisti e immobiliari

In Ticino, in base alla Legge sull’esercizio delle professioni di fiduciario (LFid), per svolgere l’attività di commercialista o quella di immobiliare occorre essere preliminarmente autorizzati dall’Autorità di vigilanza, organo previsto dalla normativa cantonale e indipendente dall’Amministrazione. L’ok all’esercizio della professione viene accordato in presenza di una serie cumulativa di requisiti, fra cui il possesso di un titolo di studio “accettato” (l’elenco figura nel Regolamento della LFid). Con l’entrata in vigore il 1° gennaio 2020 delle leggi federali sui servizi finanziari e sugli istituti finanziari, si è reso necessario un adeguamento della legge ticinese: è stato soppresso il regime autorizzativo cantonale per i fiduciari finanziari, dato che l’introduzione delle due normative federali ha comportato il loro assoggettamento alla Finma, l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari. Mantenute invece le autorizzazioni cantonali per i fiduciari commercialisti e per quelli immobiliari.

Indicato il contesto generale, torniamo alla missiva spedita alla Segreteria della Commissione della concorrenza. Il Consiglio di Stato ricorda anzitutto che “come ogni libertà fondamentale” anche quella economica, garantita dalla Costituzione federale all’articolo 27, “non è assoluta e può essere soggetta a limitazioni alle condizioni poste dall’articolo 36 della Costituzione”. Pertanto “a livello cantonale sono ammesse restrizioni di polizia al diritto di esercitare liberamente un’attività economica, al fine di tutelare l’ordine pubblico, la sicurezza, la salute, la quiete e la moralità pubbliche, i buoni costumi e la buona fede nei rapporti commerciali”. Allo scopo insomma di impedire “atti sleali e idonei a ingannare il pubblico”. Ebbene, rammenta ancora il governo, il Tribunale federale ha ritenuto “compatibile con l’articolo 27 della Costituzione l’obbligo di dover richiedere un’autorizzazione per poter esercitare nel nostro cantone la professione di fiduciario”.

‘Quel diritto non è assoluto’

Passiamo alla Legge federale sul mercato interno, che “garantisce a ogni persona con domicilio o sede in Svizzera l’accesso libero e non discriminato al mercato”. Tuttavia, aggiunge il Consiglio di Stato, “il diritto individuale al libero accesso al mercato in base alle prescrizioni in vigore nel luogo di provenienza non è assoluto”. Dunque “il Cantone Ticino può imporre le sue condizioni di autorizzazione a un fiduciario proveniente da un altro Cantone”, a patto che le stesse “risultino compatibili con quanto stabilito dall’articolo 3 della Legge sul mercato interno”. Non solo. Il governo segnala pure che il Tribunale federale “ha avuto modo di precisare che ‘la Lmi non impone ai Cantoni un livellamento verso il basso, ossia di ridurre le loro esigenze, riguardanti in particolare i requisiti per il rilascio delle autorizzazioni, per adeguarle a quelle del Cantone che pone le condizioni meno severe’”.

Ora, la legge cantonale, la LFid, stabilisce che per i richiedenti l’autorizzazione provenienti da un altro cantone “rimane riservata la Legge federale sul mercato interno”. Nella lettera alla Comco il Consiglio di Stato osserva che la procedura applicata dall’Autorità di vigilanza ticinese “agli offerenti extracantonali (procedura Lmi) è molto più rapida e semplice rispetto a quella in essere nei confronti degli aspiranti fiduciari locali: la verifica è limitata alla presenza di un titolo di studio o dell’esperienza professionale (oltre all’assenza di condanne penali e attestati di carenza beni), senza alcun ulteriore accertamento di dettaglio, ad eccezioni di presunti casi di elusione”. La conclusione del Consiglio di Stato: “Stante quanto precede, e nel rispetto delle reciproche competenze, l’operato dell’Autorità di vigilanza nella prassi attuata agli attori economici extracantonali deve essere tutelato”.

Colombi: ‘A tutela soprattutto del pubblico’

«Attualmente in Ticino sono iscritti all’Albo 1’230 fiduciari per 1’467 autorizzazioni. Tra le autorizzazioni rilasciate, circa il 3% concerne persone provenienti da altri cantoni, che si sono sempre adeguate al regime imposto dalla LFid e alla sua giurisprudenza sulla base dei quali è adottata la prassi dell’Autorità di vigilanza – dice, interpellato dalla ‘Regione’, Giuseppe Colombi, capoufficio in seno all’Autorità di vigilanza –. Il sistema autorizzativo vigente in Ticino è volto soprattutto a proteggere gli utenti dei servizi fiduciari, ad assicurare maggiore trasparenza nel settore e a precludere l’accesso al mercato a tutti quegli operatori che non offrono sufficiente garanzia di professionalità e di affidabilità. Confido che con la Segreteria della Comco – continua Colombi – la questione si possa chiarire definitivamente al più presto, considerato anche che il suo è un mero parere non vincolante».

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